L'incontro - 4

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A Shoko bastò qualche mero attimo per comprendere che se fosse rimasta in quel cortile in procinto di trasformarsi in un campo minato, ci avrebbe sicuramente rimesso le penne. La ragazza si concesse qualche istante per osservare Suguru sollevarsi in aria, poi incominciando a filarsela verso l'istituto nella speranza che sarebbe stata una protezione sufficiente contro due adolescenti pronti a sfogare le loro abilità sovraumane.
  I ragazzi aspettarono che la compagna di classe si volatilizzasse e bastò un solo scambio di sguardi affinché intuissero che lo scontro potesse incominciare. Il moro non si fece pregare e un'enorme maledizione simil verme spuntò presto dal suolo per inghiottire intera la sua vittima: fu un brutto momento per Suguru scoprire che anche Satoru fosse in grado di fluttuare, ben consapevole che l'albino si stesse godendo ogni istante della sua incredulità.
  «Altro omaggio del pacchetto completo 'eroe del mondo'?» Ipotizzò il giovane con sarcasmo.
Satoru inclinò la testa, non nascondendo affatto il proprio beffardo divertimento. «Mettiamola così, sì».
  Il moro aggrottò le sopracciglia scure, decidendo di guadagnarsi il controllo del combattimento aereo tramite altre maledizioni in grado di librarsi in aria. Sguinzagliò dunque diverse bestie con ali da pipistrello pronte ad attaccare a vista il loro bersaglio, poi ordinando alla maledizione serpentesca di immergersi nel terreno per palesarsi qualora Satoru si fosse avvicinato al suolo.      L'albino capì che non poteva permettersi di affrontare quello scontro con leggerezza, incominciando a generare dalle dita una sfera dal bagliore dei suoi medesimi occhi e scagliandola contro i nemici volanti: le maledizioni incominciarono ad essere inevitabilmente attratte da quel nuovo centro di gravità, collidendo l'una con l'altra sotto lo sguardo compiaciuto dello stregone.
  «Bagliore Blu. Mica male eh?» Si vantò dall'alto del suo successo.
  Suguru tuttavia non tentennò, passando presto al contrattacco per non concedere all'avversario nemmeno un momento di tregua. Due maledizioni centopiedi evocate in precedenza approfittarono della vicinanza del ragazzo per legarsi alle sue caviglie, incominciando a trascinarlo verso il terreno per far sì che la creatura simil verme lo inghiottisse e ponesse fine alla sfida.
  Satoru aveva infatti temporaneamente disattivato il Minimo Infinito, ancora non in grado di mantenerlo perennemente attivo e troppo sicuro di non essere neanche scalfito dal suo avversario. L'improvvisa presa delle due maledizioni lo aveva fatto sbilanciare, vittima della realizzazione che l'attacco aereo fosse un semplice diversivo per fargli sottovalutare il nemico: mentre veniva trascinato nelle fauci spalancate della belva, Satoru incontrò lo scaltro sguardo di Suguru che osservava la scena sul dorso della sua razza.
  Le labbra del moro si incurvarono in un sorriso che ne scopriva i denti. «E dal grande Gojo, questo è tutto?»
  «Ci stiamo solo riscaldando» rispose il ragazzo prima che un lampo rossastro sbaragliasse i due centopiedi, costringendo anche il mortale serpente a rintanarsi sottoterra.
  Dai loro sguardi agguerriti era chiaro che i due studenti non avrebbero affatto badato alla salvaguardia di qualunque cosa li circondasse. Satoru ghignò furbesco, preparando un contrattacco frontale mentre Suguru si concentrava su una nuova evocazione: prima che l'albino potesse sferrare la sua risposta però, Yaga si schiarì la voce a braccia conserte e fu come se avesse utilizzato una tecnica glaciale in grado di congelare chiunque nel raggio di qualche metro. «Vedo con piacere che siete ancora pieni di energia» fece notare intimidatorio.
  «Professor Yaga-» farfugliò il moro tornando con i piedi per terra, tuttavia realizzando che non ci fosse assolutamente alcunché da chiarire. Era esattamente ciò che sembrava.
  «Proprio sul più bello» si lamentò invece il compagno con un broncio pressoché infantile, dettaglio che certamente non addolcì il loro docente.
  «Dato che avete così tanta energia da sfogare, perché non pulite anche il terzo piano della scuola? Sono sicuro che sarete capaci di farlo splendere come uno specchio».
  Discutere sarebbe stato inutile e i ragazzi si rassegnarono alla loro ulteriore punizione, incominciando a portare il necessario all'interno della scuola per incominciare il nuovo lavoro. Suguru osservò di sottecchi il compagno di tortura, riflettendo sul combattimento appena avvenuto mentre l'altro non sembrava avere nessuna intenzione di interrompere la narrazione ipotetica di come lo avrebbe inevitabilmente disintegrato. Egoista, infantile, cinico... Erano tutti tratti che indubbiamente combaciavano con il termine 'divinità' che la società degli stregoni aveva affibbiato a questo Gojo Satoru, etereo e disumano nel suo incommensurabile potere.
  Era anche una divinità piuttosto fastidiosa e specialmente nei propri confronti, ma le aspettative che aveva sul suo conto erano state pienamente soddisfatte. Chissà come sarebbe andata se Yaga li avesse lasciati combattere per qualche altro minuto, non poteva negare di esserne curioso. «Non male» ammise infine con un lieve sospiro. «Satoru».
  L'animo di Satoru gli sussultò nel petto all'udire il suo nome venir pronunciato in quel modo tanto disinvolto. Chi mai lo aveva chiamato per nome? Davvero poche persone, si era persino dimenticato il suono che aveva quando scandito. In quel momento era Satoru, non Gojo. Fu come se per qualche istante fosse stato libero da una sensazione opprimente, un peso che per lungo tempo gli aveva impedito di respirare a pieni polmoni. «Niente male anche te, Ciuffetto. Mi hai sorpreso» si limitò però a rispondere con l'usuale giocosità mentre passava il mocio sulle assi del pavimento.
  Shoko salì le scale, imbattendosi nei due ragazzi che pulivano il piano e osservandoli con il suo fare rilassato. «Oh, siete vivi».
  «Ci vuole ben altro, abbiamo tre lunghi anni da passare insieme e non me li perderei per nulla al mondo~!» la punzecchiò Satoru. «Se non ti conoscessi da stamattina, penserei che tu sia dispiaciuta».
  «Come hai già detto tu, avrai molto tempo per conoscermi meglio» rispose la ragazza ed improvvisamente, quelle parole acquisirono una sfumatura terribile.

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