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I veleni, nel mondo della stregoneria, prevedono un particolare tipo di protocollo cautelare da osservare con estrema diligenza, qualora ci si ritrovi a doverli maneggiare

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I veleni, nel mondo della stregoneria, prevedono un particolare tipo di protocollo cautelare da osservare con estrema diligenza, qualora ci si ritrovi a doverli maneggiare. La loro caratteristica preponderante, infatti, è quella di vanificare bene o male qualsiasi tentativo di difendersi da essi.
Le tecniche maledette che li impiegano sono ritenute non a caso più pericolose e fatali di molte altre abilità che possono invece contare su una massima esplicazione della tecnica base, oppure su una prosecuzione di essa per mezzo di altre tecniche più specifiche.
Lo stesso Satoru Gojo aveva avuto i suoi bei grattacapi nello scovare un modo per rendersene immune- e continuava comunque a non potersi considerare tale: se fosse stato lui ad ingerire anche uno solo dei venti feticci di Sukuna, esattamente come aveva fatto Itadori sulla terrazza della sua scuola, l'epilogo sarebbe stato molto differente.
Fortunatamente per quanto eccentrico ed imprevedibile non era del tutto suonato come Yuji- e per trattare veleni letali come certi feticci molto potenti, anche il nostro stregone del Minimo Infinito si era sempre dovuto piegare alle regole e cautele sancite dal protocollo.
Regole importantissime.
Ferree.
E molto scrupolose.
«Dei guanti in gomma?!», esclamò Nobara, scrutandone visivamente sconcertata la confezione sulla cattedra.
Seduto al banco accanto, anche Fushiguro sollevò le sopracciglia con un piglio tutt'altro che rincuorato.
«Sta scherzando, vero?», domandò al professore.
«No, non direi- bene!, mentre voi due cominciate a prepararvi secondo il protocollo, Yuji, tu verrai con me a prelevare qualche campione di veleno dal laboratorio di Shoko»
«Eh?!, ma perché proprio io?!»
«Beh, se sei sopravvissuto ad un veleno tanto potente come il dito di Ryomen Sukuna- direi che puoi stare più tranquillo di molti altri», rispose Satoru. «Io dalla mia ho la mia tecnica, ma funziona solamente per quelli catalogati qui dentro. Su, forza!, non te la starai facendo sotto?»
«M-ma no, però...».
Non avendo molta altra scelta, non gli restò che fidarsi di lui e seguirlo fuori dall'aula.
Rimasti soli, Kugisaki e Fushiguro scivolarono all'istante in un silenzio denso e carico di tensione. Megumi si alzò dal suo posto e si avvicinò alla cattedra per sfilare dalla scatola i suoi due guanti.
Dopodiché tornò a sedersi.
«Potevi anche fare lo sforzo di prenderne due in più per me-», sibilò Nobara.
«Mi era sembrato ti stessi alzando», sbuffò il ragazzo, tornando indietro per accontentarla. Non aveva proprio voglia di sentirla lamentarsi.
La compagna, tuttavia, lo superò spedita e fece da sé, borbottando tra i denti tutta un'amarezza che, alle orecchie dell'altro, ritornò come un evidente e chiaro tentativo di discutere.
Provò a ignorarla, ma il silenzio interrotto dagli sbuffi snervanti di lei non fece altro che esacerbare il tutto, portando Fushiguro a dirsi sufficientemente scocciato dall'intera situazione.
All'ennesimo sbuffo, si voltò e la fulminò con uno sguardo truce.
«Beh, che ti prende?», fece lei.
«A me?! Cosa prende a te, se mai!», sbottò, sporgendosi minaccioso col busto. «È da giorni che ti comporti in maniera insopportabile!»
«A me non pare proprio-».
Schioccando nervoso la lingua, Megumi volse altrove lo sguardo e scosse la testa. Se doveva continuare su quella linea, tanto valeva lasciar cadere subito la questione.
«Dì un po', Fushiguro- non è che da quando ti sei fidanzato hai iniziato a soffrire di ansie da persecuzione e manie di protagonismo?».
Attonito, Megumi la squadrò di nuovo. «Fai sul serio? Non mi guardi in faccia da giorni- se non per provocarmi e pensi che mi beva questo patetico tentativo di rigirare la frittata?».
Nobara non rispose.
«Se per qualsiasi ragione hai deciso che non vuoi più avere a che fare con me, non c'è alcun problema», aggiunse poco dopo il ragazzo, infilandosi i guanti con dei gesti stizziti e nervosi. «Basta che parli chiaramente- a me non fa alcuna differenza»
«Tsk- sai che sorpresa», sibilò Kugisaki, indossando i suoi. Dopodiché inchiodò lo sguardo sulle finestre. «Come se non ci fossi già abituata- per te sono un maledettissimo fantasma».
«Ma che-». Scoccatale un'occhiataccia, Megumi serrò i denti e non proferì più parola.

L'Autunno di FushiguroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora