28 - Dopo la confessione

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EBBENE SÌ, SIGNORE E SIGNORI! Ancora due giorni, solo DUE GIORNI e questa magnifica storia che state leggendo, potrete preordinarla su Amazon, non censurata e con tutte le correzioni! Una seconda stesura super curata che esalta meravigliosamente le vicende.
Resta confermata la data di pubblicazione, che resta confermata per il 29 febbraio, nella stessa giornata questa storia sparirà e resteranno solo pochi capitoli della versione gratuita.
Affrettatevi a leggerla!
Buona lettura.
Baci.
Noy

Samuel prese posto sul divano e incrociò le gambe. «Sono pronto a porgerti le mie scuse, avrei potuto reagire in altro modo.» Sospirò appena. «Anzi, dovuto.»

Le corde rosse stringevano con nodi contorti il corpo dell’avvocatuccio mettendo in risalto il tatuaggio sui pettorali, e, da come la pelle era tesa e arrossata, Samuel era certo che il ragazzo stesse soffrendo. Molto.

Le braccia non erano legate. Le corde si arrampicavano attorno al collo e finivano dietro la schiena, si intrecciavano sull’addome e sparivano oltre il bordo dei pantaloni.

«I miei occhi sono qui» Gabriele si puntò le dita a V verso il viso, un sorrisino compiaciuto e malizioso gli illuminava lo sguardo. «Curioso?» Le dita furbette seguirono il percorso della corda dalla clavicola fino al pube e lì si fermarono. «Che dici…»

Samuel avrebbe voluto gridare. Un urlo silenzioso gli riempiva la testa. Avrebbe voluto piangere, se fosse servito a qualcosa. Avrebbe voluto saltare e prendere a pugni le pareti. Arrampicarsi sul tetto e sfogare tutta la propria frustrazione contro il cielo. Abbassò la testa. A che serviva guardare? Per farsi ancora più male?

«No? Perché merita…» Gabriele sganciò il bottone dei pantaloni, il cuore perse un battito. Fece scorrere la cerniera verso il basso, il cuore raddoppiò i battiti. Gli sarebbe venuto un infarto. Gabriele aprì la patta, la corda rossa gli cingeva l’uccello, nascosto da un paio di slip neri, e gonfio, costretto com’era. O forse non era per la costrizione. Giusto, lui non aveva quei problemi.

Che si fosse eccitato per la sua confessione? O forse cercava solo di tirarlo su di morale.

Gabriele fece scivolare i pantaloni marroni del completo lungo le gambe e se ne liberò, subito seguiti dai calzini dello stesso colore. Anche le gambe erano avvolte dalla corda rossa.

Chi gli aveva fatto quel lavoretto era un esperto, meritava i suoi complimenti. Non che Samuel lo fosse, ma apprezzava. Gli piaceva scartare i regali. Ed era davvero ingiusto. Incrociò le braccia al petto e si voltò verso la televisione, dove un giornalista dall’aria grave muoveva la bocca, alle sue spalle scorreva un video di gente in corteo.

Gabriele si alzò in piedi e gli porse una mano. «Vieni con me.»

«Dove?»

«Voglio toglierti quel broncio dalla faccia» l’amico arretrò verso la camera da letto.

«Vuoi continuare a torturarmi, ma in una stanza diversa?»

«Dai, seguimi» Gabriele si voltò, non indossava gli slip, ma un sospensorio! E le sue belle chiappette sode erano cinte dalla corda, che, fortunella, gli passava in mezzo al culo e continuava sulla schiena in nodi complicati.

Lo voleva morto, era evidente. Samuel sciolse l’intreccio delle gambe e posò i piedi a terra. «Gabriele, per favore. So che tu credi di agire per il bene, spero, ma è pura crudeltà, come mettere un secchio d’acqua davanti a un assetato e impedirgli di abbeverarsi.»

Ma che parole gli venivano in mente? Era chiaro che il sangue, non più impegnato nelle regioni meridionali, era libero di irrorare parti del cervello fino a quel momento dimenticate.

Dom S. Non potrai farne a menoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora