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Il giorno seguente, decise di presentarsi da Athena. Non gli importava cosa gli avrebbe detto, se lei lo avrebbe cacciato, confessandogli di essersi dimenticata di lui così in fretta e di essersi messa col bell'imbusto biondo che vedeva aggirarsi attorno a lei come un avvoltoio.

Dopo tutto quello che era successo se ne fregava bellamente.

Era decisamente l'ora di muovere il culo.

Aveva aspettato troppo, standosene in silenzio a guardarla per quasi un mese. Guardarla non sarebbe bastato a portargliela indietro.

Non reggeva più nemmeno la scusa 'Forse è felice senza di me', perché... Beh. Perché la conosceva. Sapeva riconoscere un sorriso tirato da uno sincero.

E sapeva di essere il cretino che l'aveva obbligata ad andarsene.

Quella mattina uscì di casa che non erano ancora le otto. Percorse i venti metri che l'avevano separato da casa Richter fino a quel momento e si bloccò davanti alla porta, col cuore a mille.

Rimase lì davanti, immobile, per la bellezza di dieci minuti buoni.

In effetti, se qualcuno gliel'avesse chiesto, non sarebbe mai riuscito a ricostruire cosa pensò, durante quel tempo; quel che è certo, è che quando - finalmente - suonò il campanello, dall'interno della casa nessuno rispose.

Suonò almeno cinque o sei volte - anche piuttosto violentemente - prima di arrendersi.

Athena era uscita senza che lui se ne accorgesse.

Non pranzò nemmeno, quando fu mezzogiorno. Rimase tutto il tempo davanti alla finestra, ad aspettare di vedere Athena tornare da qualunque posto fosse.

Probabilmente furono le ore più frustranti di tutta la sua vita.

Dio, voleva vederla e abbracciarla e baciarla e dirle... qualsiasi cosa.

Se solo ci pensava sentiva tutto il suo corpo andare in fibrillazione.

«Kratzi...» piagnucolò.

Il gatto alzò la testolina dal divano e lo guardò storto. Il suo padrone era tutto scemo.

«Non torna...» sussurrò sconfortato il ragazzo, seduto su una sedia, con gli occhi incollati fuori dalla finestra.

Kratzer saltò giù dal divano e raggiunse il padrone, che lo afferrò e lo poggiò sulle gambe.

«È la prima volta che esce per così tanto tempo... Non è che è successo qualcosa?»

Il Bobtail gli leccò la mano che lo stava accarezzando e Tom sorrise.

«Non ho una bella sensazione» ammise.

Proprio in quel momento, un taxi si fermò di fronte casa Richter, e il ragazzo si mise in piedi, tenendo in braccio Kratzer.

Vide Athena uscire dalla macchina, lentamente, con un mezzo - falso, falsissimo - sorriso; salutò il conducente con un blando cenno della mano, e il taxi ripartì.

Tom strinse più forte a sé il gatto, che rispose con un leggerissimo miagolio, anche lui concentrato sulla figura fuori dalla finestra.

Athena rimase immobile sul vialetto, con la mano con cui aveva salutato, sospesa, per due, forse tre minuti. Poi l'abbassò e il suo sorriso morì inesorabilmente.

Il cuore di Tom prese a battere più forte. Che diamine era successo?

La ragazza rientrò a casa come un automa, e il moro si spostò, andando verso la finestra che gli permetteva di vedere il salotto. La seguì con lo sguardo per tutto il tempo, e non seppe spiegare perché ci impiegò così tanto a decidere di uscire di lì e andare da lei. Forse volle semplicemente rispettare il suo bisogno di sfogarsi da sola.

𝘌 𝘴𝘦 𝘷𝘰𝘭𝘦𝘴𝘴𝘪 𝘶𝘯 𝘣𝘢𝘤𝘪𝘰? -Tom Kaulitz-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora