Ad una settimana dal ritrovamento dell'Ultimate Mechamaru di Kokichi Muta, in entrambi gli Istituti Superiori di Arti Occulte si respirava un'atmosfera di tensione greve e sospesa, di quelle che preannunciano l'arrivo dei forti venti di tempesta.
Con uno stregone nero a piede libero che tramava nell'ombra insieme ad un pugno di maledizioni di livello speciale, la minaccia si faceva di giorno in giorno più concreta e al contempo imperscrutabile, anche e soprattutto in virtù della quiete apparente che avvolgeva le quotidiane occupazioni di stregoni e giovani studenti.
L'aria stessa sembrava essersi cristallizzata e la sensazione generale era che potesse essere sufficiente una sola mossa azzardata o un passo falso per frantumarne i sottili equilibri di cui era composta.
I più, a dire il vero, non si aspettavano niente di meno cupo e grave dall'imminente futuro.«Aaah, Kasuya-», gemette la giovane cameriera, ritirandosi con riluttanza da quell'abbraccio.
Per quanto triste da ammettere, aveva già il sapore acre di un addio.
«Stento ancora a crederci», sospirò poi, stringendo fra le dita la divisa di Naori. Quella che più volte le aveva sgraffignato dall'armadietto privato per indossarla al posto di quella che aveva dimenticato a casa, tra i panni ancora da lavare.
«Non scherzo, puoi tenerla- così per lo meno avrai un cambio!», sorrise la bella Naori. Di fronte agli occhi lucidi della collega, si era subito sforzata di non piangere e di risollevare piuttosto gli animi di entrambe. «Capisco possa essere una notizia piuttosto inaspettata, ma- per me questo è il classico treno che passa una sola volta nella vita»
«Certo, ovvio- e hai fatto bene a prenderlo», sussurrò l'altra, asciugandosi le guance. «È solo che- pensavo non volessi andartene, ecco tutto».
Si abbracciarono di nuovo, ché quel sorriso non l'aveva affatto convinta. Al contrario, Naori ci aveva letto una genuina tristezza per l'imminente separazione.
E così, stretta fra le braccia della sua amica, davanti agli occhi vide per un breve istante il volto di Megumi.
Come la prenderà lui?, si domandò, ma subito dopo scacciò il pensiero dalla mente e si strinse un po' di più al suo petto.
Fu però proprio lei a metterla nuovamente di fronte a quel quesito, poco dopo, mentre la accompagnava all'ingresso del Komeda Café, ormai diventato il suo ex posto di lavoro.
«Ma- lui come l'ha presa?», le domandò esitante. Da quel poco che sapeva, Naori e quel giovane dall'aria tanto taciturna quanto misteriosa avevano smesso di frequentarsi già da un paio di settimane. Ma benché ne ignorasse le ragioni, immaginò fosse una rottura troppo fresca perché lei potesse permettersi il lusso di non metterlo a conoscenza di una notizia tanto importante.
Naori, tuttavia, scosse debolmente il capo.
«Non bene, eh?»
«Non lo sa»
«Cioè non gliel'hai ancora detto?! Naori-».
La ragazza si irrigidì. «Io- non so se ha senso dirglielo»
«Scherzi, vero? Non puoi partire senza avergli dato prima la possibilità di salutarti», insisté. «In qualunque rapporto siate rimasti, sono certa che vorrà saperlo. Che diamine, è l'Europa! Non si sta parlando dell'Hokkaido o del continente... te ne stai andando a vivere dall'altra parte del mondo!».
La stretta allo stomaco si serrò ancora di più nell'udire quelle parole. E ora a vacillare non erano più solamente le sue intenzioni sul mettere o meno al corrente Fushiguro riguardo le sue scelte future.
D'improvviso vacillavano anche queste ultime.
«Comunque- anche se dovessi decidere di non dirglielo, sai bene che verrà qui a domandare di te»
«Dici, eh?», sospirò.
«È cosa più che certa», annuì l'altra, reggendo il portone d'ingresso con la punta del piede. «Ma se posso permettermi- commetteresti un errore imperdonabile. Lui potrebbe finire con l'odiarti e francamente non potresti nemmeno biasimarlo».
Naori annuì greve. Si trovava d'accordo con lei, per quanto detestasse con tutta se stessa l'idea di ritrovarsi a guardarlo negli occhi nel dargli una notizia tanto pesante.
«Oh, e ovviamente ti odierei anche io qualora decidessi di non tornare a salutarmi, prima del tre novembre», le sorrise sempre più triste. «E ti anticipo che non mi berrò nessuna scusa, nemmeno se sarai seppellita fra valigie e vestiti e quant'altro-»
«Che cretinate, è ovvio che tornerò a salutarti!»
«Bene», annuì felice, richiamandola subito dopo. «Che dici, magari quest'anno riusciremo davvero ad andare a festeggiare a Shibuya?»
«Sì, certo- come no! Come tutti gli anni passati, vero?».
La cameriera ne rise divertita. «Non ci siamo mai riuscite, dannazione! L'anno scorso eravamo talmente stanche a fine turno che a metà tragitto ce ne siamo tornate a casa-»
«E tu che volevi persino travestirti!», ridacchiò Naori. «Non avevamo la forza nemmeno per reggerci in piedi, figurarsi per andare a festeggiare Halloween a Shibuya!»
«Però- come zombie saremmo state piuttosto credibili!».
Naori rise con lei ancora per qualche istante, prima di guardarla con affetto negli occhi. Cinque anni erano stati lunghi. E lavorando ogni giorno fianco a fianco avevano reso il loro legame un'amicizia decisamente più solida di molte altre rimaste sui banchi dell'università.
Le sorrise.
«Ti voglio bene, Naori»
«Anche io», rispose lei, cacciando in gola il groppo di lacrime. «Ma ti ho già detto che tornerò a salutarti- quindi ora piantala di frignare o non ne usciamo più!».
L'altra annuì un po' più convinta, ma, restando sulla porta ancora per qualche attimo, rimase comunque a guardarla allontanarsi lungo la via.
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L'Autunno di Fushiguro
FanfictionLe prime volte arrivano per tutti. E quando arrivano, non c'è modo di contrastarle. Neanche se il tuo nome è Megumi Fushiguro e tutti ti reputano l'ultimo prodigio del Clan Zenin. Leggete solo se avete voglia di aggiungere un po' di tocchi rosa e cu...