Capitolo 11 - Non di nuovo

463 14 13
                                    

Quello chi cazzo era?

S. ingrandì con due dita il video in cui era stato taggato Gabriele, pur nella luce soffusa della balconata e l'oscurità della ripresa era evidente che stesse baciando qualcuno. Erano avvinghiati e ci davano dentro. Quanto durava quel video? Quasi un minuto? Che persona era qualcuno che si riprendeva per un minuto mentre limonava in un bar? E lo postava su Instagram, pure.

C'erano anche delle foto, erano seduti e il tipo aveva la mano nascosta sotto al cappotto di Gabriele, lo baciava. In un'altra Gabriele sorrideva alla telecamera. Lo stomaco diede una stretta dolorosa, era lo stesso sorriso che rivolgeva a lui.

Il cellulare vibrò per l'arrivo di un messaggio: era Gabriele. Immagine. Lo stomaco si ridusse a una nocciolina. Gli aveva mandato una foto di lui che si baciava il tipo?

Aprì il messaggio: il membro eretto di Gabriele, la cerniera dei jeans neri aperta, una mano teneva su il maglioncino verde scuro e la camicia, la faccia era tagliata sopra le labbra. Era nel bagno del bar del video? Aveva anche il cappotto.

«Sto facendo il bravo»

S. girò lo schermo verso il basso e allungò la schiena e le braccia, posate sulla ringhiera. Fece scrocchiare i gomiti e si tirò su di nuovo.

«Sarà meglio. Chi è il tipo?»

Qualcuno si fermò accanto a lui e appoggiò gli avambracci sulla ringhiera. «Stai troppo al cellulare.» La voce profonda di Kay riusciva a rimescolargli le viscere pure con la musica sparata a palla di un remix di Evolution dei Korn.

«Però non sono più così vestito» S. si girò su un fianco, aveva eliminato i jeans e la giacca ed era rimasto solo con il corpetto stretto dalle cinghie, i guanti di pelle finta lunghi fino al gomito e senza dita e un paio di boxer neri attillati. E gli stivali.

«Mh...», Kay lo squadrò dalla testa ai piedi, «lo sei ancora troppo per i miei gusti.»

Il cellulare vibrò di nuovo. Gabriele: «Un mio amico. Sei geloso?»

Geloso? Sbuffò dal naso. Sì, di non essere lì con loro.

«Domani facciamo i conti»

«Devo sequestrarti il telefono.» Kay aveva il palmo rivolto verso l'alto, in attesa.

«Bella battuta», S. tornò sul messaggio, scorse fino alla foto di Gabriele e girò lo schermo verso il Master. «Che ne pensi?»

Gli occhi grigi di Kay erano piantati su di lui. Gelidi. La mano ancora a mezz'aria.

I battiti del cuore schizzarono e la pelle gli formicolò dalla nuca, lungo la schiena, fino al ventre, che si contrasse.

Avrebbe voluto obbedire.

Deglutì e tornò sullo schermo. Era nero e sul vetro si specchiavano le luci rosse e blu dei faretti. Era tutto un fremito. Che cazzo gli succedeva? Kay continuava a fissarlo.

Avrebbe voluto dirgli che non funzionava con lui, ma se avesse balbettato? Tanto valeva ammettere la sconfitta e farsi collarizzare, lì, subito.

Si mordicchiò l'interno di una guancia e sbloccò lo schermo. L'uccello di Gabriele lo salutò. Gli prudeva la nuca dove Kay lo fissava, smaniava dalla voglia di grattarsi. Mosse le spalle e la schiena, le cinghie strusciarono sulla pelle, ma non gli concessero alcun sollievo. Sbottò: «Hai finito?»

Kay afferrò il telefono e se lo infilò in tasca.

Il cuore gli si piantò in gola. Perché non lo aveva fermato? Nessuno poteva osare strappargli il telefono di...

Dom S. Non potrai farne a menoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora