Samuel afferrò il lubrificante dal comodino e premette il dosatore un paio di volte sulle dita di Gabriele, allungato a cavalcioni sopra di lui: il viso rosso dall'eccitazione, lo sguardo luccicante di desiderio, la pelle bollente. Era incantevole. Avrebbe potuto rimanere per sempre in sua adorazione, mentre Gabri si strusciava su di lui in preda al desiderio. Quella bocca carnosa, a forma di cuore perfetto, lo chiamava, si sporse a baciarlo e si appropriò del labbro inferiore.
L'uomo gli sfilò il preservativo dalle dita e si tirò su a sedere. «Voglio che mi guardi», la voce gli uscì rauca, strozzata, aprì l'involucro con i denti e lo buttò da una parte.
Nemmeno se avesse voluto, Samuel sarebbe stato in grado di distogliere lo sguardo da lui. Gli accarezzò le cosce, Gabri gli posò la punta del condom, freddo, sul membro e lo srotolò. Era una sensazione provata un milione di volte, ma che aveva creduto perduta e fu come svegliarsi dopo una nottata di febbre con la mente sgombra.
Gabriele inarcò la schiena e si sedette.
Un gemito sommesso sfuggì dalle labbra dischiuse di Gabriele quando fu tutto dentro di lui. «Cazzo, sì...» inclinò la testa all'indietro, gli strinse le ginocchia contro i fianchi. Emetteva suoni senza senso che gli aumentarono l'eccitazione.
Samuel gli afferrò il sedere, le dita gli affondarono nella carne, lo guidò e si unì al movimento delle anche, aumentò il ritmo.
Gabriele sussultò e si sporse in avanti per stabilizzarsi, gli posò una mano sul petto. Aveva gli occhi vitrei, gli angoli lucidi dalle lacrime, doveva essere vicino all'orgasmo.
Sarebbe stato troppo crudele interromperlo?
Samuel digrignò i denti e si tirò su a sedere. «Via», la voce gli uscì cavernosa, da chissà quali recessi della gola. Gabriele aveva lo sguardo sfocato e confuso, ma si sollevò.
«Sh, sh, non preoccuparti», Samuel gli spinse il petto verso il materasso, «sono qui.» Lo fece sdraiare sulla schiena e torreggiò su di lui, in mezzo alle sue gambe. L'inebriamento dato dal potere che aveva sul sottomesso gli fece salire una vertigine lungo la spina dorsale: era quella sicurezza in sé stesso che gli era mancata, non le erezioni o gli orgasmi. Era il puro potere di disporre di qualcuno come più gli andava. Eccolo lì Gabriele, fremente, in attesa della decisione che avrebbe preso, in base a ciò che gli sarebbe passato per la mente nel momento, incurante delle preghiere o delle lamentele del sottomesso.
Samuel gli afferrò i polsi e glieli affondò nel materasso, rendendo più salda la presa a ogni spinta. Gabriele ricominciò a gemere, gli occhi, ruotava i fianchi per accompagnarlo nei movimenti, sempre più frenetici.
Il letto tremava sotto di loro, il corpo era attraversato da ondate di puro piacere. «Vieni per me, amore mio» grugnì e Gabriele sembrò non aspettare altro.
«Bravo, così», Samuel fece forza con entrambe le mani, era vicino anche lui. Nessuna sensazione dolorosa allo stomaco, niente nausea, stava succedendo davvero!
Il sottomesso era senza fiato, ansimava, sudato e scomposto sotto di lui. «Anche tu», gli affondò le unghie sulla schiena, «amore.»
L'orgasmo esplose dentro di lui, Samuel gridò, la mente si frantumò in una deflagrazione violenta che gli annebbiò la vista e i pensieri. Gli cercò le labbra e le sigillò con le proprie, voleva morire in lui e rinascere solo seguendo il suono di quelle dolci parole.
Riaprì gli occhi e si trovò davanti quelli scuri, profondi e sconvolti dell'altro. «Grazie», mormorò, soffocato.
Gabri arricciò il naso e accennò un vago sorriso. «Non crede che sia finita qui, mi devi settimane di arretrati.»
Samuel gli posò un bacio sul naso e nascose il viso nell'incavo del collo. «Non sia mai. Dammi solo cinque minuti per riprendere il fiato.»
Gli doleva ammetterlo, ma non aveva più vent'anni.
***
«Sicuro che non vuoi restare a dormire?» Samuel soffocò uno sbadiglio, erano quasi le tre di notte.
Gabriele infilò anche il secondo mocassino e scosse la testa. «Meglio che vada, domattina devo alzarmi presto.»
«Ok.» Samuel si strinse nelle spalle e si appoggiò alla parete con un fianco. «Da chi ti sei fatto fare lo shibari?»
Sul viso del compagno lampeggiò un sorrisino malizioso. «Da Domme Lù.»
Samuel sgranò le palpebre. «Stai scherzando?»
«No, le ho detto che era per te», Gabri si infilò il cappotto cammello, «e mi fa: "Allora sarà meglio che ti faccia dei nodi semplici".» Un ghigno divertito gli incurvava le labbra.
«Che due bestiacce che siete» borbottò, ma non riuscì a reprimere un sorriso. «Solo perché sono un pochino fuori allenamento...»
Gabri si avvicinò e gli posò un bacio a fior di labbra. «Buona notte.»
«Ci vediamo uno di questi giorni? Aperitivo e poi cinema?»
«Ahm», Gabri arretrò verso la porta e abbassò lo sguardo, «non credo che sia il caso.»
Samuel aggrottò le sopracciglia, confuso. «In che senso?»
L'uomo posò la mano sul pomello, evitava con molta precisione il suo viso. «Mi hai detto di cancellare il tuo numero, no?»
«Sì, vabbeh...» Samuel era sempre più perplesso. «Ma che c'entra...»
Gabriele sollevò la testa, gli occhi scuri erano distanti come non li aveva mai visti. «Ci siamo lasciati, è finita. Mi pareva che fossimo d'accordo entrambi.»
Samuel sbatté le palpebre. Che stava blaterando? «Ma sei venuto qui, stasera...», allargò un braccio verso la camera da letto, «cioè, quello che abbiamo fatto, che mi hai detto... le scuse...»
«Mi dispiaceva lasciarti così, in quelle condizioni. È stato solo sesso.» Gabriele ruotò il pomello della porta. «Devo andare.»
Niente aveva senso. Il macigno tornò a premergli sul petto. Che cazzo stava succedendo?
«Gabri... ma...» Samuel si mordicchiò il labbro inferiore e allungò una mano verso di lui «dimmi almeno perché. Non riesco a capire.»
«Non credo di voler continuare una relazione con te, tutto qui.» Con estrema crudeltà, Gabriele si strinse nelle spalle.
«Non...» Samuel deglutì, come avrebbe potuto fermarlo? Cosa avrebbe potuto dirgli per fargli cambiare idea? «Non capisco.» Era un disco rotto. Spinse con i reni e si allontanò dalla parete.
«Ma possiamo rimanere amici.» Gabri incurvò un angolo delle labbra, lasciandogli uno di quei suoi mezzi sorrisi adorabili. «E sicuramente vorrei continuare a vederti come Dom, quando ne abbiamo voglia.»
Il macigno gli rendeva difficile respirare e la nausea che gli rimescolava lo stomaco non aiutava. Aveva le gambe molli, non riusciva nemmeno a incazzarsi. Era attonito, infilò le mani nelle tasche bucate dei pantaloni. «Come Dom?»
Gabriele aprì la porta. «Sì, sei il migliore che abbia mai avuto, ora che sei di nuovo a posto.»
Alla fine, lo aveva detto. «Tu vuoi Dom S., non me. Non Samuel.» Le parole gli raschiarono la gola.
Gabriele mise un piede fuori dalla porta. «Il fatto è che mi vedi come un amico con cui piangere e sfogarti, mi hai sempre visto così. Ero io che speravo in qualcos'altro.»
Non riusciva a crederci. «Ma che dici... abbiamo appena passato la serata a», Samuel abbassò la voce, avrebbero potuto sentirli in corridoio, «a scopare. Ti ho chiesto io di uscire e di-»
«Non credo che funzionerebbe, mi dispiace» Gabri si strinse – di nuovo – nelle spalle e attraversò l'uscio. «Ah, un'ultima cosa.»
Gli avrebbe detto che era tutto uno scherzo?
«Mi puoi salutare con la faccia da dom? Hai presente? Per favore.» Gli brillavano gli occhi, ci sperava davvero.
'Attonito' non arrivava a descrivere lo stato di smarrimento in cui si trovava. Samuel gli voltò le spalle e inspirò a fondo. L'ultima cosa che avrebbe voluto era "fare una faccia da dom". Per chi lo aveva preso? Per qualcuno di cui non gli fregava niente, per una maschera di Carnevale.
Lasciò andare il respiro dalla bocca, svuotò il viso da ogni emozione e si girò verso di lui. «Sei ancora qui? Mi pareva che ci fossimo salutati.» Come un guanto di pelle ammorbidito dall'uso, la voce e la postura da dom gli calzavano alla perfezione.
Gabriele squittì e strinse le gambe. «Sei fantastico.»
S. chiuse la porta con il piede e appoggiò la fronte sul legno freddo, le braccia abbandonate lungo il corpo. Perché ci aveva creduto? Quando avrebbe imparato? Nessuno voleva stargli accanto. Volevano solo Dom S.
E lo avrebbero avuto.
***
«È ora di pagare»
La risposta di Kay non si fece attendere: «È ora di pagare»
La risposta di Kay non si fece attendere: «Sicuro? Non vorrei ritrovarmi di nuovo a culo all'aria per niente»
«Ci vediamo nel tuo dungeon domenica mattina alle 10»
Samuel controllò la notifica di un'e-mail arrivata qualche ora prima: erano stati pubblicati i nomi di chi aveva passato il provino!
Che fosse la volta buona?
Trattenne il respiro, il cuore prese la rincorsa, aprì il link e fece scorrere le righe. Il suo nome non c'era. Forse aveva visto male, era stato troppo veloce. Il pollice gli tremava appena, c'erano una decina di nomi. Il suo non c'era. Lo stomaco gli diede una stretta, si alzò in piedi e lanciò il telefono contro i cuscini del divano.
Cazzo!
Cazzo, cazzo, cazzo!
Perché faceva così schifo?
Allungò una mano e si fermò. Avrebbe voluto dirlo a Gabriele. Peccato che non gli importasse di saperlo. Era stato molto chiaro: solo sesso.
Il telefono vibrò per l'arrivo di un messaggio. Magari era il regista che gli faceva sapere che la lista dei nomi era sbagliata e che c'era anche il suo! Oppure era Gabri che gli diceva che era stato uno scherzo!
Era Kay. «Se non potessi?»
Non era il momento di mettersi a discutere, caro master, non era proprio il momento!
«Ho detto che ci vediamo domenica mattina. Buona notte»
Samuel incrociò le braccia sul petto e aggrottò le sopracciglia. Era giunto il momento che anche qualcun altro pagasse i propri debiti. L'indomani avrebbe mandato un invito al caro tenente Malgherini di presentarsi al Confessionale domenica sera. Giornata piena. Giornata di soddisfazioni.
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Dom S. Non potrai farne a meno
General FictionDom S. è l'immagine del Confessionale, la discoteca queer con club privato di pratiche BDSM più famosa della città. Un venerdì sera come tanti tre avvenimenti gli sconvolgono la vita. Dovrà decidere se affrontare il trauma o rifugiarsi in relazioni...