8. He was alone with her ​​perfume that surrounded the room.

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Cosa sarà mai stato a farli smettere?
Un uccellino che picchiettava alla finestra della stanza di Marianne.
"Ma...è solo un piccolo uccellino, non possiamo riprendere?" chiese lui.
"No Justin potrebbe essere una spia internazionale che Selena potrebbe aver assunto per sorvegliarti" rispose Marianne chiudendo le tende delle finestre di tutta la stanza.
La ragazza aveva una fervida immaginazione. Le piaceva prendere per il culo le persone, soprattutto Justin.
"Vabbè...io vado a dormire!" disse Justin raccogliendo i suoi vestiti e dirigendosi verso la porta.
"Ma non rimani con me?" chiese Marianne.
"Mi vuoi con te?" chiese Justin con sguardo malizioso.
"Ma pensi sempre a quello?" disse Marianne divertita.
Justin le corse incontro, e la prese sulle spalle.
"Mio dio quanto sei pesante" disse Justin dolorante.
"Ehi..." disse Marianne facendo la finta offesa.
Stavano giocando a fare i super eroi. Justin era Superman e Marinanne era Super woman.
Ogni tanto si scambiavano baci, perché ognuno salvava l'altro e Justin pretendeva qualcosa in cambio.
Giocarono tutta la notte, finché, sfiniti, si ritrovarono l'uno sopra l'altro che dormivano.

La mattina seguente Marianne si svegliò di buon umore con un gran sorriso stampato sulla faccia.
Lui le faceva un effetto strano. Non sorrideva così da quando...da mai.
E lui fu l'unico che le fece ritornare il sorriso che lei amava mostrare alle persone, solo che non c'era mai
stato un buon motivo per sorridere. Allora, c'era lui.
Justin era nel suo letto con la Gomez. Quando all'alba si era alzato, Marianne era sveglia e avrebbe voluto fermarlo,
ma fu meglio lasciarlo andare.

Si fece una doccia, pensando a tutte le cazzate fatte la notte precedente. Dall'uccellino spia,
ai giochi con le marionette con i calzini. Chissà quella mattina cosa le sarebbe spettato fare,
ma stavolta non c'era niente che la tormentava, perché sapeva che Justin avrebbe passato di nuovo la sera con lei.
Almeno lei sperava fosse così.
Si vestì e uscì di corsa per raggiungere gli altri.

Arrivata al solito tavolo non c'era nessuno.
"Sono andati a fare un giro" disse uno dei camerieri.
"E dove sono andati?" chiese Marianne preoccupata.
"Mi hanno detto di dirle di non preoccuparsi, e di prendersi la giornata libera" disse e poi scomparve dietro le porte della cucina.
Marianne, invece, prese il telefono per chiamare Thomas, c'era un messaggio. Justin.
*siamo andati a fare un giro, Selena vuole che stiamo un po' da soli, però stasera sei tutta mia*
Sorrise nel leggere quelle parole. Si tranquillizzò e chiamò Thomas.
Gli disse di incontrarsi tra un po' al parco centrale di Toronto e lui accettò contento.

Marianne andò di sopra a cambiarsi. Troppo professionale per uscire di casa a fare una passeggiata.
Si mise un T-shirt, un jeans e delle convers. Poi potè finalmente uscire per dedicarsi totalmente a lei.

Poco dopo si ritrovò al parco più vicino, si sedette sulla prima panchina e aspettò che arrivasse il suo amico.
Diede un occhiata all'orologio, ed essendo tardi. Pensò che Thomas le avesse dato buca, quindi si alzò e si incamminò
verso una meta imprecisa.
Il sole era alto nel cielo, gli uccellini cinguettavano e i bambini che non andavano a scuola erano tutti lì che giocavano.
Marianne li osservò per un minuto e sorrise, ancora una volta.
Poi si incamminò di nuovo e alzò lo sguardo al cielo, notando che in quella giornata non c'era neanche una nuvola in cielo.
Libero, come lei si sentiva in quel momento.
All'improvviso sentì delle risate. Pensò a una coppia innamorata, che si divertiva. Voleva ammirare quella situazione,
sognando un futuro con Bieber. Si affacciò al lato dell'albero che nascondeva i due ragazzi.
E a quelle figure Marianne si bloccò. Erano Bieber e la Gomez. Che si scambiavano baci, carezze, e che si coccolavano a vicenda.
Justin sembrava felice, o era davvero felice?
Le si spezzò il cuore nel vedere i due come una coppia perfetta.
Li aveva sempre sotto gli occhi ma non sembravano mai così innamorati.
Si allontanò piano, cercando di non far rumore. Riuscita nel suo intento, corse, più veloce che potè.
Solo che lei non sapeva che Justin l'aveva vista correre. Si sentì in colpa, era furioso con se stesso.
E Con ciò che lo fermava ad amarla.

