Geloso io?

227 20 1
                                    

Approfittando della giornata libera, Satoru, Suguru e Shoko decisero di trascorrere un pomeriggio sulla spiaggia di Kominato e godersi appieno il fine settimana particolarmente leggero.
  Una volta posati i piedi sulla fine sabbia del piccolo angolo di paradiso, Suguru stese i tre asciugamani colorati e piantò l'ombrellone gentilmente portato da casa sua. Giusto il tempo di finire i preparativi che Satoru incominciò frettolosamente a spogliarsi, gettando la sua maglietta sulla sabbia mentre Suguru lo osservava per nulla sorpreso. «Faccio un tuffo!»
  «Di testa. Ad acqua bassa» consigliò il moro con amore, sdraiandosi sul telo con in mano un libro da leggere. 'Il piccolo libro dell'ikigai'.
  «Sei sempre così tenero. Tu Shoko che fai?»
  «Penso che un bagno non sia una brutta idea» concordò la ragazza, voltandosi un'ultima volta verso il moro determinato a rimanere sotto l'ombrellone. «Quindi non vieni?»
  «La mia vacanza inizia appena vi allontanate. E non venite a lamentarvi se vi scottate» tagliò corto, aprendo il libro con sopra ritraente due carpe koi per immergersi finalmente tra le sue pagine.
  I due amici lo presero in giro con qualche scimmiottamento per poi avviarsi verso il mare cristallino, godendo della sua calma e della tanto ambita frescura dell'acqua. Satoru incominciò poi ad infastidire un bambino sul bagnasciuga per farsi prestare un secchiello, riuscendo nella nobile impresa e riempiendolo fino all'orlo per sorprendere la sua ignara vittima preferita.
  Shoko ebbe almeno la premura di levare il libro dalle mani di Suguru prima della gelida secchiata in piena faccia. Il moro si ritrovò con la sua camicia hawaiana completamente fradicia, costretto a sciogliersi la chioma mentre si mise l'elastico al polso.
  «Che bambino» brontolò di fronte alle sonore risate di Satoru, strizzandosi i lunghi capelli corvini.
  Anche Shoko rise lieve e con un accenno di pietà nella voce «Ora tanto vale che entri in acqua con noi».
  Suguru dovette infine rassegnarsi alla volontà dei suoi torturatori, unendosi a loro per giocare con il pallone colorato che la ragazza si era occupata di portare. Dopo diversi passaggi piuttosto agguerriti, specialmente per colpa del loro ardente spirito competitivo, la palla finì per rotolare vicino ad un gruppo di ragazze che stava chiacchierando concitatamente.
  Naturalmente, Satoru colse al volo l'occasione e si avvicinò alla combriccola con fare intrepido. «Vado io vado io, non disturbatevi».
  Se c'era una cosa che Satoru amava, quella era certamente mettersi in mostra sfruttando il suo bell'aspetto che non faceva che circondarlo di ammiratrici. Non che fosse davvero interessato alle ragazze che conquistava, semplicemente adorava essere al centro dell'attenzione mentre veniva sommerso da immeritate lodi e complimenti.
  Shoko allargò le mani, poi poggiandole sui propri fianchi in un atto di rinuncia. «Non riavremo mai più la palla. Granita?»
  Suguru osservò la scena per qualche attimo con i suoi occhi ridotti a fessure, poi coprendosi dal sole che lo stava abbagliando mentre accennò ad un sorriso. «Volentieri» acconsentì con la sua spesso preoccupante pacatezza.
  I due si rifugiarono all'ombra del chiosco della spiaggia, ordinando le granite e riposando seduti ad uno dei tavoli in legno sotto il telo. Shoko ne approfittò per concedersi una sigaretta mentre il moro ne allontanò il fumo con un movimento brusco della mano, dando le spalle al flirt di Satoru e riservando alla ragazza lo sguardo di un padre profondamente deluso. «Dovresti smettere».
  «Ci ho provato, un paio di volte» rivelò la giovane con un sospiro. «Ma senza troppo successo. Potresti aiutarmi tu».
  Prima che il ragazzo potesse rispondere che la collaborazione sarebbe dovuta essere anche da parte sua, ovvero niente minacce quando teneva in custodia il suo pacchetto di sigarette, vide un'ombra allungarsi sul tavolo e si voltò verso il don Giovanni di ritorno dalla sua piacevole chiacchierata. «Mi avete davvero abbandonato così? Che crudeltà! Avrei potuto non farcela».
  «Peccato».
  «La palla?» Volle invece sapere Suguru con circospezione. 
  «È qui. Neanche un 'sei ferito', 'come sei scappato'... »
  Il ragazzo si sedette assieme agli amici mentre scosse la testa con pesantezza, come se fosse davvero appena riuscito a sfuggire da una decina di belve inferocite pronte a sbranarlo vivo. Il moro lo scrutò con i suoi occhi inquisitori, posando il mento sul palmo della propria mano come se pure il compagno fosse adesso sotto analisi. «La prossima volta vado io».
  Satoru non si trattenne dal ridere al suo tono tanto imperativo, sporgendosi verso di lui con l'usuale sorriso che Suguru avrebbe definito tranquillamente 'da pirla'. «Oh Suguru, se non ti conoscessi bene penserei proprio che tu sia geloso~»
  A giudicare dall'espressione di Suguru, pareva che avesse sentito una delle cose più assurde della sua intera esistenza e Satoru si sentì intimamente ferito di fronte a quello sguardo tanto tagliente.
  «La prossima volta ti lascio fare colpo, 'k? Certo mi dovrò nascondere bene, se mi vedono non avrai più speranza» proseguì il giovane sogghignando per celare, dimostrando come suo solito di non aver capito proprio nulla mentre assaggiò un sorso della granita del compagno.
  «Nel caso è invidia, non gelosia. E se dovessi mai toccare il fondo invidiandoti, Shoko è incaricata di stendermi con una pala».
  La ragazza sorrise compiaciuta. «Succederà in ogni caso».

SatoSugu | Jujutsu KaisenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora