capitolo 29.

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Quando Sebastian mi ha detto che avevo bisogno di una doccia non avevo capito che me la volesse fare lui; l'ho intuito non appena mi ha chiesto di togliermi la maglietta

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Quando Sebastian mi ha detto che avevo bisogno di una doccia non avevo capito che me la volesse fare lui; l'ho intuito non appena mi ha chiesto di togliermi la maglietta. Io, in tutta risposta l'ho guardato malissimo nonostante mi abbia detto che faceva questo semplicemente per evitare di farmi sforzare a causa delle condizioni in cui mi trovavo. Quando ha continuato ad insistere gli ho riso in faccia e gli ho ordinato di andare in camera di Kayden a prendersi un pigiama.
Insomma, sono una donna che da ben sette anni sopporta i dolori mestruali, che sarà mai un po' di vomito e spossatezza?

L'odore di gelsomino proveniente dal mio bagnoschiuma inebria le mie narici e questa fragranza così familiare mi ricorda dove sono in questo momento.

Respira Marisol, sei a casa tua non sei in quella macchina. Sei circondata dalle pareti della doccia non da medici e infermieri e ciò che giunge alle tue orecchie è solo lo scrosciare dell'acqua, non sirene assordante. Sole sei viva, non sei stata la vittima di nessun incidente stradale. Respira.

E così faccio.

Prendo un respiro profondo e, solo quando apro gli occhi, torno alla realtà rendendomi conto che mi stavo sfregando così forte la spugna contro la pelle per levare via i brutti ricordi che questa si è arrossata, iniziandomi a bruciare sotto il getto d'acqua.

Ho grattato, e grattato, con l'intento di far sparire il ricordo di questa sera dalla mia mente perché solo così so che riuscirò a tornare la Sole superficiale e menefreghista di qualche ora fa. O meglio, chi mi conosce davvero sa che realmente non sono così, questa è semplicemente la maschera che indosso per mostrarmi al mondo e per non far cadere la mia corazza.

Perché lo faccio? Perché odio mostrare i miei punti deboli agli altri e, sotto questo personaggio fittizio che mi sono creata, di debolezze ce ne sono molte. Tuttavia, preferisco nasconderle che mostrarle e questo perché vivo con la costante paura di essere abbandonata ancora una volta.

Quando sto per confidarmi con una persona una vocina nella mia mente mi anticipa dicendo di non farlo, che sto commettendo un errore e questo perché c'è sempre la possibilità che la persona in questione mi colpisca alle spalle sapendo perfettamente dove attaccarmi. Betty avrebbe potuto farlo se solo mi fossi confidata con lei e invece, partendo prevenuta, ciò non è accaduto.
Ho ascoltato la mia vocina e, ancora una volta, ho finito per circondarmi dei miei segreti.

Non a caso, di quella notte non ho mai raccontato nulla a nessuno. Semplicemente, un giorno qualunque, mia madre e mio fratello hanno visto uscire di casa una bambina che al suo ritorno non era più la stessa. Quando ho varcato la soglia di casa avevo un macigno sul petto che mi impediva di respirare ma loro non potevano saperlo perché io non gliel'ho detto. Non ho neanche pianto dato che lui non me l'ha permesso. Sono semplicemente tornata a casa e ho guardato un cartone con mio fratello accartocciandomi le dita sotto la coperta nella speranza di non rivelare, neanche indirettamente, ciò che mi portavo dentro.

quindici minuti dopo la mezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora