Teneva il mento pronunciato verso l'alto, come se volesse mostrare a qualcuno il pomo d'adamo ben marcato. I capelli neri erano pettinati con cura per restare all'indietro come fossero finti, ma la vita negli occhi marroni era impossibile da contenere.
Il corpo robusto mi negava ogni possibilità di vedere a chi appartenessero le voci dietro di lui. Una di queste si manifestò, quando una donna con un lungo cappotto nero prese sottobraccio l'uomo che non aveva smesso di fissarmi con scetticismo.
Sotto il pesante tessuto aveva un corpo esile, in forte contrasto con quello dell'uomo a cui si era accostata. Pareva un fuscello addossato al tronco.
«Elsa.» Matt pronunciò il mio nome, facendo spostare la coppia a lato dell'ingresso. Rimase fermo a fissarmi come se avesse visto un fantasma: la bocca lievemente socchiusa, occhi spalancati e sopracciglia di poco sollevate.
«Posso parlarti?» Lo risvegliai dal suo stato di trans, dato che anche la coppia aveva iniziato a fissarmi insistentemente.
«Certo.» Mi fece entrare, chiuse la porta e mi trovai di fronte alla coppia sconosciuta, mentre lui mi prendeva la giacca per appenderla. Matt si accorse della confusione generale e si schiarì la gola con imbarazzo.
«Elsa, loro sono i miei genitori. Mamma, papà, lei è...» non sapeva come continuare. Come chiamarmi?
«Elsa.» La donna masticó il mio nome con disappunto. «Nome insolito.» Fece scorrere i suoi occhi verdi sul mio corpo, dall'alto in basso.
«In realtà mi chiamo Elizabeth.» Mi presentai come si deve porgendo loro la mano. «Elsa è solo un soprannome.» Non usavo spesso il mio nome intero, ma se fosse servito a toglierle la puzza da sotto il naso, l'avrei fatto con piacere. Lei mi strinse la mano allungando così tanto il braccio da sembrare che volesse mantenersi a distanza.
«Sono la signora Prismore e lui è mio marito.» Ritrasse subito il gesto di presentazione e mi concentrai sul marito, mentre lei portò la mano ad aggiustare i capelli biondi perfettamente acconciati.
«Puoi chiamarmi John.» Mi sorrise bonariamente lui, abbandonando lo sguardo scettico di qualche secondo prima. Scoprii da chi Matt avesse ereditato quel sorriso che mi faceva sciogliere.
«Volevi parlarmi?» Disse Matt, felicemente speranzoso.
«Si, ma non sarei dovuta venire, sono un'intrusa qui.» Vidi la donna annuire sorridente alle mie parole, ma Matt mi distrasse da lei afferrando la mia mano, che per istinto ritrassi subito. Lanciai uno sguardo veloce ai suoi genitori, imbarazzata dalla scena a cui avevano appena assistito, sebbene ci fosse la possibilità che non l'avessero notato.
«Torno subito,» si rivolse ai suoi genitori, «sedetevi in soggiorno.»
«Noi dovremmo andare, a dire il vero.» Prese parola il padre, con uno sguardo di scuse. «Buon Ringraziamento.» Si avvicinò al figlio e con fare goffo gli diede un breve abbraccio, prima di uscire, seguito dalla moglie. Lei lo salutò con un cenno distaccato del capo e chiuse la grande porta con decisione, senza guardarsi indietro.
Appena non furono più a portata d'orecchio, iniziai a parlare prima che potesse farlo lui.
«Non si tratta di noi.»
Il suo sorriso si affievolì fino a mutare in confusione.
«Cosa?»
«La decisione di chiudere con te non riguarda noi.» Mi spiegai meglio.
«Di che stai parlando? Certo che riguarda noi, chi se no?» Sorrise ancora, ma smise appena vide che io non lo stavo facendo.
«Emily.» Risposi con determinazione. Ancora non comprendeva del tutto a cosa mi riferissi, così continuai. «Io so con cosa ti sta ricattando Owen e ho il dovere di proteggere mia sorella.»
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Profumo di stelle #wattys2020
Chick-LitMiami, giorni nostri. Elizabeth Sandrey ha appena perso i genitori a soli sedici anni. Un paio di anni più tardi, deve occuparsi lei della sorella minore Emily e con l'aiuto di Chris, Elizabeth riesce a stabilirsi in un nuovo appartamento, in una nu...