Sei tornato

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Come già programmato tempo addietro, Satoru dovette partire in missione per esorcizzare uno spirito di primo livello nell'autostrada di Chuo. Il ragazzo sarebbe stato in compagnia di Mei Mei, uno stregone dalle rinomate abilità di combattimento ravvicinato ed un ottimo intuito dalla sua parte.
  Come di consueto, Satoru aveva ribadito ai due compagni di classe quanto non sarebbero sopravvissuti senza la sua presenza e come avrebbero sofferto a non vederlo per qualche ora.
  Suguru gli consegnò il collirio che altrimenti avrebbe dimenticato, ricordandogli di prestare attenzione a non sforzare in modo innecessario i suoi Sei Occhi mentre Shoko gli domandò che cosa avrebbe desiderato fosse inciso sulla sua lapide.
  Dopo il doveroso testamento, il giovane partì con un presuntuoso sorriso adornato dalle sue fossette distintive mentre salutava gli amici all'uscita.
  Trascorse una giornata intera e nessuno dei due fece ritorno. Passarono due giorni e di loro ancora nemmeno l'ombra. Suguru incominciò a preoccuparsi maggiormente ogni minuto, spesso osservando il panorama al di fuori della finestra nella speranza di vedere il suo amico fare finalmente ritorno alla Jujutsu High.
  Satoru non aveva mai svolto una missione in compagnia di qualcuno che non fosse lui, ulteriore motivo per cui l'animo del moro non riusciva a darsi pace nonostante le continue rassicurazioni di Shoko. Durante gli esorcismi infatti, i due erano sempre riusciti ad agire in perfetta sintonia grazie alle loro nature diametralmente opposte: Suguru, composto e logico, si era sempre occupato di coprire le spalle a Satoru, impulsivo, superbo e dal potere senza eguali.
  Come se la sarebbe cavata con Mei Mei? E se il ragazzo non fosse riuscito a prevedere uno degli attacchi da cui di solito lo proteggeva? Inghiottito dalla propria genuina apprensione, Suguru tendeva a dimenticarsi che si stesse angosciando per lo stregone più straordinario dell'era moderna, se non di ogni singola era segnata dall'esistere degli uomini.
  Spesso aveva la spiacevole impressione che fosse l'unico a considerare Satoru come una persona, non esclusivamente come Gojo Satoru. Il clan Gojo si era solo assicurato di plasmare il suo perfetto burattino, crogiolandosi nella gloria di aver concepito un erede portatore dei Sei Occhi e togliendogli ogni possibilità di scoprire che cosa significasse avere l'occasione di vivere.
  Mai lo avevano visto come una persona anche portatrice di desideri e sentimenti. Per Suguru invece, Satoru era certamente tra coloro che più amava in assoluto ed era chiaro come non desse per scontato nessuno dei suoi sforzi, complimentandosi di ogni impresa e, strano ma vero, talvolta anche dei suoi piani che si erano poi rivelati efficaci.
  Per quanto Satoru amasse nascondersi dietro una maschera di impenetrabile indifferenza, non era strano pensare che anche lui si sentisse schiacciato dall'ingente peso delle aspettative che fin da bambino era stato costretto a soddisfare. Il moro però desiderava sapesse che con lui poteva dimenticarsi di ogni cosa e ogni cruccio, perché lo amava in quanto Satoru, irritante ed infantile come solo lui era capace di essere.
  Quando Suguru scorse tra le fronde degli alberi due chiome albine avanzare verso l'istituto, si alzò subito dal proprio banco per poi guardare il professor Yaga a dir poco sbigottito dal suo gesto.
  «Mi perdoni. Satoru è tornato, l'ho visto che camminava lungo il viale» spiegò per scusarsi mentre l'uomo si abbandonò ad un lungo sospiro.
  «Non dovevo illudermi del contrario» rispose con ironia, sebbene in realtà fosse stato più che certo del ritorno del suo studente. «Andate ad accoglierlo, non stavate comunque seguendo. Sappiate che recupereremo ogni minuto perso».
  «Certo. Grazie».
  Suguru accennò un rispettoso inchino, scambiandosi uno sguardo di intesa con Shoko per poi precipitarsi fuori dalla scuola, Non appena li vide, Satoru esibì un largo sorriso e li salutò con un ampio cenno della mano: i suoi vestiti erano abbastanza sgualciti, ma oltre a qualche graffio non pareva aver subito lesioni particolarmente gravi. Lo stesso si poteva dire di Mei Mei che gli camminava affianco con aria soddisfatta.
  «Ma che pubblico! Preoccupati?»
  «Perché ci hai messo tanto?» Lo attaccò subito il moro, tuttavia non avendo affatto cuore di mantenere l'arrabbiatura quando Satoru lo abbracciò come al solito.
  «Dominio, tempo distorto... Te lo sa dire meglio Mei».
  Il ragazzo appoggiò il mento sulla spalla di Suguru con fare insonnolito, chiudendo gli occhi come se solo adesso si fosse concesso l'occasione di riposare ed abbassare le sue difese. Gli erano caduti gli occhiali durante la missione e aveva quindi finito col romperli, non avendo più nessuna barriera che lo separasse dall'ingente quantità di energia malefica emanata da ogni singolo essere vivente.
  Suguru lasciò che il giovane si riposasse, percependo il suo respiro farsi più pesante in segno di rilassamento. «Ottimo lavoro, Satoru» gli disse con un sorriso, accompagnando le parole con qualche leggera pacca sulla schiena. «Soba stasera?»
  «Mm, soba» mormorò Satoru sognante mentre Shoko ascoltava il preciso rapporto di Mei Mei.
  Finché era questo ciò che lo attendeva ad ogni ritorno da una missione, fare lo stregone non gli pareva poi tanto male.

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