Alessandro's POV.
Sbuffo. Giornata dura a lavoro oggi. In realtà tutti i giorni sono tosti qui, ma questa è proprio una giornata pesante, una di quelle in cui devi correre da una parte all'altra in breve tempo perché ci sono talmente tante cose da fare che nel turno che si deve ricoprire è impossibile gestire tutto con calma. Sono un muratore, ed è da due mesi che lavoro in questo cantiere, e ogni volta che mi trovo qui sembra che i lavori per finire tutto il progetto siano interminabili. Sono sei anni che faccio questo mestiere, precisamente da quando ho lasciato la scuola in terza media, e mio padre mi ha detto di lavorare nella sua agenzia dal momento che ho rinunciato a studiare, poi mio padre è venuto a mancare dopo due anni che mi aveva assunto, e io non potevo ancora ereditare tutto ciò che possedeva, poiché minorenne. Quindi ha cominciato a gestire l'agenzia un suo caro amico, e allora sì che è diventato complicato. Manca il personale, da quando c'è lui al comando si sono licenziati un sacco di componenti. Siamo lenti, siamo pochi, non riusciamo a organizzare con autorevolezza il tutto. Io ora ho vent'anni, vorrei prendere il posto di questo sfruttatore, ma non mi riesce, ha troppo potere ormai. E quando l'architetto ci ha presentato il progetto ci siamo sentiti tutti così piccoli e impotenti di fronte al maestoso edificio da tirar sù al quale adesso stiamo lavorando.
È la stessa sensazione che ho provato prima di mettermi con (T/N). All'inizio lei mi sembrava troppo per me, la definivo letteralmente spaziale, e io mi valutavo come microbo. Ma lei mi ha voluto. È un po' rozzo da dire, ma desidero che la nostra relazione sia un po' come il cemento. Inizialmente il cemento è una soluzione, è una malta, un miscuglio denso, ma non compatto. È ancora da modellare, deve prendere una forma, la forma di un calco nel quale lo versi. E poi una volta inserito si solidifica, diventa un muro. Quindi penso che in un anno di relazione con (T/N) il nostro blocco di cemento non sia ancora abbastanza solido, anzi la malta è appena stata versata. Vorrei che diventasse consolidato, vorrei che si irrobustisse fino alla fine.
Ora sono qui, a lavorare, non fa così freddo, ma il tempo non è dei migliori e se cominciasse a piovere potrei irritarmi. Anche perché in questo momento sto avendo difficoltà con il martello pneumatico. Ogni volta che lo uso sento anche i polmoni che a momenti escono dalla gabbia toracica. I miei colleghi sono tutti impegnati in qualche altro ruolo, però è sicuramente meglio di questa merda. Sono talmente impegnato a osservare il punto su cui sto lavorando che non percepisco nemmeno con la coda dell'occhio chi mi passi affianco, figuriamoci sentirlo, con questo casino è improbabile al cento per cento che io mi accorga della presenza di qualcuno nelle mie circostanze. A interrompermi dal mio impegno è il mio capo, l'amico del mio defunto padre, che mi tocca la spalla con l'intero palmo della mano. Spengo il martello pneumatico, levo le cuffie che mi permettono di alleviare il rumore ridondante e frastornante dell'arnese, e mi giro verso il mio capo, che non appena ha la mia attenzione mi dà una squallida notizia.
"Alessandro, ascolta, ci sono delle complicazioni. La data di scadenza del nostro lavoro si è avvicinata, siamo pochi, quindi sono costretto a chiederti di rimanere a giornata piena oggi."
Che palle.
"Sì, non c'è problema. Però devo avvisare la mia ragazza, sarei dovuto andare a prenderla da scuola, posso?"
"Fa' pure. Dopo la chiamata dai il cambio a Mauro che viene al posto tuo qua, te vai a posizionare i mattoni per i muri."Annuisco, tolgo tutto l'equipaggiamento che avevo indosso per fare ciò che dovevo, e prendo il cellulare per cercare il contatto di (T/N). Tecnicamente dovrebbe essere appena uscita da scuola, sono le due. Risponde.
"Sì?", chiede solare.
"Guarda Amore, scusa ma non riesco a passare a prenderti oggi, mi hanno chiesto di rimanere di più a lavoro.", utilizzo una voce dispiaciuta, alla fine non ho fatto apposta, e lei ha solo me per tornare a casa di sua madre, ed è anche lontana.
"Ah. Oddio. Non ho un passaggio allora, le chiavi di casa tua nemmeno le ho."
"Eh amore, non so cosa dirti. Mi dispiace.", questo è tutto ciò che riesco a dirle. Dall'altro capo della linea vige silenzio per qualche istante, poi (T/N) mi domanda disinvolta.
"Posso chiedere un passaggio a casa di mia madre ad Andrea? Sempre se può."
Andrea. Cazzo, ero felice di averlo dimenticato in questi due giorni, e invece eccolo qua che rompe i coglioni anche senza stare davanti a me. Non le rispondo, butto giù la chiamata.
Ma lei pensa di fare la simpatica? Crede che questi giochetti di gelosia siano divertenti? Vuole che io la passi a prendere per forza! Chiaro! Lei tanto non ha un cazzo da fare, e dato che sa che mi dà fastidio ci mette in mezzo pure il nome di quel deficiente! So che è stupida, ma non pensavo così scema! Vuole che la passi a prendere? Okay! Va bene! Se vuole la dimostrazione di amore, dove io lascio perdere il mio lavoro per la mia ragazza la accontento!
STAI LEGGENDO
~ 𝑆𝑐𝑎𝑟𝑝𝑒 𝑅𝑜𝑠𝑠𝑒 ~ 𝑆ℎ𝑖𝑣𝑎
FanfictionATTENZIONE: questa storia tratta temi delicati: se ne sente parlare ogni giorno, di donne che vengono abusate, sfruttate, picchiate, minacciate, violentate e molto altro. Quindi questa storia serve alle ragazze che non sanno dire di no. Che non sann...