- Rosso -

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Andrea's POV

Oggi è una giornata neutra, sia nei colori che nel susseguirsi degli accaduti. Il bianco leggermente sporco da apparire grigio, copre tutto il cielo, che preferisco vedere quando è acceso del suo celeste puro e limpido, anche perché dà un minimo di tonalità a questa città morta. In più, se organizzo sempre le stesse cose da fare non mi impegno minimamente a dipingere il mio tempo. È come se fossi un pittore privo di ispirazione, che non usa nemmeno i colori primari per vivacizzare la tela, uso solo bianco e nero. Eppure questa tela prima era sempre così colma di tonalità diverse, per lo più pennellate calde e precise, gradazioni dal giallo, all'arancio, al rosso, e altri derivati. Ma quello a spiccare di più tra tutti è sempre stato il rosso: Agostino e la mia famiglia. Agostino è il colore primario della mia vita, ed è come se fosse un fratello, sin da quando eravamo neonati. Lui è il colore che colma la maggior parte della mia tela, così come mia mamma, mia sorella Martina e mio fratello Luca. Quando ho conosciuto Alessandro il mio lavoro scarlatto si è mischiato con l'arancio, lo stesso che si vede sulla buccia dei mandarini. All'asilo già eravamo tutti molto legati, eravamo il trio che tutti temevano, la tripla A, ed è stato così fino alla fine delle medie. Poi l'elaborato si è macchiato di giallo, che rappresenta l'entrata di altri componenti del nostro gruppo, che oramai esiste da quattro o cinque anni, non saprei, ho perso il conto. Soggetti diversi, ma componenti di un gruppo puro e sempre leale l'uno con l'altro, schietto, sincero, vero. Tra le varie sfumature del giallo c'è anche (T/N), che si è unita lo scorso anno quando si è fidanzata con Alessandro, e da quando è entrata la trattiamo come se fosse la figlia di tutti noi. La colorazione della mia opera, così allegra anche nella sua miseria, mi rimarrà per sempre impressa. Beh, è chiaro che rimanga impressa, posso vederla, è davanti a me, la sto tingendo io.
Invece no. Non è più così. Come tutti gli affreschi, se non ci si passa uno strato di fissante, i colori si spengono man mano che il tempo passa. Il mio tempo però è stato crudele. Di tutta quella fatica nel dipingere il mio elaborato, è rimasto solo un colore con qualche piccola pennellata gialla, ma poco percettibile. Il resto è bianco, il resto è nero, il resto è grigio. Come questo cielo invernale. Ma Agostino è l'unica nota di colore che è rimasta.

Infatti siamo qui, io e lui, seduti sopra ad un tavolo di legno coperto di scritte, isolato in un grande parco giochi, anche se di questi ultimi ne sono rimasti solo il girello e un'altalena su due, l'altra ha le catene spezzate. Stiamo aspettando gli altri ragazzi, e nel frattempo io e il mio migliore amico più prezioso, rolliamo una serie di canne, in modo da averne parecchie di scorta nella mattinata. Chiacchieriamo intanto, di una stronzata e di un'altra, il tempo scorre rapidamente, e fanno arrivo tutti gli altri, che hanno portato anche da bere. In pochi minuti ci troviamo tra le mani due birre ciascuno, e due canne tra le labbra, scattiamo anche diverse foto per ricordo, e nell'aria rimbomba l'eco dei nostri schiamazzi e delle nostre voci divertite dalle sostanze assunte.
"Figa, ubriachi alle undici di mattina, fate schifo!!", rido a crepapelle dicendo ciò, e Agostino vomita affianco al tavolo, alimentando solo le risate di tutti noi. Sembra di essere in uno di quei pub inglesi, dove la sera si fa baldoria fino a che la gente se ne va, oppure si addormenta sui tavoli per la sbronza. La differenza è che ora è mattina, e siamo in un parco, dove se passa la polizia siamo fottuti, ma questa è la nostra routine.

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Il tempo vola, così come le nostre birre e la nostra erba, e ci ritroviamo così sotto il cielo coperto mezz'ora prima delle due circa, mentre qualche gocciolina ci rinfresca il viso nel gelo di Novembre. Come rifugio optiamo per le nostre auto, molto probabilmente pioverà, e rechiamo le nostre macchine in un parcheggio circondato da palazzi non molto distanti dal parco, e parliamo in modo esilarante con i finestrini abbassati per comunicare tutti assieme. Di far casino non ci importa, anche perché questi palazzi non sono più abitati da anni oramai.
"Comunque se Andre' ora ci caccia un freestyle, secondo me, possiamo dire che finalmente cappa.", scherza uno dei ragazzi del gruppo.
"Ma vaffanculo! Oh Ago', caccia 'sto beat!", lo sfido io mentre rido con gli occhi un po' a mandorla per via delle troppe canne.
"Va' che invece per me spacca il culo a tutti il doppio di quando è sobrio!", ride Agostino, anche se un po' forzatamente dato che prima si è sentito male.
Poi aggiunge: "Bro', sei sicuro? Fai fatica a stare in piedi!", e ride ancora tenendosi lo stomaco.
Farfuglio un po': "Tua sorella non si regge in piedi! Sei tu quello scoppiato adesso, anzi se mi sbocchi in macchina ti inculo! Dai fallo partire!", continuo a scherzare, e gli altri si sbellicano.
"Dopo Amore.", mi fa l'occhiolino e mi manda un bacio con la mano ridendo, e lui alimenta la mia risata.
"Dai, coglione, muoviti!"
Un po' in difficoltà nei ragionamenti, Agostino prende il telefono, lo collega alla cassa della macchina e cerca delle registrazioni di qualche vecchio beat. Appena parte il pezzo tutti si ammutoliscono, e tutti gli occhi cadono su di me, raccolgo l'attenzione di tutti i miei amici, che già conoscono il mio talento.

~ 𝑆𝑐𝑎𝑟𝑝𝑒 𝑅𝑜𝑠𝑠𝑒 ~ 𝑆ℎ𝑖𝑣𝑎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora