𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 9

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𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 9

Cosa erano le emozioni, se non il contorno perfetto per rendere una semplice storia una favola?

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Cosa erano le emozioni, se non il contorno perfetto per rendere una semplice storia una favola?

Immergersi nel mondo dei sentimenti era sempre stato il piccolo passo più arduo da compiere e il motivo era molto semplice; legarsi sentimentalmente a qualcuno presupponeva un coinvolgimento che io non ero in grado di gestire nel giusto modo.

Ero sempre stata quel tipo di persona che permetteva alla propria mente di offuscarsi di fronte ad una frase ben rilegata o ad un mazzo di fiori. Anche un semplice gelato era in grado di far luccicare i miei occhi e, nonostante dentro di me sentissi il peso di ciò che la mia anima stava subendo, non potevo fare a meno di impuntare i miei obbiettivi nell'altro.

Come una lanterna che perdeva il proprio lume, io soffiavo sulla fiamma della mia persona lasciando svanire in banale fumo l'importanza che attribuivo alla mia persona.

La mia vita passava sempre in secondo piano, dal momento in cui qualcun altro prendeva il posto principale. Ed era ciò che mi stava accadendo con Travor.

Passare del tempo insieme a lui era ciò che desideravo e non sarei mai stata capace di formulare le giuste parole per chiudere quel capitolo, di averne abbastanza di lui poiché ogni giorno che passava riuscivo a scoprire qualcosa di nuovo, che mi faceva sperare nella giusta conclusione del nostro rapporto.

Forse, stavamo correndo troppo velocemente e saremmo giunti presto a quel momento in cui non saremmo più riusciti a stare nella stessa stanza senza sentire l'esigenza di trovare qualche difetto per cui generare una discussione. O, forse, avremmo scoperto che non eravamo tanto compatibili quanto ci eravamo imposti di credere. Ma, in quel momento, non c'era nulla che desse l'idea di dover rallentare. Tutto filava liscio e i segnali sembravano essere dalla nostra parte.

Volevo credere che quello fosse il segnale giusto che stava ad indicare che le cose tra di noi potevano essere destinate a finire nel migliore dei modi.

Ma io non ero una di quelle persone che coglievano i significati nascosti. Ero quel tipo di persona che chiudeva gli occhi e permetteva a tutto i resto di continuare a correre, negando l'accesso alle mie sensazioni e, quindi, impedendomi di cogliere le essenze esterne.

Quei segnali non erano nulla di cui potevo fidarmi.

Travor si era tuffato nelle mie attenzioni, attenuando i piccoli pensieri che si andavano a legare alla presenza di quale altra persona. Aveva colto il piccolo interruttore che prendeva vita dentro di me, impostandolo ad una frequenza che avrebbe rubato il mio senno, ogni mio capacità di razionalizzare i sentimenti.

Stavo trascurando ogni essenza che aveva fatto parte del mio passato, accrescendo un senso di colpa.

Dalla sera del nostro litigio, non avevo ancora avuto modo di mettermi in contatto con Jonathan. Sembrava quasi che fosse scomparso e, passando dalla strada in cui era localizzato il suo chiosco, avevo notato che fosse chiuso.

𝐊𝐞𝐲 𝐨𝐟 𝐃𝐚𝐫𝐤𝐧𝐞𝐬𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora