Vulnerabile

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«Posso rimanere qui a dormire?»
  A quelle parole, Suguru si voltò verso Satoru con occhi sbarrati mentre ancora non aveva la forza di muoversi dal proprio letto. Shoko non era riuscita a sopportare a lungo la loro presenza in un posto tanto limitato e aveva dunque saggiamente deciso di ritirarsi nella propria stanza.
  «Che cosa?»
  «Posso rimanere-»
  «No, ho capito!» si corresse il moro, facendo sogghignare Satoru che dondolava sulla sedia di fronte alla scrivania. Era già da diversi minuti che stava mettendo in disordine qualsiasi cosa osasse esistere nel raggio di qualche metro, probabilmente scarabocchiando ogni quaderno su cui fosse riuscito a mettere mano. «Perché vuoi rimanere? Hai la camera qui accanto!»
  Satoru fece spallucce, sorridendo come suo solito. «Perché no? Ho sempre voluto fare un pigiama-party, non vuoi realizzare un mio sogno dell'infanzia?»
  «Non è mai bastato un 'vai via' per liberarsi di te. Farai di testa tua come al solito».
  «Esatto~» cantilenò il ragazzo di fronte allo sbuffare dell'amico.
  La verità era che Satoru desiderava avere il moro vicino a sé fino alla sua completa guarigione, tenendolo sotto controllo e assicurandosi personalmente del suo completo benessere. Anche qualora fosse stato rispedito indietro nella propria stanza, sarebbe comunque rimasto in piedi per essere certo che riposasse come a lungo raccomandatogli. «Andata quindi?»
  Suguru si lamentò con stanchezza, finalmente riuscendo a rotolare su un fianco per non vedere più il proprio tormentatore a tempo pieno. Naturalmente, Satoru ne approfittò all'istante e si buttò vicino a lui, accoccolandosi tra le coperte con il suo solito fare da innocente.
  «Chi ti ha detto qui?!» si innervosì Suguru, rimbalzando sul materasso a causa della poca finezza con cui l'amico si era sdraiato.
  «Tu. Circa».
  «Neanche ridotto così arrivo tanto in basso».
  «Suguru, ho già immaginato tutta la parte in cui tu non vuoi e io lo faccio comunque. Possiamo saltarla? Sta diventando noiosa e ripetitiva».
  Il moro arricciò il naso impotente, incontrando le brillanti iridi di Satoru che al buio parevano ancora più luminose ed immense. In circostanze normali lo avrebbe fatto uscire a calci e maledizioni di fronte ad una proposta simile, specialmente perché riposare con l'albino affianco sarebbe stata un'ardua impresa sotto diversi punti di vista, ma ancora non gli era stato permesso di dormire e sapeva che sarebbero entrambi crollati subito dopo augurata la buonanotte. «Sei proprio un bambino» si limitò quindi a ripetergli come spesso faceva, troppo esausto per impegnarsi nell'ennesima discussione della giornata.
  «Sogni d'oro» rise Satoru sotto i baffi, chiudendo gli occhi come segno che la conversazione fosse definitivamente chiusa e che all'amico non restasse nient'altro se non rassegnarsi al suo destino.
  Ogni volta che nel muoversi sfiorava inavvertitamente la schiena di Suguru al proprio fianco, l'istinto di avvolgerlo tra le proprie braccia diveniva sempre più intenso e si colse diverse volte nell'atto di essersi avvicinato all'amico di qualche centimetro. Sapeva di essere a sua volta stanco e che alcuni propri freni inibitori vacillassero non poco, ma il solo pensiero del possibile disgusto del moro era sufficiente per farlo desistere dal ricercare qualsiasi contatto il suo cuore desiderasse.
  Dal canto suo invece, Suguru sarebbe sì stato ugualmente in panico ed in preda al batticuore, tuttavia quella notte finì vittima di una tremenda nausea che scacciava dalla sua mente qualunque altro pensiero che non la riguardasse: il saporaccio delle maledizioni della recente missione ancora gli appestavano la bocca, condannandolo ad un insopportabile gusto di stracci sporchi ed escrementi ogni qualvolta che era costretto a deglutire. La prolungata esposizione a questo tipo di sensazioni non faceva che accrescere la sua nausea, ragione per cui era sempre più difficile resisterle mentre il sudore freddo gli imperlava la fronte.
  Mai avrebbe voluto che Satoru lo vedesse piegato in quel modo dalla propria Tecnica, ma oramai non vi era più scampo e non avrebbe comunque potuto resistere ancora a lungo. «Satoru» lo chiamò quindi con un sussurro sofferente, dettaglio che ebbe subito l'attenzione dell'amico. «Devo vomitare».
  «Devi... Dio, ti prego resisti».
  Satoru si alzò di scatto, fiondandosi in bagno alla ricerca di un secchio. I frequenti mal di stomaco di cui Suguru era vittima non erano una novità, ma visto che il ragazzo li aveva sempre giustificati affermando che fosse un problema di digestione, non si capacitava del perché stesse male anche dopo non aver toccato cibo. Era normale? Era forse un effetto della Tecnica dell'Inversione?
  Il ragazzo accantonò temporaneamente ogni preoccupazione, tornando di corsa sul letto dopo aver recuperato il secchio dalla vasca e mettendolo di fronte al moro. Lo stregone si aggrappò subito alla bacinella, incominciando faticosamente a rigettare mentre Satoru gli scopriva la fronte dai capelli e lo avvolgeva tra le sue braccia per aiutarlo a mantenersi saldo: poteva sentire il suo corpo contrarsi per lo sforzo mentre il sudore gli scivolava lungo il volto, cadendo a gocce nel secchio nel quale il giovane era in parte immerso.
  L'odore del vomito non faceva che stimolare ulteriormente la nausea di Suguru, obbligandolo a lasciarsi completamente andare mentre diversi lamenti facevano intuire come soffrisse a causa delle ferite. Il moro sentiva il morbido abbraccio di Satoru che gli impediva di sporgersi troppo verso il secchio, abbandonandosi tremante a lui per riprendere fiato una volta certo di non aver più forza per compiere alcunché. «Mi dispiace» sussurrò ansimante, quasi imbarazzato del disgustoso spettacolo offerto.
  «Non ci pensare nemmeno Suguru». Satoru gli accarezzò la schiena, dandogli tutto il tempo necessario per calmarsi mentre gli spostava i capelli dietro le orecchie. «Hai bisogno che chiamiamo-»
  «No, sto bene. È normale, ho solo... » Suguru prese un lungo respiro, cercando di non interrompere le frasi per colpa dell'esigenza di recuperare il respiro. «Ho sonno. Qualunque cosa, domani» disse infine d'un fiato, lasciando che l'amico lo adagiasse sul letto e si stendesse al suo fianco ancora avvolgendolo nella sua premura. In quel momento si sentiva protetto, si sentiva come se adesso non ci fosse più nulla di cui preoccuparsi e che avrebbe potuto rimanere in quel tepore per quanto a lungo avesse desiderato.
  Satoru annuì, continuando a massaggiargli la schiena e assicurandosi che ogni benda fosse rimasta al suo posto. «Va bene. Il secchio rimane lì» bisbigliò tenue, osservando come Suguru non riuscisse nemmeno più a tenere gli occhi aperti.
  Odiava la crescente consapevolezza che quella furba volpe, scaltra ed intoccabile, rifiutasse ogni aiuto e favorisse chiudersi in sé stessa piuttosto che parlare. Piuttosto che parlargli. Chissà se quella volpe si sarebbe mai lasciata addomesticare, o se l'indomani sarebbe fuggita come se nulla fosse accaduto mentre poteva solo osservarla allontanarsi con il cuore dolorante.
  Ma per quella notte, Suguru era tra le sue braccia e Satoru si rese conto di non desiderare nient'altro al mondo se non la sua felicità.

SatoSugu | Jujutsu KaisenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora