Capotolo 31 - Dove si fa Kay e tutte lo aspettavamo!

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S. strattonò la catena del collare a strozzo che stringeva il collo di Kay e gli strappò un ansito soffocato. «Che suono delizioso, boi*.»
Kay era legato alla Croce di Sant'Andrea del suo dungeon, nudo, un'erezione potente gli mostrava quanto apprezzasse ciò che S. stava facendo.
«Dimmi», S. gli sfiorò la punta del membro con il polpastrello dell'indice, «come ci si sente a dover ammettere di essere inferiore?»
Il sottomesso rollò il bacino in avanti per incontrare ancora il dito di S., che lo allontanò.
«Oh, no, no, no, boi.» S. afferrò la catenella delle pinze ai capezzoli e la strattonò, un lamento acuto sfuggì dalle labbra del sub. «Rispondi alla domanda e forse potrei toccarti di nuovo.»
«Bene...» ansimò il boi.
«Bene, cosa?» S. tirò verso di sé la catena del collare, bloccandogli del tutto l'accesso all'aria e al passaggio del sangue. «Bene, cosa?» Sibilò.
«Dom! Dom!» Kay lanciò un grido strozzato e inarcò la schiena, il liquido di precum gocciolò sul pavimento.
S. rilasciò entrambe le catenelle e gli diede modo di riprendere fiato. «Ti fa sentire bene, essere inferiore? Dillo.»
Il boi boccheggiò, il grigio delle iridi era inghiottito dalla pupilla, i capelli erano appiccicati alla fronte e sulle spalle dal sudore, segni rossi delle unghiate e delle frustate gli ricoprivano il petto e le gambe. Era in uno stato pietoso. «Sì, dom, mi fa...», roteò gli occhi vero l'alto, «Oddio», gemette Kay, stringendo il gancio che gli teneva legati polsi, «oddio, dom, ti prego, non...»
Non rovinargli ancora l'orgasmo?  «Ti ho detto di continuare.»
Una lacrima colò da un angolo di un occhio di Kay e gli scivolò lungo la guancia, unendosi alle altre versate in precedenza. «Sono inferiore a te... adoro sentirmi così, dom... ti prego...»
S. leccò ancora la punta e la prese in bocca, ci stava a malapena. Chiuse gli occhi e si fece scorrere quella mostruosità fino in gola. Adorava come riuscisse a riempirlo a quel modo, era doloroso, ma nel modo migliore. Lo tirò fuori e gli leccò di nuovo la punta. «Mi preghi di fare cosa, boi? Pensi che mi interessi quello che pensi? Che vuoi?»
«No, no, ti chiedo perdono, dom», Kay singhiozzò e il membro ebbe un guizzo verso l'alto. Ma quanto gli piaceva essere umiliato?
S. si alzò in piedi e raggiunse il tavolino, ingombro di giocattoli: dildo di ogni forma, colore e dimensione; vibranti, semplici, doppi; frustini, catene, cock-cage, gag-ball. Allungò una mano verso un massaggiatore bianco formato grande e lo accese. «Vediamo quante volte ti farò piangere e invocare il mio nome?»
Il boi lasciò ciondolare la testa di lato, aveva lo sguardo sfocato. S. gli avvicinò il vibratore alle palle e lo fece sobbalzare all'indietro, con un piagnucolio debole. «Vuoi venire, boi?»
«Sì», singhiozzò l'inutile straccio, «per favore, dom...»
«Va bene. Così?»
«Sì, ti prego, sì!»
«Dimmi perché dovrei farti venire? Te lo meriti?»
Il boi singhiozzò, le lacrime gli scivolavano lungo le guance. «Non me lo merito, dom... non me lo merito... mi dispiace...»
«Esatto.» S. fece risalire il giocattolo lungo le linee del tatuaggio sull'addome e si fermò vicino alla pinza di uno dei capezzoli. «Sei una merda inutile. Mi fai schifo, sei inferiore, debole e ridicolo.»
Kay si dimenò, i singhiozzi si fecero più forti. «Sono inferiore a te, dom!» urlò.
Vederlo così abbandonato al piacere, succube di ogni sua azione era intossicante, ma stava andando avanti da tropo tempo, ma Kay era troppo bello così. Allontanò e spense il vibratore. «Boi, sei fortunato, stai per prendere il mio uccello nel culo. Sei felice?»
Una scia di bava colava da un angolo della bocca del sub. Farfugliò un «S-sì, dom», la testa gli ciondolava sul petto.
S. sganciò le fibbie dei polsi e delle caviglie e lo sorresse per le spalle, aiutandolo verso la cavallina: nuova aggiunta che aveva spedito direttamente dal Confessionale. Era stato un desiderio di Kay fotterlo su di essa e invece sarebbe stato lui quello fottuto.
Kay crollò a pancia in giù sulla sella e S. gli assicurò di nuovo le fibbie di polsiere e cavigliere. Bello, a gambe larghe, prono e tutto per lui. Lo fece scorrere verso di sé, così da allontanarlo dal contatto con la cavallina. Non poteva certo venire grazie alla frizione!
Tornò al tavolino e prese un preservativo, strappò l'involucro e lo indossò, sibilando. La tentazione di riempirlo e farlo gocciolare per tutto il giorno con il suo seme era molta, ma non poteva certo rischiare. Di nuovo.
Diede una sberla a una chiappa del boi, lo colpì una seconda e una terza volta. Suoni deliziosi uscivano dalla gola di Kay e gli facevano aumentare i battiti. «Canta per me, boi.» Lo colpì con molta più forza, il dolore gli attraversò la mano e il polso e gli risalì lungo l'avambraccio.
Kay gemette e piagnucolò, ma non gridò.
Merda, si era fatto male per niente, ormai il sub era troppo assuefatto alle botte e troppo sballato. 
Infilò il medio e lo fece seguire dall'indice, Kay era stato bravo e si era fatto trovare preparato. Avrebbe giocato con quel buchetto per ore, ma una fitta allo scroto gli ricordò che doveva muoversi, se non voleva rovinarsi l'orgasmo. 
I lamenti di Kay erano sensazionali.
Una sequela infinita di preghiere convulse, di lamenti e suppliche, alcune sussurrate e altre strillate. «Tipregomifaimaledommifaimaleperfavore.»
«Ti faccio male?» S. mosse il bacino, a ogni spinta una nuova supplica del boi.
«Mi fai male.»
«Per favore.»
«Dom!»
«Mi fai male!»
S. gli afferrò i fianchi e aumentò il ritmo e aumentarono le suppliche e le lamentele. Il piacere gli invase i sensi, ogni parola lo portava più vicino al culmine, finché un singhiozzo più forte degli altri glielo fece superare. Gli affondò le dita nella pelle, inarcò la schiena e gridò, mentre si svuotava dentro di lui.
Diede ancora alcuni colpi, a occhi chiusi, cavalcando gli ultimi istanti di piacere. 
 
***
 
S. gli spostò i capelli sudati dalla fronte e glieli portò dietro l'orecchio. «Come stai?» Mormorò.
Kay strinse l'abbraccio e socchiuse gli occhi, volgendo il viso verso di lui. «Sei crudele, ti adoro.»
«Ti sei divertito?» Gli accarezzò la testa, passandogli le dita tra i capelli.
«No, guarda...» Kay accennò un vago sorriso, l'ombra di ciò che di solito gli riservava. Era sfatto. «Devi andare già via davvero? Pensavo che avessimo due giorni...»
«Lo so, lo so. Ma recupereremo, ok?»
Quella domenica li avrebbe avuti entrambi, era il giorno del suo trionfo. Anche se Kay era stato vicino a fargli cambiare idea tante volte, durante la mattinata e il primo pomeriggio.
«Ok...» l'uomo mise su una specie di broncio, ridicolo su un viso poco abituato come il suo, avvezzo a ben altre espressioni.
«Ma posso restare ancora un po'...» S. allungò l'altro braccio verso il comodino e recuperò la bottiglietta di Gatorade blu. «Apri la bocca, am-»
Doveva smetterla di farselo sfuggire ogni volta. Cominciava a diventare ridicolo.
Kay aggrottò le sopracciglia, ma la dischiuse, senza dire niente.
«Amore...» S. accennò un sorriso, gli posò la bottiglia sulle labbra e la inclinò per farlo bere. «Smettila di guardarmi così, Claudio.»
L'uomo spalancò gli occhi e si strozzò con la bibita, si tirò su a sedere, tossì e sputacchiò sulle lenzuola. «Non mi hai mai chiamato per nome!» Esclamò, sbalordito, ancora con gli occhi gonfi e lucidi.
S. si strinse nelle spalle e bevve una sorsata. «Mi pareva il momento giusto...»
Claudio ridacchiò e tornò ad abbracciargli il petto. «Posso chiamarti anch'io 'amore'? Samuel?»
«No.»
No, quel privilegio era stato abusato di recente.
Un'ombra di tristezza passò negli occhi grigi di Claudio, li chiuse e gli strusciò la fronte sulla spalla. «Ok, stronzone.»
«Però puoi chiamarmi per farmi sapere quando ci possiamo rivedere.» S. gli baciò i capelli e li lisciò di nuovo. Anche se umidi di sudore, rimanevano setosi, chissà che prodotti usava? Profumavano di miele.
«Mh... ok...» Claudio gli accarezzò l'addome, spostando verso il basso il lenzuolo.
«E magari, se stiamo tre giorni insieme, potrei tornare a essere la tua puttanella per qualche ora...»
La testa di Kay scattò verso l'alto, lo sguardo gli brillava. «Stai scherzando?»
S. allargò il sorriso. «Perché mai dovrei scherzare? Tanto ormai me l'hai sfondato...»
«Non è vero!»
S. iniziò a sghignazzare, subito seguito anche da Claudio.
Perché non avrebbe potuto ossessionarsi su di lui, invece che su Gabri? Perché non gli piaceva abbastanza? Sarebbe stato perfetto!
 

* titolo dispregiativo usato per il sottomesso

 

Dom S. Non potrai farne a menoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora