Nel parcheggio del Confessionale erano parcheggiate solo le macchine dei dipendenti, per il resto era una distesa vuota che il grigiore del cielo plumbeo non migliorava. Non faceva nemmeno freddo, non come avrebbe dovuto in un novembre normale, almeno. Il cellulare vibrò per l'arrivo di un messaggio e con fatica Samuel sbloccò lo schermo. Era Lù.
«Guarda che ti vedo nel parcheggio.»
Che palle, era stato scoperto. Con un sospiro, infilò il telefono in una tasca del cappotto, aprì la portiera della Mini e sgusciò fuori. Una fitta di dolore gli trafisse il retto e risalì nel ventre e lungo la schiena. Quel bastardo di Kay. Si appoggiò alla portiera e prese alcuni respiri lenti e profondi. Il dolore che avrebbe dovuto provare nei due giorni a Bologna era arrivato tutto insieme al risveglio quella mattina. Kay doveva avergli dato un qualche anestetizzante, perché non era possibile.
Espulse un getto d'aria dalla bocca e chiuse la portiera. Che bastardo.
«Col cazzo che non mi hai sfondato, io lo sapevo! Te l'avevo detto! Cosa mi hai dato per non farmi sentire il dolore?»
Inviò il messaggio e si avviò, con passi minuscoli, verso l'ingresso posteriore. Era già al terzo OKI e la situazione non era migliorata granché. Non aveva nemmeno potuto andare in palestra!
Il telefono vibrò di nuovo, era Kay.
«Non ti ho dato niente. Che hai? Stai male?»
Che shock, eh?
«Già, dopo due giorni con un palo in culo, vedrai...»
Aprì la porta e percorse il corridoio, le fitte erano diminuite d'intensità e avrebbe quasi potuto ignorarle. Un altro messaggio.
«Ti assicuro che sono stato attento, non hai mai sanguinato, eri solo un po' arrossato. Vedrai che in giornata ti passa. E non sei sfondato, madonna quante storie. Tra un paio di giorni il tuo culetto prezioso torna come prima.»
Fanculo. Tipico, da uno che non usava il profilattico, cosa avrebbe potuto aspettarsi di diverso?
La testa di Lù spuntò dalla porta di uno dei camerini. «Ohi, guarda chi si rivede.» Aveva una parrucca di riccioli rossi e un cappellino minuscolo, di velluto nero, con il velo tirato su.
«Ciao», S. si appoggiò allo stipite con una mano.
La Domme era tornata a sedersi davanti allo specchio della toeletta e aveva ripreso a passarsi il fondotinta sul naso con una spugnetta rosa. «Tutto bene? Com'è andata l'inaugurazione? Mi dispiace non essere riuscita a passare.» Indossava un babydoll di pizzo bianco, reggicalze per i collant a rete e un paio di décolleté rosse con tacco a spillo. Molto sensuale.
Samuel si strinse nelle spalle. «Tutto a posto, è andata bene» si grattò il collo e appoggiò tutto il fianco allo stipite.
«Ci sei mancato, sai? Alex era fuori di testa perché hai saltato degli appuntamenti con lei.» Lù si tracciò una linea nera precisa su una palpebra, la ripeté identica sull'altro occhio.
«Capita, avrà diecimila foto mie, non credo che le manchi il materiale per un anno.»
«Come sei acido, non è ancora iniziata la serata e già sei così?» Lù accennò un sorrisetto. «Me li mangi i clienti, poi piangono.»
Samuel si scostò dal legno e riprese a percorrere il corridoio. «Non credo che mi fermerò.»
Dal camerino provenne il rumore di oggetti spostati di fretta, il grattare della sedia, il rintocco affrettato dei tacchi e infine la voce affannata di Lù. «Che vuoi dire? Stasera abbiamo la serata Drag, non puoi mancare.»
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Dom S. Non potrai farne a meno
General FictionDom S. è l'immagine del Confessionale, la discoteca queer con club privato di pratiche BDSM più famosa della città. Un venerdì sera come tanti tre avvenimenti gli sconvolgono la vita. Dovrà decidere se affrontare il trauma o rifugiarsi in relazioni...