18 - Bologna

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Master Kay aprì la porta dell'appartamento e gli indicò la porta in fondo, aveva un tono morbido, ma autorevole: «Dammi il cappotto e la valigia, in bagno trovi quello che devi indossare.»

Non era il suo appartamento, ma un dungeon!

Il letto a baldacchino era enorme e occupava gran parte del monolocale, mancavano i tendaggi, ma erano presenti sbarre sul lato della testa e dei piedi per legare i fortunati sottomessi che passavano da lì. Lui sarebbe stato il prossimo. Una trapunta blu scuro copriva il materasso e almeno cinque cuscini, gonfi e di un bianco candido erano appoggiati alla spalliera.

Samuel attraversò la stanza, ingombra di feticci per la pratica BDSM: su un tavolino erano piegate un paio di tute di latex, una nera e una rossa, accanto a ball-gag di varie dimensioni. C'era una parete coperta da una griglia a cui erano appese fruste, frustini, palette e corde. Era ben attrezzato.

In bagno, sul lavandino, era posato un collarino sottile in cuoio nero, due polsiere e due cavigliere sempre di cuoio nero con un anello di acciaio. Basta.

Samuel sospirò e si tolse il maglioncino bordeaux, i jeans neri, gli stivaletti di scamosciati, i boxer e i calzini neri. Indossò le polsiere e le cavigliere, ma non il collare. Avrebbe dato quell'onore a Kay. Lo specchio gli rimandò un'immagine di sé stesso molto più snella rispetto a com'era una settimana fa, aveva perso più di tre kili. Non era andato in palestra, ma aveva solo fatto stretching a casa per allungare i muscoli, ed era tutto liscio come il culo di un bebè. Cristo, sembrava lo stereotipo del sottomesso twink, nessuno gli avrebbe dato più di vent'anni. Dai capelli corti sfumati era anche andato via tutto il rosa e rimaneva solo la gradazione dal biondo scuro delle radici a quella oro delle punte.

Tornò nell'altra stanza, Kay era ancora vestito, a parte il cappotto e le scarpe. Si era sciolto i capelli, che gli scendevano sulla camicia bianca, lasciata aperta sul petto. La barba nera, nuova aggiunta che lo rendeva ancora più affascinante, era tagliata corta e precisa. Gli occhi grigi lo passarono da parte a parte. «Sei stupendo, hai davvero seguito le mie indicazioni», l'ombra di un sorriso gli attraversò lo sguardo, «vieni qui, mettiti in ginocchio davanti a me.»

Quante volte Samuel aveva ripetuto quella frase a qualche prospetto sottomesso? Si morse il labbro inferiore e si inginocchiò ai suoi piedi, gli mostrò il collare sulle mani aperte, come un mendicante.

Kay lo prese e aprì la fibbia. «Accetti di essere il mio sottomesso e di obbedire a ogni mio ordine? Di non toglierlo mai, salvo mia diversa indicazione? Di servirmi al meglio delle tue possibilità?»

«Sì, master.» Nonostante la stanza fosse molto riscaldata, un brivido di freddo lo fece fremere. Era quello ciò che provavano i sottomessi? Paura mista a eccitazione?

«Con questo collare sigillo il nostro legame» Kay glielo chiuse attorno al collo, un angolo delle labbra si incurvò in un mezzo sorriso. «Ora, puttanella, vai sul letto.»

Samuel deglutì, così presto? Chi faceva sesso alle nove di mattina? A digiuno, poi. «Master...»

«Dimmi.» Kay si avvicinò al comodino, slacciandosi i bottoni dei polsini.

«Non credi che...», Samuel si tirò su in piedi, «insomma, non è un po' presto? Sto anche morendo di fame.»

Kay arrotolò una manica fino al gomito. «Cosa hai fatto per meritarti di mangiare?»

Samuel socchiuse le labbra, nessuno si era mai rivolto a lui così. Ma non era un dom, non per i prossimi due giorni. Abbassò la testa e la scosse. «Niente, master. Chiedo scusa.»

Kay fece un cenno verso il letto e arrotolò anche l'altra manica. «Useremo la giornata di oggi come preparazione per stasera e domani.»

Samuel si arrampicò sul materasso, a quattro zampe offriva una visione perfetta del suo posteriore, inarcò la schiena e le natiche si allargarono appena. Gli piaceva giocare a quel modo, non aveva mai modo di farlo.

Dom S. Non potrai farne a menoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora