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L'appartamento dei due amici non era grandissimo. Da fuori, oltretutto, sembrava ancora più piccolo, data la sua nascosta locazione. Di fatti, prendeva posto tra le villette di gente decisamente benestante, cosa che non si poteva dire né della ragazza né dell'amico, entrambi camerieri. Dalla strada si riusciva giusto a scorgere la porta di legno di noce occupata da una variopinta vetrata di cattivo gusto, e un vaso dal diametro di una palla da basket, che ospitava una verdeggiante pianta di limoni. Aveva un bell'aspetto, sicuramente, peccato che in tutti quegli anni, Tom e Athena non avessero mai visto l'ombra di un frutto.

Svogliatamente, Athena fece girare la chiave nella serratura sgangherata, e una volta aperta la porta, pose nuovamente il mazzo al suo posto. Entrò in casa strascicando i piedi, senza nessuna voglia di muoversi, e si addentrò nello stretto corridoio dalla oscena tappezzeria a righe color pastello.

«Tom?» chiamò, neanche troppo forte, consapevole dell'udito sopraffino dell'amico. Aveva l'orecchio da musicista, Tom. Percepiva cose che altri non avrebbero notato nemmeno stando attenti.

«Athe!» urlò il moro dal piano superiore. «Sono in camera mia!»

La ragazza sorrise nel sentire l'amico così allegro e salì le scale, di fronte alla porta d'entrata, superando la piccola cucina dai mobili bianchi e rigorosamente plastificati, e il salotto luminoso: l'unico spazio della casa veramente decente.

Il piano superiore era piccolo tanto quanto quello inferiore, e ospitava giusto una stanza in più. C'erano due camere da letto e un bagno comune, che più che un bagno pareva un buco: una doccia, il water, un lavandino con lo specchio: tutto qui.

Superò la sua camera sulla destra e il bagno a sinistra, e si diresse a quella di Tom: la più grande, in fondo al corridoio. Non c'era un motivo preciso per cui al moro fosse toccata la stanza più grande. Era successo e basta.

«Tom? Posso entrare?» domandò la ragazza prima di aprire la porta. Di solito non domandava all'amico il permesso, ma dato che era tornata in anticipo, non poteva sapere che cosa avrebbe trovato.

«E me lo chiedi?!» ribatté il ragazzo dall'altra parte.

Athena sorrise ed entrò nella stanza.

Le tapparelle erano completamente abbassate, e la camera era appena rischiarata da una abat-jour sul comodino di fianco al letto a una piazza e mezzo. E lui era lì, proprio accanto ad esso, davanti a due camicie praticamente identiche, indeciso sul da farsi.

«Ehi, ben tornata!» la salutò con un sorriso, portando la sua attenzione sulla ragazza. Le lunghe treccine gli sfiorarono dolcemente le spalle nude.

«Sati uscendo?» chiese Athena, inarcando un sopracciglio e osservando il muscoloso petto di Tom, lasciato scoperto.

«Non pensavo tornassi così presto» si difese il ragazzo. «Di solito quando sei da Adam ritardi sempre di una mezz'ora buona»

La ragazza sorrise e si avvicinò all'amico. «Beh, d'ora in poi non ritarderò più»

Tom la guardò scettico e la baciò su una guancia, come era solito fare quando rivedeva l'amica.

«Certo, Athe. E io ti credo» ribatté ironico.

La ragazza sospirò e si lasciò cadere di traverso sul letto del moro, suscitando un gridolino disperato dalla bocca di questi.

«Athe! I vestiti!»

«Li stiro io, per cui ho il sacrosanto diritto di stare qui sopra» si difese svogliatamente la ragazza.

«Ma io li devo indossare dopo!» protestò il moro, ma lei non gli diede ascolto e prese il secondo cuscino presente sul letto, stringendoselo al petto.

𝘌 𝘴𝘦 𝘷𝘰𝘭𝘦𝘴𝘴𝘪 𝘶𝘯 𝘣𝘢𝘤𝘪𝘰? -Tom Kaulitz-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora