- Filo Rosso -

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Alessandro's POV

Non mi ricordo cos'è successo quel giorno. Ma non mi fido. È passato un anno, non mi fido più di nessuno, nemmeno di (T/N). Nella vita ho imparato una cosa fondamentalmente: che sono tutti degli infami, doppie facce di merda. E i primi che lo sono stanno proprio di fianco a te. Quindi sì, Andrea è sempre stato un infame, (T/N) spesso si atteggia da puttana nonostante sappia che mi fa incazzare, e l'unica che mi voleva davvero bene era mia madre.
Se (T/N) non fosse così stupida, non mostrerebbe agli altri com'è lei davvero. Solo io posso vedere la vera lei. Non è di dominio pubblico, (T/N) è la mia ragazza e lei non ha mai capito che è mia. Deve essere solo ed esclusivamente mia.
E poi so che mi ha mentito quel giorno, ma non verrò mai a sapere la verità. Quindi non mi fido. Ogni motivazione è buona per farle male, qualsiasi cosa lei faccia mi fa incazzare, e purtroppo non è una cosa che posso controllare. È colpa sua. Lei sa che io soffro di questi attacchi di rabbia incolmabili, e comunque continua a fare in modo che questi si manifestino. Principalmente uso le cattive maniere, perché sono incazzato con lei, e lo sarò finché non mi dirà la verità. Che chissà quale può essere?
Ogni livido per lei è il ricordo di me. Non vorrei che fosse così, ma mi sento proprio costretto in determinate situazioni.
Vorrei che si ricordasse di me in un altro modo, ma questa mia parte ingestibile non lo permette. Ogni taglio, ogni cicatrice, ogni goccia di sangue, sono tutti ricordi che lei avrà per sempre di me. Ma è lei che deve capire di smetterla. Perché non si fa due domande sul motivo per cui io la continui a ferirla? È troppo scema per capire. E mi arrenderò al fatto che non lo intenderà mai.
Meno esce di casa, meglio è, già sono dell'idea che debba smettere di andare a scuola. La sua classe è piena di maschi, e non hanno una buonissima reputazione. Io voglio solo proteggerla e se stesse a casa sicuramente nessuno le potrà fare del male.
E poi lei si dimentica di essere bellissima. Tutti le vanno dietro. E se lei mi volesse tradire? Avrebbe un mare di scelte attorno a lei, non voglio che finisca nelle mani di qualcun altro.
È dimagrita da quando ho iniziato a trattarla così, e sta molto meglio a parer mio, prima era a un passo dal sovrappeso.
Ho buttato le sue scarpe di merda, tanto non le metterà mai. Dove dovrebbe andare? E poi sono un ricordo di Andrea, che per fortuna è sparito in questo periodo. Il motivo? Non lo conosco. Ma qualunque esso sia, mi va bene così.
Quando la picchio piange, e mi dispiace, perché è una cosa che non riesco a gestire. Se mi fa incazzare è ovvio che io reagisca in questo modo. Non vorrei, però forse alla fine è meglio così. Almeno capisce come devono andare le cose. Piange per ore e ore. A volte grida 'aiuto', in ginocchio, davanti alla finestra. Mi fa così tanta pena quando succede. Vorrei solo che capisse come mi sento.
Andrea alla fine, che doveva essere il suo migliore amico, quando lei urla, non si fa nemmeno vivo. È troppo preso dalla fama. Con le sue canzoncine di merda pensa di arrivare a qualcosa. Che cretino. Ne ho sentita una in radio la scorsa volta, ma manco mi ricordo come fa, talmente faceva cagare. Fa le canzoncine d'amore, da piagnucolone, sperando che 'sta qua torni. Ma vaffanculo, chi vuoi che ti caghi? Coglione quale sei, qualsiasi sia la tipa che volevi riprenderti, rimarrai solo per sempre, mentre io nella vita starò con (T/N), per sempre.

(T/N)'s POV

Oggi è un giorno come tutti gli altri: sveglia, Alessandro mi mette i vestiti sul letto, niente colazione, trucco sopra lividi, accessori che mi coprano qualche taglio da me non procurato, zaino in spalla che mi duole sulle ferite, mi faccio accompagnare in macchina fino all'entrata dell'istituto, e saluto, purtroppo, il mio lui.
Mi bacia sulle labbra, un bacio infimo e amaro come quello di tutti i giorni, e un 'buona giornata', detto senza nemmeno guardarmi negli occhi, con riluttanza quasi. Se ne va, con il suo veicolo, mentre io, guardando il suolo, cammino verso la mia classe.

Le mie compagne mi salutano, come ogni giorno, e cercano di parlarmi, ma io rimango fredda e ghiacciata, perché Alessandro non vuole che io parli con nessuno, tranne che con i professori. Una voce familiare mi risuona nelle orecchie.
"(T/N)!"
Mi giro, interrogandomi su chi possa essere questa persona, e vedo Karim, il mio amico che non ho più visto per tanto tempo.
"Ciao.", rimango sulle mie.
"Ascolta: È da un po' che non parliamo, volevo solo-", lo interrompo, e non mi preoccupo nemmeno di farlo finire.
"Non mi hai più scritto. Non mi interessa di parlare con te.", faccio per ritornare sul mio percorso, ma mi ferma di nuovo:
"Tu non uscivi più con noi, ogni volta ci dicevi di no. Però sappiamo che non stai bene. Si vede, lo vedono tutti. Noi siamo qui."
"Potete anche andarvene allora. Non voglio nessuno.", ancora una volta faccio per andarmene, ma vengo costretta a fermarmi nuovamente per una frase che mi ferisce come tutte le volte che le persone notano qualcosa di me, qualcosa che in realtà non mi appartiene.
"Hai lo zigomo sinistro gonfio."
Mi giro verso Karim senza dire nulla, e lui smette di parlare. Ci guardiamo un secondo negli occhi, e poi mi rigiro di scatto per scappare via da lui, e filarmene in classe.
È molto cambiato dallo scorso anno. Non è più un ragazzino, è cresciuto. 'Noi siamo qui', ripenso alle sue parole. Ma 'noi', chi? Non c'è nessuno con me. C'è solo Alessandro. Sono da sola con lui. E l'unica persona che vorrei che ci fosse, non c'è.

~ 𝑆𝑐𝑎𝑟𝑝𝑒 𝑅𝑜𝑠𝑠𝑒 ~ 𝑆ℎ𝑖𝑣𝑎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora