1. You look so tired, unhappy

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Anastasia's pov

Amavo la scuola in un certo senso, nessuno mi stava accanto e mi lasciavano in pace. Ero invisibile, forse anche grazie al fatto che tutti pensavano che stessi ascoltando della musica per via delle cuffie sempre presenti nelle mie orecchie.

E poi anche al soprannome che mi ero creata dal primo anno ovvero: quella strana.

Probabilmente ero l'unica adolescente che amava la scuola, ma amavo andare in biblioteca, amavo dipingere nell'aula di arte da sola, amavo stare da sola ma soprattutto amavo non stare a casa.

Amavo ancor di più il giorno quando mio padre tornava a casa dopo tanto tempo.

Mio padre mi voleva tanto bene, cercava di essere sempre presente, alcune volte non ci riusciva ma io apprezzavo sempre il suo gesto.

Se solo avesse saputo cosa succedeva in quella gigantesca villa quando non era presente, avrebbe ucciso tutti. Sapevo che ero l'unica cosa che gli rimaneva dopo la perdita della mamma.

Avevo la testa poggiata sul banco e di botto sentii tremare il pavimento. Alzai la testa e notai che se ne stavano andando via tutti velocemente. Capii che era appena suonata la campanella ed era anche ora di pranzo.

Mi sistemai con calma e mi avvicinai verso la mia prof di letteratura. Bussai sulla scrivania e lei con un sorriso sul volto mi porse la dispensa della lezione del giorno. La salutai ricambiando il suo sorriso.

Mi infilai di nuovo le cuffie collegate al mio iPod e mi diressi verso la mensa.

I prof erano molto gentili con me, forse avevano solo pietà per me. Ma alcune volte questo dispiacere mi dava sui nervi, mi trattavano come se fossi una bambina e questo mi dava estremamente fastidio. Cristo ero sorda mica una senza cervello.

Per questo non mi sono mai relazionata con qualcuno a scuola. Se lo avessero saputo, mi avrebbero preso in giro o avrebbero avuto pietà di una loro coetanea che non aveva la capacità di sentire. Quando passavo sicuramente avrebbero bisbigliato tra loro:

"Poverina quella ragazza" "mi fa pena" "io non riuscirei a non sentire nulla"
E altre cose del genere.

Una cosa positiva sull'essere sorda è il saper leggere il labiale ma alcune delle volte non è poi così tanto bello.

Come quando parla la mia "tata" io non la guardo nemmeno in faccia altrimenti capirei tutti gli insulti o altre stronzate che mi direbbe.

Arrivai in mensa e vidi subito tutti conversare tra loro. Ridevano, scherzavano e sicuramente si staranno dicendo i vari pettegolezzi che circolano a scuola. Vorrei poterli sentire anch'io.

Controllai attentamente se ci fosse qualche tavolo libero e lo notai. Infondo alla grande stanza ed era abbastanza piccolo per i gruppetti che si formavano ed è proprio per questo non c'è nessuno.
Fantastico!

Afferrai il mio vassoio e mi diressi verso il mio tavolo.

Di solito non trovavo mai spazio, allora mi prendevo un panino confezionato e me ne andavo in giardino. Mentre mangio leggevo qualche libro o provavo ad immaginare i suoni.

Era un gioco che facevo con la mamma.
Mi divertivo molto con lei.

E quando chiudo gli occhi mi immagino che lei sia affianco a me dicendomi che va tutto bene e che tutto questo era solo un brutto sogno. Ma appena li riapro rimango sempre delusa. Non è mai accanto a me. E tutto questo è la pura realtà.

Dal mio posto si vedeva quasi tutta la mensa. Li ammiravo. Ero imbambolata ad ammararli, desideravo essere come loro. Felici e spensierati.
Con tanti amici.

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