Undici, o il Dente.

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«Ma che sei ammattito? Come puoi pensare che ti aiuti in una cosa del genere?»

«Ah... via, Claudia... dov'è il problema?»

«Il problema è che io so a malapena tenere quello di Monteriggioni, di registro!» scuotendo la testa, Claudia si avvicinò al fratello con le braccia incrociate al petto. Un lungo ricciolo scuro, che le ricadeva dall'acconciatura, le accarezzò con moto ondeggiante le spalle. «Ammesso anche che voi riusciate a sottrarlo – e pregate San Giovanni che il vostro piano funzioni – come faccio io a sapere come si falsifica?»

Ezio, in difficoltà, si guardò attorno. La sala principale della Villa aveva un aspetto leggermente migliore, da quando lui e sua sorella si erano messi a dedicarvisi nel tempo libero, ma c'era ancora molto lavoro da fare. I muri andavano rimessi a nuovo, e quell'architetto non faceva altro che passeggiare per le sale con il naso per aria e il mento tra le dita. Ezio non si sarebbe sorpreso se si fosse rivelato che era lì solo per insidiare Claudia. Non sarebbe stata nemmeno la prima volta che capitava.

«Questo non me l'ha detto...» ammise il giovane.

«E ti pareva! Uomini,» sbottò Claudia. Tornò indietro alla sua scrivania e guardò con disprezzo il registro dei bilanci di Monteriggioni. «Peggio. Cortigiani. Tutti colti e colla risposta pronta, ma vorrei vederli a smacchiare i panni dal sangue».

«Possiamo chiederglielo di nuovo quando ci arriverà il registro,» tentò di argomentare Ezio, ma fu subito interrotto dalla risposta piccata della sorella.

«Non ho nessuna intenzione di rivolgere la parola a Lorenzo. Cosa ha fatto per noi da quando la nostra famiglia, legata da un decennale patto alla sua, è stata decimata? Un fico di niente, ecco cosa!»

Sulle guance e sul petto le era comparso uno sfogo color fragola. Succedeva sempre quando perdeva la pazienza e alzava la voce.

«Dovresti parlare col Poliziano, non con Lorenzo,» replicò Ezio.

La smorfia disgustata sul volto di Claudia al solo sentire quel nome fu abbastanza eloquente.

«Dio me ne scampi di respirare la stessa aria di quello!»

«Suvvia, sorella...»

«Ehi, ehi, che succede qui?»

Una voce maschile dal tono bonario si introdusse nella sala attraversando la porta che dava sull'atrio. Entrambi i litiganti si voltarono.

«Claudia è troppo orgogliosa...»

«Messer Leonardo!»

Scosso dalla voce allegra della sorella, che aveva superato in volume la sua, Ezio sentì la lingua paralizzarsi e il sangue defluire dal viso. Tentò di muovere le mani, ma le sentì indolenzite. Si voltò verso la porta, e invece di vedere loro zio Mario si trovò faccia a faccia con l'amico.

«Leonardo?»

Lo aveva pensato talmente tante volte che ora gli sembrava irreale, lì fermo in piedi nei suoi abiti damascati, con il suo solito sorriso serafico sulle labbra e la luce tenera del tramonto che gli illuminava il viso punteggiato di lentiggini sbiadite.

Amore mio. Avrebbe voluto corrergli incontro e prendergli le mani tra le proprie. Ma ciò che a lui era proibito era concesso a Claudia, che attraversò con passo leggero la distanza che la separava dalla porta e intrecciò le dita a quelle di Leonardo, ignara di cosa il fratello stesse soffrendo.

«Che bella sorpresa,» esclamò, raggiante, «che ci fate qui?»

Leonardo appoggiò le mani ai fianchi e inarcò la schiena all'indietro, come se volesse alleviare l'indolenzimento di un lungo viaggio.

Queste quiete stanze [AC2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora