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Era una giornata uggiosa: niente cielo e niente sole. L'inverno stava finendo, ma il freddo si faceva ancora sentire pungente.

Athena si sfregò le mani ghiacciate, tentando di riscaldarle un po'. Tom era sempre in ritardo.

Aspettava ormai da un quarto d'ora e di quello sciagurato nemmeno l'ombra. E dire che gli aveva raccomandato di essere lì dieci minuti prima del reale orario! Non si smentiva mai quel ragazzo.

La mora alzò lo sguardo e lo puntò in quel mare di niente che la sovrastava.

A volte si chiedeva come si dovesse stare là sopra.

Si chiedeva se sua madre la guardava, anche. Il meno spesso possibile, comunque; perché sapeva che no, non esisteva il paradiso, e quindi Laila non poteva farne parte.

E allora preferiva pensare che non esistesse proprio niente: così salvava sua madre anche dall'inferno.

Qualche giorno prima vi aveva pensato seriamente: andare alla tomba di sua madre sarebbe dovuta essere una routine.

In realtà, dal funerale, non aveva più messo piede in cimitero.

Per quel che ne sapeva, nessuno andava a portare mazzi di fiori sulla tomba di Laila.

Suo padre nemmeno voleva vederla quella pietra bianca. E, in effetti, che senso avrebbe avuto portare dei fiori a un'incisione su una lapide? Che senso aveva preoccuparsi di rendere un po' meno abbandonato un luogo dove, checché se ne dicesse, non vi stava più nessuno?

Laila non c'era più.

Se ancora il suo corpo stava in quella cassa, probabilmente, era divenuto irriconoscibile e pallido come la neve.

Laila, nei ricordi di Athena, aveva le guance sempre rosa.

Era bella, sua madre. Sorrideva sempre, davanti a tutto: l'aveva odiata per questo.

In quel preciso istante, invece, per quanto si sforzasse, l'unica cosa che provava era una stretta dolorosa al cuore: le mancava, non poteva farci nulla. Le mancava proprio quel sorriso che le rivolgeva sempre; anche quando tutto andava a rotoli. Illuminava il mondo.

Athena era convinta che sua madre fosse scomparsa e basta. Che non fosse né nella bara sottoterra, né tra le nuvole. Preferiva credere che semplicemente si fosse dispersa con il vento. Che esistesse ancora solo sottoforma di ricordo: quello che custodiva nel cuore.

Dove Laila sorrideva.

Che quando a quattro anni le domandava "Mamma, perché non ho un fratellino?" le rispondeva con un bacio sulla fronte e sussurrava "Perché tu sei l'unica bambina che voglio".

Solo molti anni dopo avrebbe capito cosa intendesse davvero con quelle parole, ma mentre ancora fissava quel cielo si rendeva conto che non aveva più una famiglia. Che non aveva niente.

Un pugno di ricordi, forse. A volte nemmeno quelli.

Avrebbe accettato qualsiasi cosa: anche un padre ubriaco che non ti guarda nemmeno in faccia.

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C'era qualcosa di strano. Tom era strano.

Era strano ogni secondo che passava con lei: mentre si parlavano e si mordeva nervosamente un labbro, e quando le baciava la guancia per salutarla.

Era strano da quella mattina sul divano di cinque giorni prima.

Sembrava nascondere qualcosa. E se da una parte Athena smaniava per sapere che cosa, dall'altra aveva come l'impressione che sarebbe stato meglio non esserne affatto a conoscenza.

𝘌 𝘴𝘦 𝘷𝘰𝘭𝘦𝘴𝘴𝘪 𝘶𝘯 𝘣𝘢𝘤𝘪𝘰? -Tom Kaulitz-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora