9. It hurts so bad

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Anastasia's pov

Sembrava essere passato un sacco di tempo da quando rimettevo piede a scuola.

Nel tragitto verso la classe di letteratura inglese mi guardavo la mano sinistra, fasciata da una garza.

Mi faceva ancora male se la toccavo.

Scacciai tutti i miei ricordi di ieri e come sempre con le cuffiette conficcate nelle orecchie mi isolai nel mio mondo.

Non facevo niente di particolare a scuola, stavo per lo più a scarabocchiare qualcosa sui diversi quaderni che mi ritrovavo.

Oppure saltavo le lezioni e mi rifugiavo sugli spalti del campo di football, o meglio dormivo sul banco.

Non mi stressavo tanto per la scuola. Giusto quel poco che si doveva fare prima dei test in classe.

Finalmente papà domani tornava a casa e almeno per quei pochi giorni potevo stare tranquilla. Potevo fare quello che voglio, senza avere alle calcagna Matilda.

Di Nicholas non sapevo niente. Conoscevo solo il fatto che fosse il capitano della squadra di Basket, sua sorella era morta e che faceva parte del gruppo dei popolari.

Non sapevo neanche quanti anni avesse.

Forse dalla sua alta statura e dalla sua faccia molto matura penso che abbia diciannove anni.

Nicholas era molto alto. Forse era un un metro e novanta ed io appena gli sfioravo le spalle. Era un gigante.

Guardavo al di là della finestra durante l'ora di letteratura inglese e anche se avrei provato a seguire lo stesso non avrei capito niente, quindi era inutile seguire la lezione. Soprattutto a nessuno fregava della vita di William Shakespeare.

Immaginavo sempre che esistesse un'altro universo o un'altro mondo oltre al nostro. Almeno se la mia teoria fosse stata giusta avrei desiderato che almeno lì non fossi sorda.

Avrei voluto essere estroversa, socievole, gentile e anche molto logorroica. Forse era un difetto per alcune persone ma io lo reputavo più un pregio.

Condividevo l'idea che a volte fossero troppo pesanti ma ti facevano sentire parte della loro vita e forse avrei voluto essere logorroica che muta.

Conoscevo di storie di persone sorde che parlavano normalmente o altre persone che seppure non riuscivano a fare bene il suono di quella determinata lettera almeno riuscivano a parlare. Invece io zero.

Certo da piccola lo facevo ma poi... poi basta.

Non ricordavo nemmeno come facevo a creare il suono di quelle parole non avendole mai sentite.

Però sapevo che ci riuscivo.

Ci ero riuscita dopo il grande lavoro di mamma. E poi ho smesso dopo pochi mesi dalla sua morte.

Era stata la campanella a farmi scomparire i pensieri da testa. Il pavimento sembrava cadere per quanto stesse tremando.

Alzai il capo e notai che la prof si scaraventò vicino a me e mi passò un bigliettino.

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