capitolo 12

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«I secondi passano» lo incitai a parlare, cercando di non rendere troppo evidente che mi dispiaceva vederlo in quella situazione. Non avevo un motivo. Era così e basta. Ma ci si era cacciato da solo.
Lui prese un profondo respiro prima di cominciare.

«Credo di doverti delle scuse.»

«Oh, ma davvero?» Lo interruppi sarcastica.

«Ti prego, fammi finire» mi chiese guardandomi dritto negli occhi. Mi resi conto che il tempo passava, quindi gli feci cenno con la testa di continuare. «Ti chiedo scusa per averti offesa. Non volevo insinuare che tu fossi una puttana, anche perché non lo penso.» La sua voce era sincera e decisa. «Ma non mi scuserò per avertelo proposto, continuo a pensare che non c'è niente di male nel farti capire quanto ti trovo sexy.» Un piccolo brivido mi percorse le gambe nel sentirglielo dire con fermezza. 
Mi ricomposi il più in fretta possibile.

«Non importa cosa pensi, non puoi chiedermi una cosa del genere.»

«Perché no?»

«Non ti conosco nemmeno, Dio!» Tentai di porre fine alla questione.
Ma le mie speranze svanirono con la sua risposta.

«Stai dicendo che se mi conoscessi, accetteresti?»

«No!» Urlai immediatamente.

«Perché?!» Gridò a sua volta. Eravamo tornati a urlare e non ne potevo davvero più. Come diamine eravamo finiti per urlarci a vicenda, se era venuto a parlarmi per chiedermi scusa?

«Sai cosa ti dico? Ci stiamo mangiando la coda. E se ti piace quel tipo di ragazza, ti dico solo una cosa: la classe di un uomo si vede dal tipo di donna che corteggia.» Detto ciò, mi voltai per andare in un qualsiasi posto, purché fosse stato lontano da Matt. «I trenta secondi sono terminati e ti sarei grata se potessi tenere a bada le tue spasimanti, non mi va di essere insultata solo perché tu vuoi uscire con me.» Gli dissi con irritazione.

«Di chi stai parlando?»
Ovviamente lui non poteva sapere del bagno, così lo misi al corrente in fretta.

«Non lo so, una mora, alta, occhi scuri e una lingua biforcuta. Perché non chiedi a lei un po' di sesso? Sono sicura che accetterà volentieri.» Gli diedi le spalle per allontanarmi da lui.
Ma mentre mi giravo, la sua voce mi fermò nuovamente.

«Io sono un uomo di gran classe.» annunciò con orgoglio.

«Perché?» Gli chiesi, guardandolo in volto per provare a capire cosa intendesse.

«Perché sto corteggiando te.» Mi rispose con una naturalezza disarmante.
A quel punto mi sentivo il cuore a mille e la rabbia che lo seguiva a ruota.

«Non so quanto tu sappia del corteggiamento, ma assillarmi continuamente e chiedermi di venire a letto con te solo perché ti passa per la testa, non è propriamente una tipologia di corteggiamento.» Gli feci notare, tentando di mantenere la calma per non ritornare a urlare.

«Beh, tu non mi hai lasciato scelta» disse semplicemente, alzando le spalle e mettendo le mani in tasca. Non abbassava più lo sguardo e questo stava a significare che non era più insicuro come poco prima. Era tornata la facciata da gradasso.

«Di che stai parlando?» Domandai incuriosita dalle sue parole.

«Ho già provato a "corteggiarti". Ti ho invitata a uscire, ti ho fatto complimenti, sono stato gentile con te e ti ho invitata a uscire di nuovo, e ancora. E non dirmi che sono l'unico tra noi che lo vorrebbe, perché non ti credo.»

Aveva colpito nel segno. Sapevo che aveva ragione e non potevo ribattere in alcun modo. Non era l'unico a volerlo, ma non potevo permettermelo e non potevo dirgli il motivo. Mi calmai, stanca di dover dare spiegazioni per qualcosa che non potevo avere. Mi accorsi che non ero tenuta a dirgli niente.

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