Prologo

300 7 15
                                    

Questo scritto nasce da un desiderio: quello di far capire alle persone come ci si sente a vivere consapevoli di essere una persona affetta da Disturbo Borderline della Personalità.

Lungi da me far passare le parole che seguiranno come "manuale in caso di...", sono solo una persona che da quindici anni vive nel turbinio di una patologia comprensibile solo se la si osserva da vicino. Molto da vicino.

Alcuni definiscono le persone affette da Disturbo Borderline della Personalità semplicemente "il o la Borderline", come se la persona non esistesse più; da un momento all'altro puff, cancellata dalla faccia della terra dal suo disturbo.  Questa cosa la trovo personalmente molto triste: pensate se ci si rivolgesse ad un paziente oncologico chiamandolo il cancro, oppure "ecco che arriva la signorina leucemia", "buongiorno signor sarcoma, come sta oggi?"

Vi sembra rispettoso? A me per niente, anzi mi sembra riduttivo. Quindi partiamo dall'inizio: piacere io sono Veronica e il mio disturbo Borderline lo chiamo per quello che realmente è: la mia malattia.

Non sono un mostro, una cattivona, il nuovo capitolo di Pennywise, no no e ancora no, (più avanti capirete che certi comportamenti dettati dalla mia mente durante le crisi mi potrebbero far sembrare proprio così). Sono una donna di trent'anni affetta da una malattia che nonostante tutto resta solo una malattia.

Naturalmente non citerò ciò che i manuali di medicina spiegano sul DBP, anche perché capiremo in seguito, che ogni persona affetta da questa malattia può sviluppare il disturbo in maniera diversa; vi basti pensare che dopo quindici anni di convivenza forzata con lui non ho ancora capito quali sono tutti i suoi sintomi.

Quindi il consiglio è di leggere sì, di studiare sì, ma consapevoli che prima di noi, fior fior di medici hanno letto e studiato, e a dirla tutta hanno anche capito che una volta chiuso il libro o spento il telefono si rimane forse più confusi di prima.

L'amore, vi dimostrerò che è l'arma più grande a vostra disposizione.

Io questa malattia l'ho conosciuta nel profondo; l'ho conosciuta in tutti i suoi più subdoli lati, l'ho accarezzata, l'ho guardata negli occhi quando si palesa dinnanzi a me prima di una crisi, ne ho sentito la sua voce nelle mie urla disperate, ne ho sentito la forza nei pugni dati alla mia testa, ho visto il suo lato più bastardo nelle sigarette spente sulle braccia pur di non sentire il dolore che dall'interno squarcia i tessuti.

L'ho conosciuta ma non mi sono mai arresa, non ho mai lasciato che fosse lei ad avere il controllo totale.

Mai.

È una fatica costante ma con il tempo ho imparato che, quando è il suo momento è come un temporale ad agosto, è forte, spaventa, può spazzare via tutto, ma poi passa.

Passa.

Passa?

Avevo premesso che non mi sarei azzardata a cercare inutilmente di dare una definizione al DBP. Lascio il compito ai bravi medici (non tutti sono bravi e poi capirete perché), di spiegare che tipo di malattia è questa. Internet, ad esempio si spreca con paroloni, esempi, spiegazioni a prova di scemo e molto di più. Se cercate DBP su Google vi si apriranno migliaia di risultati in una frazione di secondo. Per non parlare delle immagini: un mix tra l'esorcista e la desolazione di Smaug. Gente che si tiene la testa tra le mani, che si guarda allo specchio e vede un mostro al posto suo, ragazze con ghigni spaventosi nella prima immagine e disperate subito dopo. Chi più ne ha più ne metta insomma. Come diceva quel cantante: la gente sorride coi tagli sui polsi.

La prima volta che lo feci io, -guardare su internet intendo-, pensai: "è fatta, adesso capisco cos'è, perché ne sono affetta e come si cura, olè!" Ma la realtà purtroppo è ben diversa; ogni singolo sito web espone sintomi, probabili cure, diagnosi, quasi inconsapevoli del potere unico di questa patologia.

Poi c'è Instagram e tutti quei gruppi di persone che si danno nomi patetici come "Sos Borderline, emergenza DBP eccetera" che raccolgono testimonianze sterili e senza senso non dando spazio né valore al vissuto di ciascun malato.

Sia chiaro a tutti: Il Disturbo Borderline di Personalità ha una caratteristica che nessun'altra patologia ha: cambia a seconda di chi ce l'ha e questa è un enorme, ingiusta e abissale fregatura.

Si adatta, muta, lo potremmo definire ad personam, taylor made. Farebbe persino sorridere se non fosse che è la cosa che più si avvicina al demonio che io abbia mai visto.

Un'altra categoria che sconsiglio vivamente dopo internet e i social sono quelle persone che scrivono libri sul DBP (ops, è proprio quello che sto facendo io!), magari non tutti, ma il 99,9% ne parlano in modo confusionario e disordinato. Si limitano a mettere nero su bianco pensieri sfocati e privi di ogni qualsivoglia materia di riflessione. Esistono anche libri come "Una vita degna di essere vissuta" di Marsha Lineham che sono perle rare per chi come me è affetta da DBP o per chi semplicemente ha necessita e voglia di capire.

Io vi racconterò, nella maniera più sincera e meno romanzata possibile, la mia esperienza e per rendere il tutto più vivido e comprensibile, scriverò soprattutto nei giorni no perché proprio in quelle giornate riuscirò a descrivere le sensazioni che provo e che ho provato cercando di farle entrare sotto la vostra pelle.

Alcune cose posso raccontarle solo io perché vi assicuro che le persone che fortunatamente non hanno questa patologia certe cose non le possono nemmeno immaginare. Beati loro, dico davvero.

In breve, se dovessi riassumere cosa comporta essere affetti da DBP, vi darei la mia visione facendo un esempio che riguarda il vissuto della cosa più cara che ho: mio marito Cristian.

Tanti anni fa prestava lavoro come operaio specializzato presso un'acciaieria. Il giorno della Vigilia di Natale del 2006, qualche minuto prima delle otto, un contenitore di scoria di acciaio alla temperatura di millesettecento gradi esplose riversandosi addosso agli operai che vi erano attorno. Tre fortunati, (Cristian compreso), riportarono poche ustioni profonde e una prognosi di un paio di mesi, oltre che uno spavento che basta per tutta la vita, uno invece, un ragazzo di ventotto anni di nome William venne colpito in pieno dalla scoria.

Era una torcia umana.

Non posso nemmeno immaginare il dolore, l'orrore che provò quel ragazzo dal momento che rimase cosciente per circa un'ora prima che i medici lo sedassero. In ospedale venne messo in una camera sterile e sul suo corpo non si poteva poggiare nemmeno un lenzuolo. La scoria aveva bruciato la pelle ed era penetrata fino ai nervi, esponendoli.

Adesso, per ricollegarci al DBP, immaginate cosa sarebbe successo se qualcuno avesse toccato il corpo del povero William. Se qualcuno avesse toccato i suoi nervi, i suoi muscoli, la sua carne sanguinante. Immaginate il dolore straziante che avrebbe provato. Ecco, il cervello delle persone affette da DBP è come il corpo di William, solo che il dolore non lo sentiamo se ci toccate fisicamente, ma se le fate con le parole o con gli sguardi; lo stesso danno lo fanno le emozioni.

Le emozioni; quelle cose incredibili che di solito ci si scrivono le canzoni, quelle cose che riempiono la bocca di tutti mettendo in piedi discorsi profondi e ultraterreni, sì proprio loro, per una persona come me invece sono armi pronte a lacerarmi tutta. Le emozioni, le smorfie, una parola di troppo o una non detta, una lite al lavoro, una discussione in casa: tutto lede a chi è affetto da questa malattia.

Accade infatti che tutto ciò che le persone sane vedono come normale, spesso e volentieri io le vedo come una tragedia e la cosa più frustrante è che gli "altri" sono solo spettatori spesso giudicanti perché il loro cervello, non capisce, è impossibilitato alla comprensione. Io, d'altra parte, non ricevo nessun segnale fino a che non è troppo tardi, fino a quando quella emozione si trasforma in una crisi che si trasforma in altro che poi vedremo e mentre gli "altri", cercano di ragionare, cercano di trovare una soluzione pratica, fanno calcoli, scrivono opzioni, fanno esempi pratici, mentre sono impegnati in tutto questo, non capiscono che nel frattempo il cervello di chi gli sta di fronte è già partito senza lasciare nemmeno un biglietto.

Ma è e sarà sempre naturale per gli "altri" ricorrere a migliaia di opzioni, ad un ventaglio di soluzioni e a porsi la fatidica domanda: "Per quale diavolo di motivo TU borderline non vedi tutto questo?".

Poveri illusi. Vorrei dirvi tante cose ma vi lascio con questo: voi vedete un ventaglio di colori e sfumature, mentre chi è affetto da DBP ne vede soltanto due. Indovinate quali: il bianco e il nero.

Buona lettura!

COME STAI_La mia storiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora