L'incontro - 2

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«Suguru, ho la camera affianco alla tua! Che bello non trovi?»
  Non appena Suguru lo fulminò con lo sguardo dopo essere stato chiamato per nome senza nessuna confidenza, Satoru sfoderò il più innocente dei sorrisi nonostante fosse perfettamente consapevole di cosa avesse fatto.
  «Suguru?»
  «Non è il tuo nome?»
  «Infatti».
  «Appunto» cinguettò Satoru avvicinandosi. «'Getou' non mi piace».
  «Fattelo piacere, Gojo» ricalcò il moro senza indietreggiare, scrutando l'invadente compagno di classe dall'alto verso il basso. Ci aveva sì riflettuto, ma ancora poteva giurare di non aver affatto compreso quale fosse il suo problema e ciò che lo rincuorava era che comunque sfuggisse a tutti.
  Satoru sorrise compiaciuto all'ennesima provocazione andata a segno. «Woah, che aggressivo! E io che pensavo fossi uno studente modello, Ciuffetto, le apparenze ingannano» lo punzecchiò ancora una volta.
  Non che Suguru non avesse intuito che l'obiettivo del ragazzo fosse farlo innervosire di proposito, ragione per cui aveva completamente abbandonato l'idea di trascorrere tre anni di scuola in tranquillità e cercava di non concedergli la soddisfazione di alterarsi. Il moro prese un profondo respiro, aprì la porta della propria camera e se la richiuse alle sue spalle per coricarsi nella speranza di non sentire più parlare di quel Gojo almeno fino al mattino seguente.
  Satoru si allontanò con la più sincera allegria dipinta sul volto, avviandosi anche lui verso la propria stanza per buttarsi a peso morto sul letto: tutto sommato non era un cambiamento così terribile, la sistemazione era pressoché decente e aveva addirittura trovato qualcuno degno della sua attenzione.
  Era in completa solitudine che al ragazzo capitava di riflettere davvero e non c'era cosa al mondo che più detestasse. Si ritrovava a pensare a cosa ne sarebbe stato di lui e del suo futuro, interrogandosi sul perché di innumerevoli cose come se fosse un bambino. Perché proprio lui era nato con i Sei Occhi? Perché e per che cosa stava facendo tutto questo? Perché immolare la sua vita per proteggere chi non era in grado di farlo da sé? Non era forse giusto che i deboli perissero? Per qualche tempo aveva anche tentato di trovare delle risposte a tutte le domande che gli infestavano la mente, ma presto gli era parsa una ricerca completamente inutile e vana. Forse però, la Jujutsu High avrebbe saputo aiutarlo e in fondo non gli dispiaceva crederci.
  Satoru continuò a rigirarsi tra le coperte, fallendo miseramente nel tentativo di addormentarsi. Non che non ci fosse abituato, ma l'indomani avrebbe avuto le lezioni al mattino e sarebbe stato preferibile dormire almeno un po'. Dopo un'altra ora senza progressi, il giovane decise di alzarsi e di recarsi verso la cucina del piano terra: sapeva dove fosse ed era abbastanza certo che sarebbe riuscito a prepararsi una silenziosa tisana senza svegliare nessun insegnante, o almeno ci sperava.
  Il ragazzo mise quindi a riscaldare l'acqua mentre canticchiava un orecchiabile motivetto, cercando le bustine che aveva visto sistemare in giornata e confidando ci fossero anche i cubetti di zucchero. Improvvisamente però, qualcuno si stagliò sulla soglia della cucina e la sua ombra si allungò lungo le piastrelle della stanza.
  «Ti rendi conto che ti si sente cantare fino alle camere, vero?» Tuonò la voce di Suguru, affiancato dalla figura nettamente più minuta di Shoko. I due compagni di classe si erano infatti incontrati nel corridoio per lo stesso motivo e avevano quindi deciso di fare fronte comune contro la minaccia che turbava il loro sonno.
  «Ma buonasera!» Li accolse invece Satoru con un sorriso vittorioso. Era proprio loro che aveva voluto attirare nella sua trappola ed il piano evidentemente lacunoso aveva comunque funzionato. «Cantavo così ad alta voce? Non me ne sono accorto» concluse civettuolo per poi riportare l'attenzione all'acqua sul fuoco.
  Shoko incrociò le braccia, scrutando il giovane con altrettanta diffidenza. «Perché non torniamo tutti in camera ed evitiamo di fare altro rumore inutile?»
  «Come siete rigidi, peggio di Yaga. Forse la tisana serve anche a voi, la volete?» Domandò il ragazzo, finalmente sedendosi su una delle sedie col caldo infuso che gli riscaldava le mani.
  Suguru alzò un sopracciglio, squadrandolo nuovamente. «È il minimo che tu possa fare».
  Satoru scosse la testa con un lieve riso di fronte all'usuale sfacciataggine del moro, versando l'acqua calda anche nelle tazze dei due compagni mentre prendevano posto al tavolo. Suguru aveva i lunghi capelli spettinati ed era chiaro che anche Shoko, adesso intenta a bere avidamente la sua tisana, stesse dormendo fino a pochi minuti prima.
  «Allora... » incominciò a chiedere Satoru per fare conversazione, suscitando occhiatacce guardinghe. «Quali sono le vostre Tecniche?»
  «Tecnica dell'Inversione» rispose Shoko concisa.
  Anche Suguru sorseggiò la tisana ancora fumante, godendosi il suo tepore prima di rispondere. «Manipolazione delle Maledizioni».
  «Che?! Davvero?» Satoru parve sinceramente stupito dalla rivelazione imprevista, trovando il giovane ancora più interessante: avendo ricevuto un'educazione alquanto severa, conosceva ogni assetto politico della società degli stregoni e il nome dei Getou non gli era affatto familiare. «È impossibile tu faccia parte di qualche clan rilevante. I Getou non li ho mai sentiti».
  «Clan? I miei genitori non sono stregoni, è gente comune. Che io vedessi strani mostri è stata una sorpresa per tutti».
  «Si spiega» commentò Shoko e Satoru fu completamente d'accordo con lei.
  «Già, ora capisco perché non hai riconosciuto la mia magnificenza. Potrei quasi perdonarti vista l'ignoranza».
  Sebbene Suguru fosse in parte nascosto dalla tazza color mirto, si vide bene come arricciò il naso con fare seccato. «Ma chi ti credi di essere?»
  «Gojo Satoru? Il portatore dei Sei Occhi? Colui che ha ribaltato l'equilibrio del mondo? La grande promessa degli stregoni?» Gli rispose il giovane senza riuscire a suscitare una reazione degna di nota. Anzi, solo scetticismo allo stato puro.
  «Adesso stai inventando».
  Satoru sogghignò, facendo finta di rifletterci mentre si raddrizzò gli occhiali da sole. «Forse» disse con semplicità, non volendo affatto rovinare quell'inusuale dinamica priva di pregiudizi e in cui non vi erano aspettative da soddisfare.
  Dal canto suo, anche Suguru non riusciva più a nascondersi che quello spaccone dagli occhi di cristallo stesse stuzzicando la sua crescente curiosità: dato che Shoko non ribatteva, ciò che Satoru farneticava non poteva essere una completa fesseria e valeva forse la pena fare qualche ricerca sull'argomento. La ragazza invece aveva già intuito che avrebbe trascorso quegli anni tra due fuochi e, quando fece per parlare, si interruppe immediatamente nel vedere un'imponente figura sulla soglia della cucina.
  «Buonasera» li salutò il professor Yaga a braccia conserte, facendoli rabbrividire da capo a piedi.
  «Buonasera» risposero tutti e tre all'unisono, facendo invidia persino nei soldati più disciplinati.

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