Lettera II

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Dolce donna,

sento la tua mancanza. Mi manca il nostro amore e i miei venti ne risentono. Gli umani si chiedono cosa abbiano fatto mai per meritarsi tali tempeste e gli Dei non si degnano di annullare il loro atroce destino. Forse è proprio vero, i mortali sono stati creati a nostra immagine e somiglianza: arroganti, pieni di sé, crudeli, invidiosi. Ho pregato innumerevoli volte Zeus di riportarti tra le mie braccia, ma si fece beffe di me minacciando di deturpare i tuoi petali. Non potevo dargliela vinta, dunque iniziai a cantare e ad urlare ai quattro venti il tuo nome. Borea accorse in mio aiuto. Ci definirono pazzi, ma l'unica follia a cui abbiamo mai creduto è stata il tuo amore.

Ogni essere ha il proprio tratto distintivo,

il mio era ammirarti.

Il tuo sorriso mi teneva a galla,

ciò nonostante i tuoi occhi mi hanno annegato.

Il tuo ricordo vaga per i volghi,

ma tu dove sei?

La notte aumenta il desiderio

e il mattino dissolve la luce.

Dimenticherò mai la tua anima?

E tu rammenti il mio cuore?

Si dice che il tempo guarisca tutte le ferite, ebbene è solo una sporca menzogna. Lo scorrere degli anni non fa altro che incrementare la crepa. Puoi provare a soffocare i sentimenti, ma torneranno e crollerai. Non è illusione, sono solo i ricordi. E' facile abbandonarsi a quest'ultimi, più arduo è lasciarli andare e io e Borea non l'abbiamo mai fatto. Non ci siamo mai arresi. Tu, mia cara, eri ciò per cui lottavamo. Abbiamo spezzato marinai, scogli e montagne pur di trovare il tuo fiore. Flora non è sciocca, sapeva bene che non si possono separare due amanti, ecco perché ha deciso di nasconderti persino dai nostri occhi. Un giorno sentii un uomo parlare di un fiore i cui petali erano velenosi. In tutto il campo ne riuscì a trovare solamente un esemplare. Era un fiore raro, o almeno così disse. Grazie a quel mortale capii di averti ritrovato. Avrei voluto portarti via con me, ma, si sa, gli uomini temono ciò che non conoscono e la loro ignoranza ti costò la vita. Proprio nell'attimo in cui la speranza si fece sentire, Borea pose inizio al tuo sfiorire. Scagliai i venti più impetuosi di cui ero in possesso e condannai la specie umana. Come hanno potuto lasciarti avvizzire? Come hanno potuto strappare i tuoi eterei petali? Come hanno potuto credere che tu fossi opera del male? Cosa c'è di demoniaco nella bellezza? Disperarmi non servirà a niente. Te ne sei andata.

Accetterò che questa sia la fine, ma tu potrai mai perdonarmi?

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