capitolo 1.

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Sebastian mi ha regalato dei fiori

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Sebastian mi ha regalato dei fiori.

O meglio, degli origami a forma dei miei fiori preferiti, i nontiscordardime.

Ne sono otto, come gli anni che compio, e sono rigorosamente fatti tutti a mano dato che a quelli veri sono allergica. 

Li ha posati sul comodino rosa, accanto al mio letto a baldacchino, non appena si è intrufolato in camera mia passando dalla finestra semi-aperta che, ogni sera, mi dimentico di chiudere. In realtà è questa la bugia che propino a mia madre ogni mattina quando mi viene a svegliare, mentre la realtà è ben diversa in quanto la lascio appositamente socchiusa per il mio migliore amico il quale, non appena riesce a sgattaiolare fuori da casa sua che è dall'altro capo della città, viene a trovarmi. 

«Sono per te, occhi belli. Buon compleanno.»mi sussurra questa confessione all'orecchio facendomi venire la pelle d'oca. Mi posa un bacio sulla guancia per poi ritirarsi imbarazzato con lo sguardo abbassato e le dita che giocherellano fra di loro. Lo guardo in modo accigliato e inizio a preoccuparmi davanti a questa visione: Sebastian Morris è il bambino più estroverso e chiacchierone del mondo e vederlo per una volta senza parole è davvero molto strano.

E sono sicura che non si tratta nemmeno della consapevolezza che, nella stanza accanto, ci sono i miei genitori che stanno dormendo a farlo sentire a disagio dato che siamo abituati alla loro presenza ogni volta che Seb viene qui; quindi, non so proprio di cosa possa trattarsi. Ma non apro neanche l'argomento in quanto so che svierebbe l'attenzione su altro e perciò mi concentro sul mio regalo di compleanno.

«Sono bellissimi.» sussurro mentre abbraccio per l'ennesima volta il bambino davanti a me. I miei occhi sono iniettati di gioia, il mio cuore batte come un tamburo e io divento consapevole che nella mia vita non riceverò mai regalo più bello di questo.

«Li hai fatti tu?» domando cauta facendo attenzione a non farmi sentire dai miei genitori nell'altra stanza mentre controvoglia mi stacco dall'abbraccio con un sorriso sornione sul volto.

«È caduto anche a te.» svia l'argomento meravigliato che a entrambi manca lo stesso dentino. Odio quando le persone declinano in questo modo le mie domande e per questo, prima di fargliela di nuovo, rispondo alla sua ripercorrendo con il pensiero e con le parole la scena di stamattina.

«Papà ha usato il metodo del filo legato al pomello della porta, sbattendo quest'ultima quando il filo era legato al mio dente, il quale in pochi secondi è caduto.» snocciolo sbrigativa.

Apro la bocca per continuare l'argomento principale, perché ci terrei tanto ad avere una cosa fatta interamente a mano da lui e non comprata chissà dove ma mi batte sul tempo ponendomi un'altra domanda alla quale rispondo nuovamente sbrigativa.

«Hai pianto?» mi chiede preoccupato mentre io scuoto la testa in segno di negazione. Lui cerca ancora di pormi altre domande, per sviare nuovamente l'argomento, ma lo blocco in partenza parlando prima di lui.

quindici minuti dopo la mezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora