capitolo 2

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Prima di uscire dalla segreteria, presi il mio orario dalle mani appiccicose della donna che mi chiamò schiarendosi la voce, e mi diressi verso la prima classe.

Detestavo entrare quando erano tutti già seduti; pronti a trafiggere con lo sguardo chiunque avesse varcato quella porta. E il fatto che fossi in ritardo di almeno un quarto d'ora, mi avrebbe fatto guadagnare uno sguardo assassino anche dal professore interrotto.

Mi sciolsi i capelli per avere una sorta di protezione verso i miei occhi e con un profondo respiro, entrai nell'aula di matematica. Come da copione, ventitré paia di occhi si puntarono sulla mia figura, quasi fossi un alieno sceso sulla Terra per chiedere dello zucchero e il professore che stava scrivendo alla lavagna, mi rivolse un cordiale sorriso. Era in assoluto la prima volta.

«Tu devi essere Elizabeth Sandrey.» Dedusse e come se ci fosse stata una partita a tennis, vidi le teste dei miei compagni andare dal professore a me all'unisono. Gli porsi il mio orario, che lui guardò per conferma per poi restituirmelo.

«Elsa» lo corressi. «Nessuno mi chiama Elizabeth.» Mi affrettai ad aggiungere quando sentii un fischio dal fondo della classe e una frase borbottata che assomigliava a "intima la ragazza".

«Bene, Elsa, io sono il professor Train. Vai a sederti e cerca di seguire come riesci.»

Mi voltai verso l'aula e notai con dispiacere che l'ultimo posto rimasto era un banco dell'ultima fila, vicino alla finestra, sfortunatamente affiancato da un ragazzo stravaccato che stava facendo graffiti sul banco.
La testa chinata in avanti, concentrato sulla punta della penna scarica con cui stava incidendo il legno già sfigurato. Camminai in quella direzione seguita dagli sguardi dei miei nuovi carnefici e mi sedetti, posizionando il libro di matematica sul piano davanti a me, guardandomi intorno per riuscire ad individuare la pagina dai banchi vicini.

«Trentaquattro.»
Il sussurro provenì dal moro alla mia sinistra, che non aveva comunque interrotto quello che stava facendo.

«Cosa?» Sussurrai, dubbiosa nel credere che fosse quella giusta dato che lui nemmeno aveva un libro.
Fermò il movimento violento della penna e mi guardò emettendo un piccolo sbuffo.

«Pagina trentaquattro.» Ripeté come se fosse infastidito dal dovermi aiutare.
Aprii il libro a quella pagina e lo ringraziai sottovoce quando notai essere quella giusta.
Il professore stava spiegando la scomposizione di polinomi in fattori, mentre io lo avevo già studiato l'estate prima, quindi provai a prendere appunti fino a quando divenne troppo noioso scrivere cose che già conoscevo e mi permisi di non ascoltare per far vagare i pensieri verso Emily.

Cosa stava facendo? Le piaceva la scuola? Si trovava bene con i suoi compagni? Aveva già fatto qualche amicizia? Gli insegnanti erano bravi? Alcuni compagni la mettevano a disagio? Le piaceva la nuova città? E la nostra nuova casa? La mia testa fu inondata da domande di questo genere, tanto che quasi non mi accorsi della fine dell'ora. Al suono della campanella tutti raccolsero i loro libri prima di sgusciare fuori quella bolla di numeri. Il professor Train mi chiamò quando fui sulla soglia e disse: «Elsa, ho notato che non hai prestato molta attenzione alla lezione. Io non sarò più buono con te solo perché sei appena arrivata.» mi ammonì in modo fermo. «Quindi sarà meglio che ti metta in pari con i tuoi compagni al più presto.» Non sopportavo di essere ripresa davanti alle poche persone che ancora dovevano uscire.

 «Prof, queste cose le ho fatte l'anno scorso.» e subito un sussurro mi raggiunse. "Secchiona".

Non si trattava della prima volta che mi affibbiavano quel nomignolo. Ma ormai avevo parlato, quindi conclusi con quello che ronzava nella mia testa da tutta l'ora. «E fossi in lei, controllerei il risultato della terza espressione.» Feci un cenno verso la lavagna e mi congedai prima che potesse dire altro. Non mi importava di essere stata irriverente nei suoi confronti, avevo solo detto la verità. 

Profumo di stelle #wattys2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora