𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 10

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𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 10

Io, lui e le stelle

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Io, lui e le stelle.

Solo la luna ci osservava mentre, distesi su un prato di lavanda, lasciavamo al vento la possibilità di accarezzare le nostre pelli nude.

Piccoli soffi che ci denudavano della nostra intimità, immergendoci in un mare ghiacciato, che rabbrividiva il nostro raziocinio e alimentava quella vena nascosta, che conduceva i sensi verso la libidine.

Eravamo una combinazione di carezze e frasi lasciate a metà, mescolando le tentazioni con la necessità di fare di quel momento un quadro perfetto e indissolubile.

D'inchiostro dipinto e accarezzato dalle ombre della notte, si sarebbe accavallato con i ricordi impertinenti della nostra gioventù che, nonostante le ardue angosce del futuro, si bruciava di quelle passioni terrene che avevano indotto nella strada del peccato.

I nostri due esseri interiori chiedevano di essere fusi in uno solo e indissolubile, che avrebbe viaggiato oltre i temi e lo spazio, alla ricerca di un piccolo universo in cui, la loro combinazione, avrebbe potuto assumere una giusta interpretazione che attorno a noi, per mio dispiacere, non era contemplata in alcun vocabolario.

Ogni errore era frutto di tabù, che ci portavamo dietro dalle generazioni che ci aveva preceduto. Ma la scorrettezza non era mai stata il presupposto dell'esistenza. E noi eravamo vivi.

Godevamo del dono dell'eternità e il nostro compito era proteggere quel forziere in cui era riposto, allontanando le invidie e i tentacoli ingannevoli. Avremmo dovuto diffidare da chi di controllo viveva, mostrandoci cauti.

Nelle menti altrui fluivano pensieri che non potevamo conoscere. Ne io ne lui eravamo conoscitori di quanto gli altri leggevano nei nostri sguardi. Eravamo solo due anime perse nel vuoto, inconsapevoli di nulla; forse, nemmeno del passato e di quanto li avesse condotti fino a quell'istante.

Io non sapevo ciò che il futuro ci riserva; se fiori o scorpioni. Ma avrei lavorato affinché anche un segno di sventura avrebbe potuto rivelarsi il migliore simbolo apotropaico.

E sapevo di star vivendo in uno stato di ipnosi dovuto al suono della sua voce, che si scontrava contro la mia pelle. Ma non c'era punto di ritorno poiché, nel momento in cui il cuore si pone un obbiettivo, lo porta fino infondo.

E io volevo innamorarmi di lui in un modo che non avevo mai conosciuto.

Volevo morire d'amore e poter dire di aver conosciuto il paradiso ancora prima di esalare il mio ultimo respiro, provando quanto Shakespeare aveva avuto modo di constatare.

Volevo sciogliermi davanti ai suoi occhi e mescolarmi con le sue lacrime così che una parte di lui sarebbe stata sempre con me.

Volevo troppo e quel senso di non esserne mai piena era uno sconforto che si propagava dentro di me.

𝐊𝐞𝐲 𝐨𝐟 𝐃𝐚𝐫𝐤𝐧𝐞𝐬𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora