𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 6

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𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 6

Quella notte non chiusi occhio

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Quella notte non chiusi occhio.

Sentivo il mio cuore battere forte, come se fosse collegato ad un amplificatore, il cui scopo era quello di tormentarmi. Temevo le conseguenze di tutto quello che avevo fatto e detto quella sera, poiché non avevo idea dove mi avrebbero condotta.

Avevo sbagliato e il fatto che me ne rendessi conto, rendeva l'accettazione una strada ancora più tortuosa. Non ero in grado di formulare delle scuse valide a giustificare il comportamento, che avevo assunto quella sera e, nonostante ci provassi, nulla sembrava essere tanto persuasivo da convincerlo a perdonarmi. Non esisteva inchiostro tanto potente da coprire il nero già marcato.

Nella vita avevo imparato ad accettare che, anche solo sfiorando un oggetto, la mia impronta sarebbe rimasta impiantata in esso e, non importava se venisse mosso un tentativo di ripulirlo poiché, una piccola parte di lui manterrà quel segno che, verrà tenuto in vita da un altro tocco. Si poteva trasferire da una superficie all'altra, ma non cancellare e, seppur fosse difficile da accettare, non c'era modo per fare altrimenti.

Sapevo che non avrebbe dimenticato facilmente ciò che avevo fatto e comprendevo che, l'unico modo per permettere ad entrambi di andare aventi e seppellire quella sera in una vasta distesa dimenticata, era concedere ad entrambi del tempo.

Il tempo era come una pozione che, disperdendosi nel corpo di colui che la tracannava, alimentava delle sensazioni nuove ed inusuali che permettevano la comprensione delle idee e degli stimoli esterni. Era un piccolo incentivo, che serviva a rendere meno ruvido il percorso dell'accettazione che, seppur fosse indotto e inevitabile, si intrometteva nella vita come una montagne imponente che non poteva non essere scalata.

Sarebbe stato difficile mettere da parte la nostra amicizia per qualche giorno, in quanto tutto quello che ci accadeva era sempre un racconto da regalare all'altro, un modo per passare sempre più tempo insieme ed esserci, anche quando stavamo facendo dell'altro.

Il nostro era un legame difficile da trovare e ancora più difficile da mantenere nel tempo e ne stavo avendo la prova. Bastava una piccolo temporale per rovinare tutto ciò che si era coltivato nel tempo e, con quello successivo, si correva il rischio di renderlo irrecuperabile.

Una volta che il danno viene fatto, non esiste cemento in grado di mettere insieme i mattoncini che sono caduti.

Indietro non si torna, mi aveva detto nonna quando, da piccola avevo rovinato il progetto di scienze, sul quale avevo lavorato per settimane, a causa del solo desiderio di aggiungere un po' di colorante alla miscela chimica, che avevo realizzato, per farle assumere un colore più acceso.

E, seduta sul tavolo della mia cucina, non riuscivo a trovare le forze per sollevare quel bicchiere colmo d'acqua che mi ero riempita. Volevo solo scomparire, eliminare per sempre quella giornata, decidere di non accettare l'incarico, che mi era stato assegnato da Collins e rischiare il mio lavoro, in quanto tutte quelle decisioni mi avevano fatto fare qualcosa, che non era parte di me.

𝐊𝐞𝐲 𝐨𝐟 𝐃𝐚𝐫𝐤𝐧𝐞𝐬𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora