14. Twelve days

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Never Be Alone; Shawn Mendes.

Non potei andare a scuola per dodici giorni

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Non potei andare a scuola per dodici giorni.

Tralasciando i segni visibili sul viso, non riuscivo a camminare.

Rimasi a letto, chiusa in camera mia, quasi senza mangiare.

Una volta al giorno Vincent, preso dalla pena, mi portava qualcosa in modo da non farmi morire.

Non mi lavai per giorni, non mi alzai e non parlai con nessuno.

Victor si occupò di dire a Caroline che avevo una terribile influenza che mi costringeva a stare chiusa in camera, dunque non risposi mai a nessuno dei suoi messaggi.

L'ottavo giorno riuscii ad alzarmi dal letto e mi feci una doccia. I lividi ormai stavano sparendo, almeno quelli sul viso, e il taglio provocato dal piatto rotto si stava rimarginando e ne restava solo un graffio superficiale.

Ero dimagrita molto e il vedermi pallida nello specchio mi spaventò.

Scesi in cucina quando sapevo che nessuno era in casa e presi del pane dal frigo, che mangiai insieme a del burro di arachidi. La fame si placò definitivamente, ma mi sentivo spossata e indolenzita.

Tornai a letto e dormii tutto il giorno.

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Qualche giorno dopo mi svegliai e mi resi conto che ero costretta ad andare a scuola: non potevo permettermi altre assenza nel caso fosse capitata ancora una cosa simile.

Buttai nella spazzatura il burro cacao colorato che mi era costato tutti quei giorni rinchiusa e aprii le tende, facendo entrare nella stanza la luce del sole che ormai mi appariva sconosciuta.

A scuola Caroline mi corse in contro, arrabbiata poiché non le avevo mai risposto.

George mi guardava da lontano e riuscii a rivolgergli solo un tenue sorriso. Quel giorno non avremmo avuto lezioni in comune e forse mi sentii sollevata, perché non avrei dovuto mentirgli per spiegare perché avevo saltati così tanti giorni all'improvviso.

Mi sentivo ancora debole e stanca, ma superai tutte le ore brillantemente, organizzandomi con alcuni professori per recuperare le verifiche saltate durante la mia assenza.

In mensa mi sedetti con Stephanie, Maia, Caroline e George, ma fui silenziosa. Non ero affatto in vena di parlare e questo attirò l'attenzione dell'unico ragazzo seduto al tavolo, che continuò ad osservarmi durante tutto il pranzo. Spiluccai qualche patatina fritta ma, a nemmeno metà porzione, le regalai a Caroline e mi alzai per andare in aula studio.

Con passo strascicato percorsi il corridoio deserto. Qualcuno mi afferrò per il braccio, facendomi irrigidire. Mi tolsi subito da quella presa con gli occhi sgranati, le gambe tremanti e una miriade di spilli che mi pungevano: ero pronta a piangere come una disperata.

Not a Cinderella's storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora