10. Il padrone di casa (II)

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Al termine di quel colloquio, tornato all'ingresso principale, Saeed trovò il suo assistente personale che lo attendeva, col cappello in mano.

Avrebbe dovuto rimproverarlo per essere arrivato dopo di lui, ma la verità era che quel giovane timido e taciturno, così inerme di fronte alle vessazioni di un corpo militare che confondeva la gentilezza con la debolezza, aveva riacceso una parte di lui che credeva morta da tempo.

Il padre del ragazzo era convinto che la marina l'avrebbe trasformato in un uomo, ed era abbastanza ricco e influente da potergli garantire un posto da allievo nell'imbarcazione più famosa dell'intera flotta. Saeed l'aveva preso sotto la propria ala e, sebbene fosse consapevole di essere fin troppo indulgente con lui, non riusciva a farne a meno.

Bloccò sul nascere le patetiche scuse con cui il giovane avrebbe cercato di salvarsi da una meritata punizione, e lo caricò invece di commissioni: se il Vanessa Vittoriosa non fosse salpato entro la sera, il governatore sarebbe andato su tutte le furie; tuttavia, il battello non era nelle condizioni di affrontare una battaglia.

L'unica alternativa era procurarsi tutti i materiali necessari, gli artigiani in grado di eseguire i lavori, e provvedere a delle riparazioni, almeno di fortuna, strada facendo.

L'attendente sbiancò alla notizia che avrebbero ripreso subito il mare, ma non disse nulla; prese diligentemente nota di ogni cosa e si allontanò di gran carriera.

***

Rimasto solo, Saeed decise di godersi qualche attimo ancora di tranquillità: essere costantemente circondato da persone che attendevano le sue indicazioni, oppure la cui massima ambizione era vederlo fallire, alla lunga era stressante; anche solo mezz'ora lontano dall'equipaggio, senza dover costantemente ricoprire un ruolo, era per certi versi più riposante di un'intera notte di sonno. Camminò fino a ritrovarsi sul sentiero di guardia delle mastodontiche mura. Un tempo, le incursioni dei pirati a Vanessa erano frequenti, e l'esercito aveva il suo bel daffare a respingerli.

La costruzione delle mura era iniziata col governatore precedente, ma era stato Ahmed, avendola completata, ad assumersene il merito. Laddove le mura riuscivano a proteggere la città, però, purtroppo non potevano fare altrettanto con il porto, la zona commerciale con i suoi magazzini...

Erano stati i cannoni rotanti ad allontanare definitivamente i bucanieri dalla baia.

Colossali armi da fuoco di un calibro mai visto prima, che sparavano proiettili dalla forma affusolata in vece delle normali palle. I migliori ingegneri del mondo avevano progettato e realizzato un sistema di sfiati e condutture per il vapore, che alimentava i complessi meccanismi di posizionamento delle bocche da fuoco, grazie ai quali era possibile prendere la mira in un tempo irrisorio.

Il capitano gettò un'occhiata alla caldaia, il cui comignolo spuntava da un basso edificio di pietra, situato proprio alla base della fortificazione; un filo di fumo segnalava che tutto era regolare: l'impianto, infatti, veniva sempre mantenuto in funzione, al minimo, in modo da poter essere messo in pressione entro pochi minuti, ravvivando la fiamma.

Saeed si appoggiò con i gomiti al bordo e prese a osservare il mare, lasciando vagare lo sguardo fino alla linea dell'orizzonte, beandosi del silenzio e della brezza che gli scompigliava i capelli.

I suoi pensieri vagarono, e il giovane si ritrovò, senza nemmeno sapere come, a riflettere sulla politica interna della propria città.

La gestione dell'attuale governatore aveva favorito i ceti più abbienti, garantendo la sicurezza che essi bramavano, favorendo il commercio, l'industria navale e, soprattutto, quella bellica.

Egli aveva trasformato lo scambio di favori nella normalità, legandosi con nodi sempre più stretti alle famiglie più influenti, rinsaldando così il proprio potere.

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