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Megumi non riprese conoscenza per due lunghi giorni

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Megumi non riprese conoscenza per due lunghi giorni.
All'interno dell'Istituto di Arti Occulte di Tokyo, intanto, il fermento e le direttive generali dei Piani Alti avevano già fatto in tempo a raggiungere ogni singolo presunto responsabile dell'incidente di Shibuya.
Senza tuttavia inchiodare quello vero.
Interrogatori, contro interrogatori, minacce e condanne- mentre fuori dalla società Jujutsu l'intero Giappone, con maggior enfasi nella prefettura di Tokyo, viveva un vero e proprio stallo economico-sociale, una crisi di governo generata da un improvviso vuoto politico ed un'emergenza urbana senza precedenti data dai continui orrori che imperversavano per le strade.
Spiriti maledetti di ogni livello e natura, liberati a migliaia dal potente Kenjaku, non sembravano concedere un solo attimo di respiro, portando devastazione e morte in ogni angolo della capitale giapponese.
E ai Piani Alti, tuttavia, si continuava a puntare il dito inquisitore in tutt'altra direzione rispetto a quella dovuta.
Satoru Gojo, ritenuto complice dell'attentato terroristico avvenuto a Shibuya, era esiliato a vita dalla comunità di stregoni- ed illegale era pertanto considerato qualsiasi tentativo di liberarlo dalla sua attuale condizione di prigionia all'interno della Soglia della Porta dei Condannati.
Suguru Geto veniva- per la seconda volta- condannato a morte.
Pari modo Masamichi Yaga, condannato alla pena capitale per aver avviato i due ex studenti sulla strada della sovversione.
«Ha del ridicolo», bofonchiò Megumi, fissando il vuoto con sguardo furente d'odio. «Tre condanne e in nessuna di esse figura il vero responsabile».
Shoko ne sospirò, ma preferì non metterlo ancora al corrente della quarta.
«Itadori non era tra i feriti- almeno questo», osservò il giovane, facendo irrigidire la dottoressa. «Dov'è?».
Quella parte sarebbe stata tanto difficile quanto quella riguardante la sorella Tsumiki- e lei non si sentiva affatto la persona più adeguata ad affrontare certi argomenti.
«Yuji non è qui»
«No, infatti... lo vedo-»
«Intendo, in Istituto».
Fushiguro si adombrò all'istante. «Che significa».
Voltandosi indietro, la donna si strinse nelle spalle. «Beh, significa- che per il momento è meglio se si tiene alla larga da queste zone»
«Perché», la inchiodò duramente.
E con enorme sollievo di Shoko, la porta del laboratorio si aprì, troncando di netto il discorso.
«Ah, Okkotsu! In effetti cominciavo a chiedermi che fine avessi fatto- erano già due ore che non venivi in visita».
Ignorando la sua frecciatina, Yuta oltrepassò la soglia e gettò un'occhiata ai corpi dei suoi compagni.
Scivolando gli occhi su Maki, sentì un brivido stringergli le viscere.
«Senpai Okkotsu, ti hanno richiamato a Tokyo nel momento più sbagliato-»
«Ciao, Megumi», gli sorrise lo stregone di livello speciale, scivolando accanto al suo giaciglio. «Come ti senti?»
«Come uno che ha dormito per più di quarantotto ore-»
«Frastornato?»
«No- indietro col programma», rispose risoluto il giovane, affinando lo sguardo sul volto del senpai. «Che cosa sta succedendo- perché Itadori non è qui?».
Rilasciando un sospiro, Yuta ricambiò l'occhiata titubante di Shoko. «Lo scoprirà comunque-»
«Che- cosa», snocciolò Megumi, sentendosi fremere in tutta quella cautela improvvisa. «Cosa devo sapere?!».
Sedendogli accanto, Yuta gli accennò col capo qualche branda oltre la sua, dove riposava Inumaki.
«Lo sai perché non ha più un braccio?», esordì poi, scurendosi in viso. «Beh, è stata opera del tuo compagno. Yuji Itadori-»
«Cosa?! Di che diavolo stai-».
Brutale, la risposta gli esplose nella mente in anticipo, preannunciando le parole di Okkotsu: Sukuna.
«No- aspetta... non vorrai dire che-».
Yuta annuì.
Itadori aveva perso il controllo su Sukuna. E questi aveva raso al suolo i dintorni di Shibuya, mettendoli a ferro e fuoco e disseminando il chaos.
L'ammontare delle sue vittime non era ancora stato calcolato.
«La sua tecnica- o, meglio, il suo dominio innato non soggiace a barriere né limiti spaziali. Ciò significa- che ogni edificio, civile, stregone ed essere vivente che si è ritrovato al suo interno, è rimasto vittima dei suoi colpi garantiti-».
Megumi scosse il capo, deglutendo un orrore gelido. «No, non è possibile. Lui-»
«Ha perso il controllo, Megumi», ribadì Yuta. «Non era niente che non ci si potesse aspettare- e per tutte quelle persone che sono morte a causa di ciò, ora è giusto che ne paghi le conseguenze».
Le conseguenze, ripeté nella mente stordita.
Cosa avrebbe fatto- se pur di salvare una vita ne avesse condannate a morte altre centinaia?
Quella domanda gli si schiantò brutalmente addosso a distanza di mesi da quando lui stesso l'aveva rivolta a Itadori.
Serrando gli occhi, scivolò giù dalla branda e inciampò con lo sguardo nel corpo mutilato del senpai Inumaki.
Il senso di colpa gli fece stringere i denti in una morsa stretta.
«No. Non è giusto che a pagare sia lui».
Prendendo un profondo respiro, Yuta si rialzò dal giaciglio e lo guardò a lungo negli occhi. «Lo capisco», disse. «Aiutami a trovarlo, Megumi. E se poi vorrai batterti al suo fianco per salvarlo, capirò anche questo», aggiunse, stringendogli una mano sulla spalla. «Ma prima- dobbiamo trovarlo».
Fushiguro annuì, avanzando di qualche passo verso la porta.
E questa si aprì di nuovo.
«Yuki- Tsukumo?»
«C'è anche dell'altro che devi sapere, Megumi», esordì la sua voce. «E non ti piacerà neanche un po'».
Voltandosi indietro, Fushiguro vide emergere sul volto del senpai Okkotsu un'espressione profondamente rammaricata.

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