Capitolo 36

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Matt si fermò davanti all'ingresso del ristorante. Aspettai che prendesse un respiro profondo e decidesse di entrare, ma non faceva che fissare la porta con le sopracciglia contorte dal suo desiderio di scappare, come mi aveva detto poco prima.

Il sole era tramontato da più di un'ora e il terreno ne aveva approfittato per sprigionare il suo animo invernale.
Iniziai a sentire il freddo insinuarsi sotto la gonna di lana, gli presi la mano nella mia e la sentii calda.

«Non voglio metterti fretta, ma sto gelando qui fuori.»

Così lo svegliai dai suoi pensieri e aprì la porta con tutta la sicurezza che aveva raccolto.

«Facciamolo.» Si diede coraggio sottovoce.

Il ristorante era molto elegante.
Prevaleva il colore nero per le pareti di pietra che chiudevano l'ampia sala in un abbraccio di tenebre, illuminato al centro da un imponente lampadario di cristallo appeso al soffitto.
Le tovaglie bianche creavano un forte contrasto con le pareti, ma questo veniva smorzato dai colori eleganti indossati dalle ospiti.

Mi sentii del tutto fuori luogo, ma per fortuna nemmeno Matt era elegante e questo mi diede sollievo. Almeno eravamo fuori posto insieme.

Mi venne quasi il diabete con quel pensiero, io non ero così sdolcinata. Mi concentrai su altro.

Matt diede il nome e un cameriere ci accompagnò al tavolo dei suoi genitori, dopo averci preso i cappotti.

John si alzò in piedi per salutarci con il solito imbarazzo, mentre sua moglie Mary sollevò solo un momento lo sguardo dal menù per guardarmi con disapprovazione, fece un cenno col capo a Matt e tornò alla sua lettura.

«Sono felice che siate venuti.» Disse John. Prendemmo posto difronte a loro e Matt si sforzó di avere un atteggiamento positivo verso suo padre.

«Sei nostra ospite per questa sera, puoi scegliere quello che vuoi.» Mi disse lei. Non sembrava una frase cattiva, eppure il modo in cui mi parló mi fece infuriare.

«Grazie.» Avrei dovuto essere il più gentile possibile. Dovevo pensare solo a Matt, lui avrebbe dovuto passare una buona serata, almeno con suo padre. «Matt non mi ha detto di cosa vi occupate.» Mi rivolsi a John per iniziare una conversazione neutrale.

«Ah no?» Disse Mary, con una punta di sarcasmo.
Per fortuna John le lanciò un occhiata intimidatoria e la ignoró.

«Sono il dirigente della compagnia farmaceutica che si occupa di fornire gli ospedali dello stato.» Rispose con fierezza.

Mi complimentai per i suoi meriti e presi in mano un menù per scegliere cosa mangiare.

«Nonostante questo, nostro figlio è riuscito ad intossicarsi per mesi prima che te ne accorgessi.» Quella vipera bionda lo disse senza nemmeno guardarlo in faccia.

«Non è stata colpa sua.» Matt difese suo padre senza esitazione e lui lo ringraziò con un sorriso che urlava amore.

«Non ho mai detto una cosa simile.» Sollevò finalmente gli occhi verdi dal menù e continuò a parlare con naturalezza. «Sappiamo tutti che la colpa è di quella sciaquetta che frequentavi.»

«Alexy non c'entrava niente.» Scattò di nuovo.

«Alexy?» Chiesi incuriosita. Non l'aveva mai nominata prima.

«Oh, mi dispiace.» Mi disse con falsità. «Credevi di essere la prima? Questa volta siamo preparati. Con te non faremo l'errore di darti il beneficio del dubbio.» Tornò di nuovo a quel maledetto menù, come se noi fossimo solo rumore in sottofondo che doveva zittire tra la descrizione di una pietanza e l'altra.

Profumo di stelle #wattys2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora