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(Ciao a tutti! Grazie per tutto il sostegno e le 2.7k visualizzazioni, non avrei mai pensato di raggiungere questi numeri per me enormi!
Chiedo perdono se la storia va un po' a rilento, ma vi ringrazio infinitamente per la pazienza dimostrata e farò del mio meglio per essere più costante! Buona lettura a tutti <3
)


Data la vicinanza delle vacanze estive concesse che avrebbero dato agli studenti qualche attimo di respiro in più, i ritmi delle lezioni erano molto meno serrati e anche Yaga pareva non pretendere la ferrea disciplina solitamente richiesta. Non era mancato il suo annuale discorso sul fatto che essere uno stregone fosse una responsabilità a tempo pieno e che le maledizioni certamente non si prendessero ferie, ma in cuor suo sapeva si stesse rivolgendo a degli adolescenti a cui in fondo rimanevano solo le vacanze di fine anno per poter vivere come tali.
  Il diminuimento delle attività giornaliere non aiutava affatto Suguru a liberarsi della propria spirale di pensieri, gli pareva come se una parte della sua mente si fosse aggrovigliata nell'argomento e di conseguenza fosse bloccata in un loop perenne di nociva negatività. Fatto che naturalmente aveva come conseguenza quella di prosciugarlo sia di energia mentale che di volontà di prestare attenzione ai discorsi che si svolgevano non curanti attorno a lui.
  Shoko era stata chiara sulla questione: ciò che il moro doveva imparare era aprirsi di più con Satoru, poiché era l'unico modo in cui i due avrebbero potuto finalmente comprendersi senza fraintendimenti e non vi era alcuna via di scampo da questa verità. Ad essere sinceri, Suguru aveva paura che la ragazza scoprisse che il suo stato d'animo fosse dovuto al motivo per cui lo aveva già richiamato in passato e poteva immaginarsi la reazione, dunque si guardava bene dal lasciar trasparire il benché minimo accenno di malcontento durante le giornate.
  La validità del consiglio di Shoko era comunque innegabile e i suoi sentimenti non potevano per sempre rimanere un monologo interiore, sebbene nel momento in cui doveva districare quell'immensa matassa di pensieri qualunque parola gli pareva alquanto mediocre. Ma quella afosa sera estiva, Suguru si decise ad uscire dalla propria camera senza darsi il tempo di pensare e bussò alla porta dell'albino per mettersi volontariamente alle strette e costringersi a parlargli. «Satoru? Satoru sei ancora sveglio?»
  Ma non ci fu alcuna risposta. Giunto a quel punto di non ritorno però, il moro non era più favorevole all'opzione di tornare a letto senza aver ottenuto alcun risultato e fece un altro tentativo. «Non ci credo che già dormi» rimarcò e, urtando involontariamente la maniglia nell'abbassare il braccio, aprì la porta per scoprire che non fosse mai stata chiusa a chiave.
  Qualche attimo per riprendersi dalla sorpresa che Suguru si rese conto di un dettaglio estremamente più importante, ovvero che di Satoru non ve ne fosse alcuna traccia: la stanza era in ordine, per quanto quella dell'albino potesse esserlo, e niente suggeriva una lotta o un accenno di resistenza contro una possibile minaccia. Preoccuparsi della salvaguardia del più forte stregone contemporaneo rimaneva ironico, ma l'irrequietezza del giovane non fece che accrescere quando non riuscì a trovare l'amico in nessun piano dell'istituto e incominciò a pensare di dover avvisare i professori.
  Prima di allarmarsi senza aver esaminato a dovere tutte le ipotesi però, Suguru tornò nella stanza dell'amico alla ricerca di qualche indizio e si sforzò di non viaggiare con la fantasia verso gli scenari più catastrofici. Notò che la finestra fosse aperta e le leggere tende color crema svolazzavano sfiorate dalla brezza serale, attirando il moro a sporgersi verso l'esterno per controllare meglio i dintorni e provare ad individuare il disperso tramite l'energia malefica.
  «Ma guarda che ragazzaccio, sempre detto io. Studente modello un accidente».
  Satoru gli si parò davanti fluttuando con un ghigno sulle labbra e Suguru quasi cadde all'indietro, soffocando un grido di sorpresa mentre sentì il cuore martellargli la testa per lo spavento. «Satoru! Che cazzo stai facendo?!» ansimò una volta riacquisita l'abilità di formulare una frase.
  Il ragazzo rise provocatorio. «Non è quello che dovrei chiederti io, visto che sei nella mia stanza?»
  «Ti stavo cercando! Dove sei stato?!»
  «Rilassati, ero solo sul tetto! Non dirmi che eri preoccupato» scherzò inizialmente Satoru, poi incontrando lo sguardo del moro e realizzando che in realtà fosse davvero stato in pensiero. «Oh oh, allora-»
  «Piantala. Torno a dormire, 'notte».
  Suguru sbuffò sonoramente e gli diede le spalle pronto a levare le tende, sebbene sentì presto la mano del ragazzo afferrargli il braccio per trattenerlo qualche altro disperato secondo. «Dai, per farmi perdonare ti faccio vedere che cosa c'è sul tetto. Vuoi venire?»
  Satoru, adesso posato elegantemente sul traverso della finestra, gli sorrideva con tenerezza mentre il cielo notturno alle sue spalle non faceva che risaltare la sua folta chioma argentata. La mano che prima lo aveva afferrato era adesso protesa mentre i suoi occhi cristallini erano ricolmi del più puro desiderio che l'amico accettasse, sebbene avesse timore potesse reputarla una proposta insensata e non cogliere quanto per lui fosse profondamente importante.
  Dopo qualche momento Suguru gli strinse la mano, lasciandosi aiutare nel salire mentre l'albino lo avvicinò a sé per prepararsi al decollo. «Ok. Ma non azzardarti a farmi cadere».
  «E per chi mi hai preso, per un dilettante?» rise retorico Satoru. «Nella mia vita non ho mai fatto cadere nessuno, neanche una volta».
  «Qualcuno lo hai mai trasportato?»
  Lo stregone sorrise beffardo, incominciando a sollevarsi dal traverso con il moro abbarbicato. «Certo che no!»

SatoSugu | Jujutsu KaisenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora