Capitolo 32

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Tentò di nuovo di prendermi un braccio con la forza, ma Matt si interpose tra noi, spingendo Chris lontano da me.

«Che ti prende amico?» Gli chiese Matt, esprimendo la confusione di entrambi.

Chris lo guardò come se stesse cercando di dargli fuoco, prima di rispondere minaccioso.

«Ti avevo avvertito.» Gli puntò l'indice contro. «Non avrai una seconda possibilità con lei.» Mi afferrò di nuovo il polso per allontanarmi da lui e dovetti liberarmi ancora una volta.

«Non credi che spetti a me deciderlo?» Gli feci notare con rabbia. Da quando si permetteva di mettere bocca nella mia vita sentimentale? Non che ne avessi mai avuta una, da quando c'era lui, ma questo non cambiava che non aveva nessun diritto di dirmi cosa fare o chi perdonare.

«Devi venire a casa con me.» Mi si avvicinò il più possibile, per quanto gli permisi in quel momento. «Ora.»

«No.» Mi ristrassi di scatto. «Non finché non mi spieghi cosa ti prende.» Incrociai le braccia sotto il seno e attesi una sua risposta, che non tardò ad arrivare.

«Lui non ti merita, moscerino.» Disse senza nemmeno fingere che gli interessasse non farsi sentire da Matt, proprio al mio fianco.

«Non puoi saperlo!» Scattai immediatamente. Il nomignolo che usava ogni volta, di solito mi faceva sentire protetta. Aveva iniziato a chiamarmi così con le prime lezioni di autodifesa, tempo prima, quando la mia forza era pari a quella di un insetto.

Adesso, quel soprannome non faceva altro che ricordarmi quanto piccola ed indifesa fossi prima di conoscerlo. «E devi smetterla di chiamarmi così.» Aggiunsi.

La sua espressione cambiò all'istante, dando vita alla delusione che quella frase provocò.

«Credevo che ti piacesse.» Disse abbassando il tono della voce, affranto. I suoi occhi azzurri, che erano stati un rifugio in quegli anni, mi guardavano come se fosse sbalordito da ciò che avevo detto, respingendomi come fossi stata una sconosciuta.

«Non sono più una ragazzina che ha bisogno di essere salvata.» Gli feci notare, cercando di ignorare la delusione sul suo volto, ma mi pentii dell'indifferenza con cui l'avevo detto.

Ci fu silenzio per qualche secondo, durante il quale ragionai sul modo in cui mi stava guardando da quando era entrato. Si protendeva con il corpo verso di me, come se fosse stato pronto ad allontanarmi da Matt in ogni momento.

Osservai meglio il suo volto e vi scorsi la preoccupazione che sul momento non avevo notato.

«Dovresti andare.» Matt prese parola, stupendo entrambi. Lo guardai confusa.

Non volevo andarmene, non prima di avergli detto cosa ero riuscita a capire. Cosa provavo per lui.

«Cosa? No.» Pensai che avesse cambiato idea per via di ciò che aveva detto Chris, quindi gli presi una mano nella mia e lo guardai fisso negli occhi. «Non devi ascoltarlo, decido io della mia vita.»

«Dammi retta,» mi rispose «è il Ringraziamento, devi tornare a casa e passarlo con la tua famiglia.» Mi donó un sorriso a metà, evidentemente forzato, ma sempre splendido.

Solo allora notai che non c'erano preparativi in quella casa: dalla cucina non proveniva alcun profumo di cibarie tipiche, non c'era nessun tavolo imbadito per ospitare la sua famiglia, lui non sembrava aspettare nessuno.

«Tu vai dai tuoi?» Supposi, con la speranza che dicesse di si. Forse prima si trovavano lì per portarlo da loro, ma ero arrivata io a rovinare i piani.

«No.» Rispose abbassando lo sguardo.

Quindi quella visita sarebbe stato tutto ciò che avrebbe ricevuto dai suoi genitori il giorno del Ringraziamento?

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