Lettera I

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Alla mia amata,

mi sovvengono le tue parole, o dolce Anemone, che sia il tuo dì lieto come il mio al tuo sbocciare. Abbi pietà del mio spirito. Perché continui a castigarmi? Quale atroce nequizia la mia. Fiamme infernali innalzano il mio corpo, dov'è la tua luce celeste? Dov'è il tuo sguardo d'angelo? Ricerco nelle labbra altrui quelle che Flora mi negò. Vorrei poter assaporare le tue. L'unica cosa che mi è concessa è lodare i tuoi petali. Sono così docili, bianchi, impauriti dal vento che li sta sfiorando. Tu, mia dolce ninfa, risiedi nell'oscurità dei monti e, come un cieco alla ricerca di fortuna, brami le apparenze, eppure, io, di te, voglio solo l'essenza. Ti osservo con magnanima arroganza, poiché questa tua beltà è destinata a me. Ti possiedo. Non posso negare questa mia follia, che ineluttabile sorte. Mi chiedo perché Zeus abbia permesso ciò. Siamo così distanti, ma anche così vicini. Ti promisi amore eterno e per tale ragione sfiderò l'alto volere. Non mi pento, perché per te mi farei poeta. Loro sono immortali, proprio come le loro muse. I mortali hanno questa strana cosa: lasciano che l'amore li consumi. Forse anch'io mi sto tramutando in una di quelle strane creature. Ho paura di lasciarti. Mi sono affezionato. Non riesco ad immaginare una vita senza sprofondare nei tuoi occhi. Flora ripete che il distacco sarà dolente e gridare pietà non servirà a niente. Provo la stessa sensazione della scorsa primavera. La mia mente potrà dimenticare, ma il mio corpo ricorda. Ho pianto lacrime, ho sfidato i cieli, ho distrutto ciò che restava del mio cuore e tutto questo per il tuo amore. Guardami adesso, dove sono arrivato? Dovrò andarmene lasciando appese le parole, gli sguardi, i sorrisi. Desidero donare un consiglio a quelle anime struggenti: un fuoco ardente può essere bello da lontano, ma fate attenzione quando vi avvicinate, potrebbe bruciarvi. Io con quel fuoco c'ho giocato ed ora? Sono morto. Il mio corpo è stato incenerito. Afrodite perché hai permesso ciò? Perché tu che tutto puoi e tutto vedi hai voluto che il mio cuore andasse allo sbando? Afrodite, Afrodite mia, perché mi hai abbandonato? Come posso andare avanti se ogni volta cerco la ninfa negli occhi di chi mi pare dannato? Come posso dimenticarti se vago nella speranza di parlarti ancora?

Non sono pazzo, ti amo. L'ho detto. Ho, finalmente, pronunciato quelle due sillabe. Il mio respiro si sta facendo irregolare. Ti amo e ho timore di farlo. Non è ironico? Solitamente dopo aver confessato i propri sentimenti si ci sente più leggeri, quasi come una piuma, eppure io sto annegando come un sasso. Il peso delle mie emozioni è più forte di qualunque ragione umana. La mente, la razionalità, non detta legge. Tutto va in fiamme. Vorrei, anzi, voglio racchiudere questo fuoco. Lo voglio tenere per me. Voglio bruciare con esso. Allora farò quel che mi riesce meglio, quel che so potrà placare la scintilla: soffiare. Zeus, perdonami perché ho peccato e che le Moire abbiano misericordia di me.

L'Inferno potrà ancora aspettare.

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