𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 12

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𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 12

Candidi come la neve d'inverno erano i ricordi che prendevano vita nella mia mente, impedendomi di focalizzare le mie attenzioni su tutte quelle realtà che popolavano le mie azioni del presente

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Candidi come la neve d'inverno erano i ricordi che prendevano vita nella mia mente, impedendomi di focalizzare le mie attenzioni su tutte quelle realtà che popolavano le mie azioni del presente.

Tutto si riduceva alle sue parole pensate, al tono della sua voce che mi scottava la pelle anche solo nel tentativo di immaginare il modo in cui mi aveva lasciata di stucco.

Era nitido come un quadro ad olio, che proiettava davanti ai miei occhi una serie disconnessa di immagini, che avrebbero preso vita solo in seguito ad una mia rappresentazione mentale.

Non riuscivo a smettere di pensare a quella sera.

Sottraevo tempo a tutto quello che era sempre stato importanze, che aveva la precedenza, per mettere in luce quelle sillabe troneggianti che, pur non avendo nulla di strano, avevano complicato le mie convinzioni.

Il rosso tatuaggio che imprimeva sulla sua chiara pelle il segno del mio passaggio.
Un ricordo che non lo avrebbe mai abbandonato, perpetuandosi nella sua memoria come un permanente cavillo inseparabile.

Ma non si trattava di me, si trattava di lui e della autocommiserazione di avermi condotta nella sua piccola trappola, traendomi in inganno e impedendomi di poter essere me stessa senza ricondurmi in qualche modo a lui.

Chiudendo gli occhi, posso ancora sentire il suono delle sue parole, il tono della sua voce mentre appariva essere sincero. Tutti quei sussurri che mi regalò prima di tornare in quella sala, assieme a coloro che ci stavano aspettando e che, senza sapere quanto era accaduto a poca distanza da loro, affliggevano le loro menti di supposizioni abbastanza plausibili da poter giustificare il mio stato esteriore.

«Dimmi il modo in cui non dimenticherai mai ciò che ti ho mostrato.» ed era un morso di dolore, sapere che aveva ragione.

Perché toccando le mie labbra riesco ancora a sentire il calore della sua pelle, il rumore dello schiocco che io gli avevo lasciato e che in quel momento mi era sembrato così innocuo. Ed era proprio quel bacio avvolto dall'aroma della lavanda perché, non appena sfiorai il suo corpo, riuscii a sentire il lieve battito lasciato dal suo cuore, che ancora sento risuonare dentro di me.

E non mentivo nel dire di essere sotto l'effetto di un afrodisiaco poiché sentivo tutti i miei sensi rivolgersi verso di lui.
Ogni cosa che facevo richiamava il suo nome.

«Io... Io...» balbettai, incapace di riuscire ad esalare alcun ulteriore sostantivo, che riuscisse ad interpretare ciò che mi passava per la testa.

Mi aveva mandata in uno stato di tilt. E, nonostante una miriade di informazioni stessero prendendo vita dentro di me, non riuscivo ad organizzare un discorso di senso compiuto.

Mi sembrava di essere sulle montagne russe e non riuscivo a comprendere se quella sensazione che stavo provando fosse adrenalina o spavento.

«Tu cosa, fiorellino?» mi incentivò a proseguire la sua frase, assoggettandomi al suo charme. «Avanti, dillo. Non devi vergognartene.» e quella voce era una catena che ti legava il petto, che ti impediva di liberarti di tutti quei filtri che imponevi al tuo pensiero.

𝐊𝐞𝐲 𝐨𝐟 𝐃𝐚𝐫𝐤𝐧𝐞𝐬𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora