«Computer! Che sta succedendo?» fu la domanda che gran parte dei membri dell'Assemblea aveva mormorato, urlato, boccheggiato, sillabato, digrignato o balbettato nel vedere Flavio affogare. Il computer era indaffarato nel dare spiegazioni in simultanea a tutti coloro che lo stavano interrogando, consultando o persino insultando.
«Non ci voglio credere...» disse Kidhe con il volto nelle mani. «Non voglio, non voglio e basta.»
«Ancora una volta... non può essere vero... non di nuovo...» borbottò Cronquit, mentre con gli occhi grigi fissava ancora l'area che fino a pochi istanti prima era animata dalla proiezione.
«Computer, per cortesia» richiese Sleeld scompigliandosi i capelli biondi, «perché non ci hai avvertito?» Nonostante gli riuscisse di mostrarsi calmo, la sua abbronzatura aveva perso gran parte del proprio colore.
«Non ne ho avuto il tempo. L'informazione mi è arrivata dopo l'accaduto: non c'era più possibilità di impedire l'incidente, signore» gli rispose il computer.
«Torniamo indietro! Dobbiamo tornare indietro!» si sfogava Clyella morsa dall'angoscia. «Computer, torna indietro, forza! È un ordine!»
«Esecutiva, mi dispiace, sa che non è possibile» si giustificò il computer.
Wilol si era avvicinato al banco cilindrico in mezzo alla sala e saltellava su un cuscino antigravitazionale contando ad alta voce.
«...ventuno, ventidue, ventitré...»
Com'è noto in tutta la Galassia, infatti, contare è l'offesa più forte che si possa fare a un computer, dato che corrisponde a umiliare e banalizzare l'unico compito che, in fin dei conti, i computer siano in grado di svolgere.
«Signore, la prego, mi perdoni. Si calmi, la supplico, non faccia così» cercava di calmarlo il computer a più riprese, senza ottenere grandi risultati.
Riklev, seduto a testa bassa, si tormentava la criniera castana con gesti tanto misurati quanto ossessivi. Aveva preso a riflettere ad alta voce.
«Ci dev'essere una soluzione, dobbiamo trovare un rimedio...»
«Sleeld» si decise a reagire Kidhe, «bisogna andare avanti. Più rimandiamo, più si complica la situazione.»
«Cosa succede adesso che Flavio è morto? Credi che abbiamo comunque qualche probabilità che la Terra diventi un pianeta civilizzato?» chiese Sleeld.
Kidhe fece una smorfia che farebbe un bambino nell'addentare un limone.
«Intendi dire... entro i prossimi tre millenni?» disse rivolgendo a Sleeld un'espressione di cordoglio.
«Cronquit» chiamò Sleeld, «che possibilità rimangono, secondo te?»
Cronquit uscì dalle proprie riflessioni e con fare fiacco voltò la testa rossiccia verso gli altri due.
«Boom...» allargò di colpo le mani a mimare un'esplosione.
Nel centro della sala, a qualche metro da loro, Wilol continuava a saltellare.
«...duecentotrentasei, duecentotrentasette...» contava con determinazione. «Guarda qui, riesco a parlare e a mantenere il conto. Tu ci riesci, melma computronica?» ruggì nel fare altri cinque salti. «Duecentoquarantatré, duecentoquarantaquattro...»
«Ma com'è possibile?» chiese Sleeld ignorando la conta ossessiva in sottofondo. «Basta la morte di una persona e di colpo su quel pianeta la prospettiva di sviluppo galattico si trasforma nell'autodistruzione imminente?»
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Futuro di Scorta - Proiezioni
Science FictionFlavio Mancini non è un laureando romano qualunque. Orfano e genio delle scienze statistiche, vive in bilico tra una profonda introversione e l'attaccamento a Claudia, una presenza luminosa e stravagante nel suo mondo. Mentre Flavio cerca un senso p...