capitolo 7

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Non sono mai stata brava nel far parte di una squadra. A Miami avevo anche provato ad entrare nelle cheerleader, sollecitata da mia madre e dal bisogno di crediti, ma non faceva proprio per me. Per questo fui felice di poter scegliere la corsa quella mattina, uno sport che mi permetteva di ignorare i miei compagni durante la lezione di motoria. La pista circondava il campo da football dove anche la squadra si stava allenando. Il calore del sole, che riscaldava la pelle esposta dai miei pantaloncini, era alleviato sempre meglio dal vento autunnale che mi asciugava la fronte.

La mancanza di sonno della notte precedente mi fece stancare più velocemente e mentre correvo l'ultima curva, desiderai cadere a terra per trovarci un materasso.

L'ora stava finendo, così lasciai la pista per fare un po' di stretching prima di andare a cambiarmi. Qualcuno mi si avvicinò mentre ero seduta a terra, proiettando la propria ombra su di me. Fui certa che la figura in controluce fosse un giocatore di football, dato il contorno imbottito della sagoma, che si tolse il casco e si spostò in modo che riuscissi a guardarlo senza rimanere accecata. Mi salutò con un sorriso splendente nonostante lo sguardo infastidito che ero sicura di stargli rivolgendo.

«Cosa vuoi Trash?» Gli chiesi quando insistette nel guardarmi. Mi voltai verso il centro del campo con la speranza che il suo allenatore lo richiamasse, ma notai con dispiacere che anche i suoi compagni si stavano sparpagliando per poi dirigersi verso la scuola.

«Devo chiederti scusa.» Disse distogliendo lo sguardo, come a verificare che nessuno ci stesse osservando. Tornai in piedi per continuare ad allungare i muscoli delle gambe e lo guardai sospettosa. «Non dovevo trattarti così. Matt mi aveva detto che ci saresti stata e io ci ho creduto.» Continuò a scusarsi con un tono più infastidito che dispiaciuto.

Qualcuno lo stava costringendo a pormi le sue scuse? Era l'unica cosa a cui pensai. Lui non mi era sembrato il tipo di persona che si preoccupa dei sentimenti degli altri.

«Tutto qui?» Chiesi quando non disse più nulla. Finii di allungare anche i bicipiti e lo guardai negli occhi. Non ero certa che non ci fosse sotto qualcosa di più.

«Sì, mi dispiace» disse con decisione. Questa volta mi sembrò sincero, dopotutto non volevo essere così superficiale da fermarmi alla prima impressione. Accettai le sue scuse e mi diressi agli spogliatoi con Trash al fianco, che riprese la parola. «Il fatto è che ho davvero bisogno di aiuto per un paio di materie e da quanto ho sentito tu sei una secchiona coi fiocchi.» Lo guardai male quando mi affibbiò ancora una volta quel nomignolo, però notai che non lo stava usando in modo dispregiativo e attribuii la cosa alla sua totale mancanza di tatto.

«Mi dispiace, ma non posso aiutarti.»

«Ma ti ho chiesto scusa! Se non passo fisica non mi faranno giocare.» Si lamentò.

Ero quasi arrivata allo spogliatoio femminile, quindi mantenni la calma e gli parlai gentilmente.

«Non lo faccio per ripicca, solo che non ho tempo per darti ripetizioni. Sicuramente in questa scuola ci saranno altri ragazzi che possono aiutarti.» Gli feci notare chiudendo la questione. Arrivai alla porta dello spogliatoio ma lui non sembrò aver finito.

«Non posso farmi vedere in giro con uno di quegli sfigati! Se mi vedono con te almeno penseranno che usciamo insieme.»

La possibile simpatia che mi era parso di provare nei suoi confronti svanì in un istante, come se non ci fosse mai stata. Non volevo essere associata a lui in alcun modo.

«Quegli sfigati, come li chiami tu, sono la tua unica possibilità se vuoi giocare, quindi ti consiglio di mettere da parte l'arroganza e chiedere loro aiuto. E ti consiglio di trovare un minimo di umiltà quando lo farai, o non otterrai nulla.» Oltrepassai la porta chiudendola dietro di me e andai a fare una doccia.

Profumo di stelle #wattys2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora