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Che Gojo non fosse propriamente il tipo di persona da definire "empatica" era un fatto comunemente risaputo

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Che Gojo non fosse propriamente il tipo di persona da definire "empatica" era un fatto comunemente risaputo.
Eppure sarebbe stato ugualmente scorretto affermarlo.
La sua empatia, infatti, funzionava in maniera piuttosto contorta e articolata- come ovvio che fosse, del resto, Satoru Gojo era l'incarnazione terrena del "ne nasce uno ogni quattrocento anni".
Lo stregone dei Sei Occhi era anzi perfettamente in grado di fiutare e stanare dinamiche, emozioni, sensazioni e pensieri sul nascere, indovinandoli prima ancora delle persone direttamente coinvolte.
Come era accaduto con Fushiguro- ormai più di un mese prima. Gojo aveva colto i primi segnali e campanelli d'allarme con almeno due o tre settimane di anticipo, quando ancora Megumi si stava arrovellando il cervello dietro al mistero degli attacchi di ansia che lo attanagliavano ogni qualvolta si trovava nei pressi della via che portava al Komeda Café.
Lui, quella cotta, gliel'aveva fiutata addosso prima ancora di conferirle il volto di Naori.
L'aveva vista muoversi come un tenue bagliore fra le ombre del suo sguardo e l'aveva indovinata nell'impercettibile mutamento della sua temperatura corporea ogni volta che ne sfiorava l'argomento- pur non sapendo ancora di cosa stesse parlando.
Il giorno in cui aveva messo piede in quel locale gli erano serviti giusto quattro o cinque passi oltre l'ingresso, prima di compiere tutti i due più due di specie.
E il risultato?, beh lo conosciamo ormai tutti.
Lui, però, lo aveva riconosciuto per primo, anticipando persino Fushiguro nel rendersene conto- e questo per un motivo che più che semplice avrebbe del banale.
La sua esperienza.
Gojo non era il tipo di uomo in grado di percepire e tradurre le emozioni ed i pensieri altrui- a meno che questi non li avesse vissuti sulla sua pelle o pensati in prima persona, ad un certo punto della sua vita.
E le emozioni fresche e destabilizzanti della prima cotta erano troppo uniche nel loro genere e nel lasciare tracce in ogni dove, perché Satoru Gojo non le potesse riconoscere e stanare all'istante.
Discorso del tutto diverso valeva invece per le emozioni a lui completamente estranee- come la paura, la vergogna, il senso di inadeguatezza.
Oppure ancora- la gelosia.
«Uh? E perché non andrebbe bene, scusami?»
«Perché sono una femmina! E le femmine dovrebbero allenarsi con altre femmine!!!», sbraitò Kugisaki, puntando i piedi nell'erba. «Dì un po', spilungone bendato- a te divertirebbe doverti misurare con un essere che per costituzione fisica è il doppio di te?!».
Gojo si accigliò confuso. «Veramente, in quanto a massa tu e Megumi siete perfettamente bilanciati- cioè, lui è più alto di una spanna o due, d'accordo, ma c'è da dire che confronto a te è secco come un chiod-»
«Aaah!!! E quindi io sarei bassa e tozza- è questo che vorresti insinuare?!!».
Itadori cominciò ad allontanarsi.
«Ngh- ma no!, sto solo dicen-»
«Non me ne frega niente!!! Io non mi voglio battere con lui, è chiaro?!!».
Tirando le labbra in un sorrisetto arrendevole, Gojo non poté che desistere. «D'accordo, d'accordo- vorrà dire che aspetterai Maki e gli altri del secondo anno»
«Sì, per me va bene», ribatté asciutta la ragazza e senza aggiungere altro raggiunse il margine del campo erboso per cominciare a riscaldarsi da sola, in attesa dell'arrivo dell'altro gruppo.
«Ma che le è preso?», domandò quindi il professore, squadrandola attonito da lontano. Kugisaki non si sarebbe mai sognata di fare un discorso simile, per lei le differenze di genere non avevano mai costituito un ostacolo né un problema in combattimento, figurarsi durante gli allenamenti e gli esercizi corpo a corpo.
Al contrario- li aveva sempre sfruttati a suo vantaggio per rafforzarsi.
«Mmm vabbè, vorrà dire che comincerete voi due».
Megumi alzò le spalle. «Per me non fa alcuna differenza»
«Fushiguro, visto che fai tanto lo spavaldo- ricordati anche di non mettere il broncio quando ti ritroverai a masticare la terra- okaaay?», sghignazzò Itadori.
«Che palle», sbuffò annoiato l'altro, preparandosi in posizione di difesa.
Lo scontro cominciò.
E continuò.
E andò avanti fino all'arrivo del senpai Inumaki, di Panda e della giovane Zenin, che si divisero in altre due coppie per dare inizio ai loro allenamenti.
Tra leve, parate, scontri con strumenti maledetti, pugni e affondi intrisi di energia malefica, le tre coppie si sfiancarono fino a stillare l'ultima goccia di sudore e schiantarsi sfiniti sull'erba per riprendere il respiro.
«Ottimo lavoro! Però, Yuji... la bocca di Megumi è fin troppo pulita- non vedo tracce della terra di cui parlavi!, la prossima volta non illudermi, d'accordo?»
«Cheee?! Sta dicendo che tifava per lui?!», sbroccò Fushiguro, serrando le dita ai fili d'erba in un moto di stizza.
«Era una scena che aveva del potenziale!», lo sbeffeggiò il professore, sorridendogli scherzoso.
E al fianco del povero Megumi, anche Itadori e gli altri scoppiarono in una sonora risata.

L'Autunno di FushiguroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora