Sotto le stelle

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Sul tetto della Jujutsu High, il panorama a cui si era dinnanzi era da lasciare senza fiato: la viva città di Tokyo era pervasa da innumerevoli luci serali mentre le stelle quasi ne erano il limpido riflesso intinto di un profondo blu oltremare. Gli occhi di Suguru si persero ad ammirare quella magnifica esplosione di colori che da quell'altura parevano un miraggio, non notando che per il Portatore dei Sei Occhi che ancora gli stringeva delicato il braccio attorno alla vita, il più grande spettacolo a cui era grato di assistere era nientemeno che il puro stupore sul volto del moro.
  «Non ti facevo un tipo da paesaggio romantico» azzardò Suguru, allontanandosi un po' dall'albino mentre sentiva la soggezione per la vicinanza.
  Anche Satoru aveva fatto qualche passo indietro una volta resosi conto dell'esigua distanza, poi sedendosi sul punto più alto della tettoia in attesa che l'amico lo imitasse. «Sono sempre pieno di sorprese».
  «Non lo metto in dubbio».
  «Se non ti conoscessi per la tua spontanea dolcezza direi che questa è ironia».
  «Tra le tue sorprese abbiamo anche un cervello. Incredibile» lo continuò a punzecchiare il moro prendendo posto al suo fianco, osservando Satoru sdraiarsi con gli occhi rivolti al cielo ed un sorriso godurioso che gli metteva in risalto le fossette.
  «Di che ti lamenti? Questa è una bella sorpresa, ringrazia» rispose l'albino, distogliendo gli occhi dal cielo stellato e voltandosi verso l'amico anch'egli supino.
  «Grazie» cedette Suguru con un sospiro. «Ma rimango comunque stranito».
  Nei momenti a seguire, i due rimasero a godersi la compagnia reciproca ed il magnifico panorama che la notte offriva disinteressata. Satoru inspirò a pieni polmoni la frescura serale, dopodiché, riprese a parlare con insolita calma senza distogliere lo sguardo dal firmamento. «Qui ci si sente come dei puntini insignificanti. Voi mezze seghe in fondo non ve la passate troppo male» disse burlone con una leggera risata.
  Tuttavia, Suguru sapeva che quelle parole avessero molta più importanza di quanto l'albino avrebbe mai lasciato trapelare. Infatti, la natura all'apparenza superficiale di Satoru lo aveva portato a concludere con una provocazione in contrasto al suo bisogno corrosivo di aggrapparsi a colui che era il suo unico rifugio.
  Suguru si adagiò su un fianco ricercando il suo sguardo, forse attirandolo proprio dando corda al suo stesso gioco di battute. «Mezza sega a chi?»
  «A te soprattutto».
  Il moro questa volta incassò silenziosamente il colpo mentre Satoru rise, infine voltandosi verso il ragazzo per parlargli faccia a faccia. Gli occhiali storti dell'albino per la posizione provocarono un sorriso sulle labbra di Suguru che allungò la mano per toglierglieli, rivelando i due limpidi pozzi che erano gli occhi del primogenito Gojo. «Gli occhiali da sole di notte sono troppo ridicoli persino per te» precisò, facendo una breve pausa prima di tornare al discorso. «Sembra che tu ci tenga molto a questo posto».
  «Mi piace. È ovvio che ci sono posti più belli che potrei visitare, ma se guardo il panorama da un monte irraggiungibile... Il concetto perde di senso» fu la pragmatica riflessione con cui non si poteva che concordare.
  Ciò su cui realmente Suguru si era soffermato era il fatto che Satoru avesse appena condiviso con lui qualcosa di davvero speciale, quindi implicitamente desiderando che ne facesse parte. E la cosa lo aveva sorpreso, poiché era sempre stato convinto che il sentimento fosse unilaterale. «Intendevo dire che non pensavo ti andasse di condividere. Fossi stato in te, forse mi sarei tenuto il segreto».
  «Non ho detto che morissi dalla voglia di condividerlo. Mi andava che tu lo sapessi, stasera ho solo colto l'occasione» rispose l'altro guardandolo dritto negli occhi, forse realizzando in ritardo che dopo un'affermazione del genere non si poteva poi rimanere silenti. «Intendo dire che sei l'unico per cui tutto questo forse può avere un senso. E vorrei che lo avesse... »
  Satoru si interruppe cercando anche lui di capire che cosa desiderasse dire mentre il moro gli rimaneva accanto, sfiorandogli il viso col proprio caldo respiro. Le sue iridi castane, in assenza di una fonte luminosa intensa, perdevano ogni accenno di colore e l'albino quasi non riusciva a scorgervi il riflesso dei propri occhi o del suo volto.
  Forse in quel preciso istante mentre il cuore gli rimbombava nella testa e poteva sentire Suguru scottargli la pelle, non esistevano parole che lo avrebbero mai soddisfatto.

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