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Il giorno seguente, la situazione non mutò

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Il giorno seguente, la situazione non mutò.
E tanto meno quello dopo ancora.
Il silenzio fra Megumi e Nobara crebbe così al punto tale da stranire anche chi non ne finiva direttamente coinvolto, ma si trovava comunque a testimoniarlo.
Come uno di quei veleni letali ed insidiosi contro cui non ci si protegge adeguatamente, minacciava già di intossicare irrimediabilmente il loro rapporto. A ben poco servirono le accortezze di Gojo nel trovare espedienti di ogni genere pur di lasciarli da soli. Chiusi ciascuno nel proprio silenzio, i due potevano trascorrere anche un'intera missione senza rivolgersi parola e senza mutare di una sola virgola le sorti di quella guerra fredda che si trascinava ormai da quasi una settimana.
«Continuo a non capirci granché- ma mi sta ricordando una situazione già vissuta», commentò Gojo, affiancandolo in fondo al gruppo sulla via di ritorno verso la stazione. Per quel che ricordava, anche Shoko aveva rivolto lo stesso trattamento a lui e a Suguru, verso la fine del loro secondo anno accademico.
Gojo non aveva tuttavia mai compreso né approfondito le ragioni del suo distacco- e considerate le traumatiche evoluzioni che avevano poi incrinato irreparabilmente anche la sua amicizia con Suguru Geto, la faccenda con lei era passata del tutto in secondo piano senza trovare mai occasione di confronto. I due avevano infatti finito con l'allontanarsi poco a poco sempre di più, fino a diventare due colleghi con un trascorso di affetto reciproco nei caldi giorni dell'adolescenza.
Sospirando rassegnato, Megumi si infilò le mani in tasca e ribadì che la scelta di tagliare i ponti era stata unicamente di Kugisaki. «Ma non mi sto facendo problemi, anzi- rispetto la sua decisione»
«Sul serio? Però non mi sembra che la cosa ti stia lasciando del tutto indifferente», lo contraddì il professore, che in quegli ultimi giorni aveva notato un notevole peggioramento nell'umore del giovane studente. Inizialmente aveva ipotizzato fosse solo preoccupato per la sorella Tsumiki, dopo averla scoperta coinvolta nella macabra faccenda del Ponte Yasohachi, i cui riti di iniziazione occulta avevano tolto la vita a parecchie persone che, come lei, vi avevano preso parte.
Ma erano passati ormai due giorni da quella notte e la ragazza era stata a lungo monitorata per sventare sciagure di sorta.
Inoltre la questione era stata ormai risolta e conclusa- non aveva più senso temere che le potesse capitare qualcosa.
«Infatti, non è quello il problema», affermò Fushiguro, lasciandosi poi andare ad un altro profondo sospiro.
Era l'inesorabile ticchettare della resa dei conti con Naori a tormentarlo di giorno in giorno sempre di più, ché per quanto desiderasse rimandarla al giorno mai, sapeva perfettamente che sarebbe dovuta arrivare prima o poi.
E quel poi si era già trasformato nel prima, Megumi lo sentiva nell'aria che quel ticchettio angosciante stava per tramutarsi in un'esplosione perfettamente in grado di incenerire il loro legame appena nato.
Non poteva più tenerle nascosta la verità sui suoi anni, ora che viaggiavano spediti in direzione di un evento tanto importante quale poteva esserlo la loro prima volta.
E la sua, in generale.
Rimandare l'inevitabile non gli sarebbe più stato concesso e lasciare che accadesse a quelle condizioni sarebbe stato ugualmente inaccettabile per uno come lui.
Megumi, per quanto giovane, aveva infatti già maturato una profonda consapevolezza di se stesso e della sua idea di morale: era perfettamente conscio che non si sarebbe mai potuto macchiare di una scelta tanto meschina. A lui tornava sbagliata e disonesta, al pari di strappare con la menzogna un qualcosa che desiderava con tutto se stesso.
Per il solo scopo di ottenerlo.
Per il solo e puro egoismo che fosse lei la prima donna con cui si sarebbe spinto in quelle acque.
Quella sera, pertanto, la invitò a cena nella casa in cui era cresciuto insieme a Tsumiki. La stessa che aveva detto a Naori fosse la sua fissa dimora- ma che non lo era più da tempo ormai.
Le preparò i piatti più prelibati, le cui ricette gli erano gentilmente state suggerite dai suoi senpai- per fare bella figura, aveva detto loro, ma nella realtà il suo gesto non era altro che un disperato tentativo di chiederle scusa in anticipo per ciò che le avrebbe dovuto sbattere in faccia dopo la bellezza di quasi due mesi.
Di tanto in tanto si illudeva che potesse essere una rivelazione da nulla, ma subito dopo ricordava che era solamente la sua prospettiva nell'osservarla a renderla tale.
Per quel che poteva saperne- e per il genere di ragazza che Naori gli aveva dimostrato di essere, rigida e autorevole sulle questioni che reputava abbastanza serie e rilevanti- avrebbe potuto anche ritenerlo un mostro.
Un ragazzino egoista, superficiale e completamente privo di buon senso.
Così, quando la tavola fu imbandita e Fushiguro accese persino quell'unica candela al centro, fu per lui una reazione naturale ed istintiva serrare i denti nel percepire il suono del campanello.
Era arrivata.
La resa dei conti bussava già alla porta.
«Ma che buon profumino!», esordì Naori, sfilandosi il cappotto con un sorriso carico di gioia. Dopodiché lo salutò con un tenero bacio sulle labbra, che Megumi riconobbe all'istante come uno degli ultimi che gli sarebbero stati concessi.
«Siediti pure- torno subito», le disse gelido, infilandosi subito dopo in bagno per recuperare un po' di quella forza che gli stava già scivolando via tra le dita.
Come tutte le volte precedenti in cui si era promesso che le avrebbe detto tutto- per poi non dirle assolutamente nulla e ripromettersi che lo avrebbe fatto la volta successiva.
Inchiodandosi con lo sguardo allo specchio, ricordò a se stesso che stava vivendo nella menzogna, costringendo inconsapevolmente anche lei a fare altrettanto.
Era riuscito solo due notti prima ad espandere uno stramaledetto dominio incompleto per sconfiggere una maledizione di livello speciale- eppure ciò che stava per affrontare gli sembrava infinite volte più difficile e doloroso.
Forse perché ne conosceva già le conseguenze.
«Non importa», affermò a denti stretti, rialzandosi dal lavandino per costringersi a tornare di là.
Era la decisione più giusta- proprio perché era anche quella più difficile da compiere.
«Oh, eccoti!», gli sorrise Naori, già seduta di fronte al suo piatto. «Non che la cosa mi stupisca- ma hai davvero cucinato tutto tu?»
«S-sì, non sono piatti così complicati», rispose il ragazzo, prendendo posto di fronte a lei. «Grazie per aver portato il vino», aggiunse con un sogghigno, ché aveva del beffardo ora il ruolo stesso di quella bottiglia. Gli avrebbe garantito sicuramente una spinta di coraggio aggiuntiva per confessarle che il solo fatto di starlo bevendo aveva già dell'illegale.
Ma prima- tanto valeva non farsi andare di traverso la cena, almeno in onore delle tre ore che aveva impiegato per prepararla.
«Come sei serio», lo pungolò la ragazza, quando le versò un secondo bicchiere e rabboccò anche il suo.
Fushiguro forzò giusto un sorriso, riprendendo a mangiare e a guardarla di sottecchi.
Patetico a dirsi- sentiva già la sua mancanza, pur avendola ancora in carne ed ossa di fronte agli occhi.
Fu una volta vuotato anche quel secondo bicchiere che la sua testa si alleggerì, suggerendogli di aver bisogno di ancora un po' di tempo- e di qualche bacio di incoraggiamento, forse- prima di far esplodere la bomba ai loro piedi.
Un'ora- ancora un'ora e le parlerò, giuro.
Che cosa avrebbe potuto un'ora in più, dopo un mese e mezzo trascorso a non dirle nulla?
In linea di massima- niente.
Ma una volta sparecchiata la tavola e chiacchierato del più e del meno, la convinzione ci mise poco a sfumare tra le sue dita e a sciogliersi in quei baci sempre più intensi e dissennanti, scambiati tra la cucina e il piccolo soggiorno.
Dio, non ce la farò mai, pensò tra sé, trattenendo il respiro quando Naori lo chiuse spalle al muro, baciandolo con ardore contro la parete in corridoio.
«Pessima idea quella del vino-», gli ansimò sulle labbra, ridendo alleggerita.
Pessima, sì. Per me che ho quindici anni, poi, è stata davvero l'ennesima mossa del cazzo.
Potrei dirgliela così e buttarla sul ridere, considerò, afferrandole il viso per baciarla con più intensità.
Ho quindici anni, Naori.
Naori... io ho quindici anni.
Ho fatto un casino.
Avanti- dillo!
E di bacio in bacio, di frase intrappolata e soffocata a forza in gola, di mani intrecciate e di dita strette ai vestiti, finirono sdraiati nell'unico posto in cui Megumi si era tassativamente proibito di mettere piede.
Il letto di camera sua.
«Megumi-», ansimò Naori, scivolando sul materasso sotto al suo corpo ormai quasi totalmente nudo. Sorrise, guardandolo a fondo negli occhi lucidi di desiderio e annebbiati dai due bicchieri di vino.
Fushiguro la guardò di rimando dall'alto, respirando agitato con le braccia tese ai lati del suo viso.
E muoversi su di lei divenne subito un pericolosissimo correre a perdifiato sull'orlo del baratro, per quanto continuasse a ripetersi che "desiderava solamente sentirla ancora un'ultima volta, prima di rovinare tutto".
Febbrile e angosciato come un condannato a morte, Megumi si spinse così su di lei e tra le sue gambe fino a imprimersi totalmente nel suo corpo.
L'intera stanza si saturò di gemiti, di ansimi e di quello che in tutto e per tutto aveva già i connotati inconfondibili del sesso.
Solo- un'altro po'.
Ancora pochi minuti, ripeté a se stesso, abbandonandosi tra le sue braccia e aggrappandosi con forza al materasso.
Sospinta da quella danza tanto aderente ed infuocata, Naori lo pregò in un ansimo e, ormai incapace di contenere il desiderio, gli sfilò l'intimo con un gesto che più che dell'automatico ebbe del disperato.
«Oddio-», rantolò Megumi, serrando gli occhi a forza nel sentirsi incastrare al suo accesso.
Naori gemette un sorriso tra le labbra frementi.
Con le dita si scostò quindi il tessuto per agevolargli l'ingresso nel suo corpo, già fattosi elettrico e liquido di languore.
Paralizzato nei muscoli, Fushiguro non stava più neanche respirando ormai.
Issato su di lei come una statua di pietra pronta a esplodere in miliardi di schegge, aggrottò le sopracciglia e serrò i denti dalla sofferenza.
Il timer aveva esaurito anche gli ultimi secondi.
Sentendola avvolgerlo con le gambe, serrò le dita al lenzuolo e soffiò un gemito a denti stretti nel sentirsi scivolare dentro di lei.
Lentamente.
Il piacere fu tanto immondo da fargli schizzare il cuore in gola, comprimendogli il petto in una morsa orrenda.
Fa qualcosa- fa qualcosa!!!
Affranto, si lasciò cadere sui gomiti.
Con una riluttanza che ebbe del doloroso, poi, si ritirò dal suo corpo caldo ed invitante.
Dopodiché la guardò e scosse il capo, deglutendo nella gola serrata il sapore arcigno della fine.
«Che succede? Hai- cambiato idea?», gli sorrise Naori, carezzandogli il volto arrossato con un vezzo intriso di dolcezza. «Ehi-»
«Non posso, Naori», disse. «Vorrei tantissimo, credimi, ma- non possiamo», aggiunse, rialzandosi l'intimo per poi sedersi quanto più lontano possibile da lei.
Confusa, la ragazza si ricompose e scivolò piano verso di lui.
Non aveva idea di cosa gli avesse preso tutto d'un tratto, ma le fu chiaro dalla sua espressione tesa e adombrata che dovesse trattarsi di qualcosa di piuttosto importante.
La stava guardando con un'aria tanto afflitta da far male persino a lei, ora.
«Megumi, che succede?»
«Io-», deglutì, rilasciando il respiro da naso. «Non ti ho detto la verità- non l'ho mai fatto. Anzi, non ho fatto altro che nascondertela pur di continuare a vederti e arrivare a questo punto, ma... non posso- non sarebbe giusto»
«Ma di cosa parli- cosa non è giusto?»
«Naori io non sono la persona che ti ho fatto credere di essere», rispose. «Non- studio storia all'università, non ci vado neanche a dirla tutta. E non vivo qui, questa è solo la casa in cui sono cresciuto con Tsumiki, dopo che i nostri genitori ci hanno abbandonati»
«V-va bene, ma-»
«E non ho neanche vent'anni», la interruppe, sgonfiando il petto con un unico, profondo respiro.
L'ho detto finalmente, pensò tra sé, riprendendo a respirare a occhi chiusi. La mente gli si alleggerì all'istante, liberandosi di quel peso ormai diventato insostenibile.
Ma non appena li riaprì, l'espressione rigida sul volto di Naori lo sferzò tanto tagliente e gelida da fargli provare del dolore fisico.
«Che significa-», balbettò lei, «che non hai vent'anni- tu... Megumi, quanti anni hai?», gli domandò, respirando a fatica.
Fushiguro si paralizzò e la voce gli venne improvvisamente meno.
«Diciotto? Diciannove? Megumi-», lo incalzò lei, inghiottendo a fatica un'ansia improvvisa.
Il ragazzo scosse addolorato il capo.
«Megumi- quanti anni hai», ripeté allora Naori, inasprendosi di disappunto e sofferenza nella voce tremante.
«Ne compirò- sedici, il prossimo dicembre».
Tutto in una volta, il respiro parve abbandonarla, lasciandola afflosciare di incredulità sotto agli occhi costernati del ragazzo con cui stava per fare l'amore fino a pochissimi secondi prima.
E che adesso- d'un tratto- non era più nemmeno considerabile legale baciarlo.
Quindici anni.
Aveva soltanto- quindici anni.
Dal canto suo, Fushiguro avrebbe voluto chiederle perdono in nome di tutte le volte che si era ripromesso di dirle la verità, senza riuscire mai a trovare il coraggio di farlo.
«Megumi- tu... non può essere, i-io non- quindici anni-»
«Non è colpa tua, Naori», le disse con voce ferma, allungando una mano verso il suo volto.
Lo sguardo della ragazza era vitreo, le lacrime spingevano già dai suoi bellissimi occhi, ma senza trovare la forza di liberarsi. «Non è colpa tua», ripeté, carezzandole il viso.
Ma quasi che l'avesse ustionato a bruciapelo, lei lo ritirò e si rialzò dal letto, rivestendosi in silenzio tra i fremiti.
Allora Megumi cominciò a prepararsi all'inevitabile, pur cercando di portare entrambi ai ripari. «Non sapevo come dirtelo, io- non volevo che tu-»
«Non volevi cosa, Megumi?!», lo rimproverò, schiantandogli in faccia uno sguardo lucido di tormento. «Che mi rendessi conto che sei minorenne?!»
«Non volevo finisse così, perdonami-»
«Sei- minorenne, Megumi», ansimò lei. «Io non avrei dovuto nemmeno sfiorarti con lo sguardo- cazzo», gemette poi.
Non proferì più parola e finì di rivestirsi in silenzio, singhiozzando sommessamente sotto lo sguardo mortificato del giovane.
Lo ricambiò giusto un'ultima volta, scivolando poi gli occhi sul letto. Tra quelle lenzuola, su quel materasso- ancora pochi attimi e si sarebbe unita a lui.
Infine richiuse le palpebre con dolore, pregandolo in un soffio di voce di non cercarla mai più.
«Naori-», ansimò Fushiguro, rialzandosi dal letto con un impeto dettato dall'istinto.
Avrebbe voluto fermarla, se solo si fosse sentito in diritto di farlo.
Ma fu inutile anche solo spingersi a tanto- e pochi istanti dopo averla vista sparire in corridoio, sentì la porta di casa sbattere nel silenzio gelido in cui lo aveva lasciato.
Allora fremette di sofferenza fra i denti serrati e si lasciò schiacciare completamente sotto quell'enorme montagna di bugie.

Un'ora dopo camminava a passo lento fra i corridoi dell'Istituto, immersi già nelle ombre della notte.
Il vociare e le risate dei suoi compagni lo raggiungevano da ogni dove, attirandolo e respingendolo al tempo stesso.
Frastornato, Megumi scivolò in silenzio dietro la porta della camera di Yuji, ignorando di punta il sopraggiungere ovattato della voce di Kugisaki.
Più forte e prorompente della sua, risuonò nelle sue orecchie quella di Gojo- e ciò parve sufficiente ad incrinare ulteriormente il suo dolore.
«Non sto affatto esagerando!, chiedetelo a Nanami!», sghignazzava. «Da morire dal ridere! Se non fossi andato con lui, lo avrebbero costretto ad entrare nel loro culto e allora volevo proprio vedere come-».
Interrotto dalla porta alle sue spalle, Gojo fece giusto in tempo a voltarsi indietro e a vedere il ragazzo scivolare oltre l'ingresso.
Il silenzio allora si depositò tutt'attorno e Fushiguro gli passò accanto per andarsi a sedere sul letto di Itadori.
Quasi che pesasse il doppio del suo peso, si lasciò cadere sul materasso con un profondo sospiro, rialzando quindi gli occhi sul volto del professore.
Aggrappandosi a lui, con una sofferenza che lo riscosse all'istante.
«Meg-»
«Scusi- non volevo interromperla», disse.
«Non fa niente, ma- che ci fai qui?», si accigliò il professore, che stava già annusando il profumo inconfondibile di cuore spezzato.
Anche Itadori e Kugisaki si scambiarono un'occhiata carica di punti interrogativi tra il letto e la sedia alla scrivania, ché erano solamente le nove e Fushiguro non era mai ritornato in Istituto tanto presto quando usciva con Naori.
«Megumi», lo richiamò il professore, facendosi serio in volto.
E il viso del giovane si scolpì di una sofferenza livida e fredda.
«Io e- Naori», sussurrò, «abbiamo rotto»
«Che cooosa?!», ululò Yuji, sussultando al suo fianco. «Ma che stai dicendo, Fushiguro!»
«Ha fatto bene», sprezzò il ragazzo, serrando violentemente le dita in due pugni stretti. «Io- non ho fatto altro che riempirla di bugie sin dall'inizio, era solo questione di tempo prima che-»
«Che cosa è successo, Megumi», lo incalzò Gojo, vedendolo ammutolirsi e fremere di un dolore che conosceva purtroppo molto bene.
«Le ho fatto credere di essere una persona che non sono», rispose. «E lei- non si meritava un trattamento simile. Ma se avessi lasciato- se avessi permesso che accadesse, stanotte, non mi sarei mai più potuto guardare allo specchio».
Bastò il dolore intriso nelle sue parole a convincere gli altri della gravità della faccenda.
Kugisaki abbassò gli occhi, sforzandosi di non fare il benché minimo rumore.
Al suo fianco, Itadori gli strinse una mano sulla spalla e schiuse le labbra.
Non riuscì a dirgli alcunché.
«Va bene, Megumi», esordì infine Gojo. «Io- devo andare a sbrigare una faccenda, ma se hai voglia di fare due chiacchiere puoi unirti a me-».
Fushiguro scosse il capo. «No- sono solo passato ad avvisarvi», sospirò sommesso, rialzandosi dal letto del compagno. «Non credo che- vorrò sentire il suo nome troppo presto, ecco tutto», aggiunse, incamminandosi verso la porta. «Buona notte».
E detto ciò, si trascinò a fatica fino alla sua stanza.
Il respiro corto e appesantito sembrava lo stesso di quando rientrava in Istituto dopo essere stato ferito mortalmente in missione.
Afferrate le cuffie e l'iPod, si levò i vestiti e si rannicchiò sfinito sotto le coperte, immergendosi nella musica e studiando nel dettaglio le condizioni del suo animo, per la prima volta deturpato da una sofferenza che non aveva mai provato prima.

L'Autunno di FushiguroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora