Potete anche venire fuori, voi tre.
Quelle parole riecheggiavano nell'arena e tra le tempie di Ezio. Tutto il suo corpo fremeva di un'unica urgenza, che non era più uccidere, ma proteggere.
Guardò Sebastiano e Leonardo; loro nello stesso istante ricambiarono l'occhiata. Tre contro uno, un maledetto borioso che s'era fatto fregare tutte le copie del suo atto di privilegio. Se Claudio Cogni fosse morto lì, Firenze si sarebbe dimenticata di lui. Si sarebbe svegliata con i Medici seduti sui loro scranni, la primavera che imporporava i suoi giardini e gli stampatori che facevano a gara per chi redigeva meglio i testi delle preghiere.
Ezio serrò le dita sull'elsa della spada e avanzò verso la luce della fiaccola. Avrebbe potuto essere una trappola: Cogni se ne stava fermo, con le braccia larghe e un sorriso ferale che gli trasfigurava il volto, come se si sentisse invincibile. C'era qualcosa di sproporzionato in lui, nel modo in cui il collo reggeva quella testa troppo piccola sulle spalle taurine.
In qualche modo era riuscito a individuarli, eppure l'Assassino era certo che non ci fosse nessuno oltre a loro nel teatro. Con la coda dell'occhio, notò che Sebastiano stava avanzando al suo fianco e lo bloccò con il braccio sinistro, per respingerlo nell'ombra in cui Leonardo era ancora nascosto.
Promise all'anima di suo padre che avrebbe combattuto fino a quando l'ultimo brandello di carne sarebbe stato legato al suo osso.
«Oh, il ragazzo che non si riesce a uccidere,» esordì Cogni. Guardò attraverso Ezio come se il suo corpo fosse fatto di cristallo, e puntò lo sguardo nel luogo esatto dove si trovava Sebastiano.
Non può aver avuto tempo di vederlo, pensò Ezio. C'è qualcosa che non va in lui.
Il loro avversario aprì gli occhi, e l'Assassino li vide rifulgere bianchi nella notte. D'istinto mosse un passo indietro.
«Quell'altro non ho idea di chi sia,» continuò, rivolgendo un gesto noncurante alla colonna oltre la quale era nascosto Leonardo. Ezio frenò l'istinto di saltargli alla gola come un cane e lo vide voltarsi di nuovo verso Sebastiano. Le sue iridi avevano smesso di brillare, e l'Assassino si chiese se lo avessero mai fatto davvero. «Ma tu... sì, ti riconosco,» continuò. Abbassò gli occhi verso il cadavere di Guicciardi e poi li sollevò di nuovo. «Non sei quello che lo prende in culo dal Poliziano? Vi ho visti abbracciati dietro alla torre della Castagna. Che carini».
Una lama venne sguainata.
«Che c'è, ho detto qualcosa che non va?»
Ezio si accorse che il polso destro di Sebastiano, quello che reggeva l'arma, stava tremando vistosamente. Lui strinse i denti e avanzò.
«Quel giorno alla locanda... eri tu,» disse il ragazzo con tono secco. «Perché mi stavi seguendo?»
«Perché immaginavo già,» con aria di sufficienza, Cogni assestò un leggero calcio al fianco del morto, quasi volesse spronarlo ad alzarsi, «che questo inetto non sarebbe stato in grado di pagare un sicario decente per farti fuori. Bastava controllare che fossi morto . Che peccato».
«Hai tagliato la gola al mio professore per questo?» ribatté Sebastiano. La sua voce suonava troppo sottile rispetto a quella dell'uomo che voleva affrontare, più acuta del solito. Era spaventato, e ancora infermo. Ezio non poteva lasciare che gli si lanciasse contro.
«Gli ho tagliato la gola,» replicò Cogni, facendogli il verso, «perché è stato così sconsiderato da non controllare quali libri presta agli studenti. Forza, piccolo, ridammi la lettera,» tese verso Sebastiano la mano destra, su cui portava un guanto di cuoio pesante, «e non farò niente al tuo cadavere prima di ridarlo a Poliziano».
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Queste quiete stanze [AC2]
FanfictionDopo la morte di Giuliano de' Medici e il fallimento della Congiura dei Pazzi, Ezio Auditore entra nell'ambiente della corte di Lorenzo. Il ritrovamento di alcune pagine del Codice, custodite dagli Assassini di Firenze, lo porterà ad avvicinarsi sem...