Secondo libro della ~CHOICE SERIES~
Per l'attrice Sophie Jones nulla risulta semplice dopo essersi presa cura di sua figlia Noah da sola.
L'abbandono dell'ex Pierre Gasly, l'ha portata ad inalzate muri che nessun uomo è riuscito ad abbattere.
Dopo 6...
"Chi è?" mi raggiunse una voce maschile che tanto mi era mancata.
"Sophie" risposi e attesi.
Quando tutte le serrature furono sbloccate, la porta si spalancò.
"Sophie" urlò Mick abbracciandomi forte. "Non puoi capire quanto mi sei mancata" mi lasciò andare guardandomi negli occhi, quei suoi occhioni azzurri bellissimi.
"Micky mi sei mancato anche tu" sorrisi. "Ero nei paddock tutti i giorni e non ci siamo mai visti!" sbuffai.
"Ora sono terzo pilota Mercedes e Mclaren, non lo sai?" mi rimproverò.
"No" ammisi. "Non me lo hai detto!" brontolai.
"Neanche tu mi hai avvisato che saresti stata tutti i gran premi all'interno del paddock! L'ho scoperto solo 2 giorni fa!"
"Hai ragione scusa, il preavviso con cui sei stato messo al corrente che avrei registrato in Germania è stato poco però... apprezza il fatto che ora sono qui con te" alzò gli occhi al cielo e mi fece entrare.
"Non commento" disse alzando le mani. "Seguimi ti faccio vedere la tua stanza" mi accompagnò.
La casa era immensa, decorata con sculture moderne ricercate, Mick aveva sicuramente buon gusto in questo campo. Nel corridoio che separava la sala dalle stanze erano appese tantissime foto. Ce n'era una di lui da piccolo sui kart con suo padre. Una con sua madre. Una con Gina, sua sorella. E una foto di noi due.
"Oh che carino" dissi. "Hai appeso una nostra foto di quando avevamo 7 anni" sorrisi guardandola attentamente.
Sotto la nostra foto ce n'era una con Sebastian, ex corridore di Formula 1. E poi in fondo al corridoio una sua foto... ma non in un posto qualunque. Era recente...
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C'era lui, la macchina in un luogo fin troppo familiare... l'officina Jones, quella di mio padre.
"Ehi Sophie ci sei?" si avvicinò a me. "Oh" si bloccò a guardare la foto. "L'ho scattata il 27 ottobre" disse e lo guardai.
"L'anniversario della sua morte?" gli chiesi e lui annuì.
"Tua mamma mi ha invitato dato che tu non eri in Germania" disse.
"Non voglio ricordare quel brutto giorno" dissi e lui mi cinse le spalle con un braccio sul quale io mi appoggiai.
"Lo so" mi accarezzò i capelli.
"Quindi stavi dicendo? La mia camera quale è?" trattenni le lacrime e cambiai discorso prima di crollare. Lui capì e mi accompagnò nella mia stanza temporanea.
"È stupenda grazie" misi la valigia vicino all'armadio e mi guardai in torno. C'era un'enorme quadro di una macchina sulla testata del letto. Una cassettiera grigia scura come l'armadio imponente. Il letto era ben fatto con lenzuola che riprendevano i colori del quadro.