Marianne nel correre andò a sbattere contro qualcuno.
"Thomas ti prego portami via..." disse la ragazza tra le braccia di lui.
"Si andiamo" disse il ragazzo.
La prese in braccio, come si fa con le principesse e andarono a casa di lui.
La distese sul letto, e lui al suo fianco che le accarezzava la lunga chioma rossa.
"Perché piangevi?" domandò il ragazzo.
Si sentiva morire, amava davvero quella ragazza e vederla così gli faceva solo del male dentro.
"Niente di cui preoccuparsi" rispose la ragazza mettendosi seduta.
"Stavi piangendo come una pazza mi vuoi dire la verità?"
Quella parola: Verità, girava ormai nella testa di Marianne da un po'. Teneva a quel ragazzo, ma allo stesso tempo non voleva perderlo. Era l'unica persona che le faceva dimenticare la maggior parte dei problemi. Decise di non dire ancora niente,
avrebbe aspettato il momento giusto per dirgli la verità su ciò che provava realmente per lui.
"Okkey vuoi sapere la verità? e verità sia" disse la ragazza alzandosi in piedi.
"Non ho una famiglia come la tua. Mia mamma non l ho mai conosciuta, sono nata io ed lei è morta." le lacrime ormai avevano preso il sopravvento sul viso della fanciulla. " mio padre troppo dispiaciuto, arrabbiato per la sua morte ha incominciato a violentarmi, ogni volta che voleva, ogni volta che gli veniva in mente la mamma, diceva che gli ricordavo lei e..." non riuscì più a continuare.
Voleva dimenticare quella vita. Iniziare una vita migliore, lontana dalle sofferenze.
Thomas le corse incontro, abbracciandola come solo un buon amico sa fare.
"Perché non me lo hai detto prima?" chiese il ragazzo allontanandola di poco, quanto bastava per vederla negli occhi.
"Avevo paura di perderti" disse la ragazza.
A quel punto Thomas le diede un bacio, dolce, passionale. E non violento come quelli che dava Justin.
Ma era un bacio sincero.
Quel bacio trasportò anche Marianne, fino al letto.
Marianne era pronta? era quello il problema, non lo sapeva neanche lei.
Thomas si fermò un minuto.
"Aspetta un attimo, metto le precauzioni e vengo" disse Thomas.
Ma quando tornò non c'era ombra di Marianne. Aveva raccolto la rua roba in fretta ed era uscita da quella casa.
Pensò di tornare in albergo, ma cambiò idea. Era la sua giornata libera,
decise quindi di prendere l'auto e di avventurarsi nella cittadina dopo Toronto. Stratford.

Era ancora giorno, quindi non avrebbe avuto problemi nel trovare un posto dove riposarsi.
Attraversando quelle stradine Marianne rimase stupefatta, da quello che si celava in quella cittadina.
Era piccola, ma in se conteneva un qualcosa di magico. Fantastico.
Decise di fermarsi ad un bar, e prendere qualcosa da mangiare.
Si sedette al bancone.
"Salve cosa posso portarle?" chiese una donna.
Era forse una donna sulla quarantina. Bassina, castana e con due occhi enormi, bellissimi.
"Si, grazie vorrei solo un caffè" rispose Marianne sorridendo.
La signora ricambiò il sorriso per poi sparire dietro il bancone.
Nel frattempo Marianne osservava l'ambiente. Poche persone, ambiente confortevole e accogliente.
Dopo poco vide la signora tornare con il suo caffè tra le mani.
"Ecco a te, cara" disse la signora porgendogli la tazza.
"Grazie" disse Marianne prendondola.
"Non ti ho mai visto da queste parti sei nuova?" chiese la signora sedendosi su di uno sgabello al suo fianco.
"Si, in un certo senso, oggi ho la mia giornata libera dal lavoro e volevo visitare questa cittadina" spiegò Marianne soffiando sul suo caffè bollente.
"Capito...e come ti è sembrata...ti piace?"
"Molto, credo che passerò le mie giornate libere qui" disse Marianne accennando un sorriso.
"Comunque io sono Pattie, Pattie Mallette!" disse la signora porgendole la mano.
"Piacere, Io sono Marianne, Marianne Jenkins" disse stringendole la mano.
"Il piacere è tutto mio...Allora dove alloggerai?" chiese Pattie prendendo la tazza vuota di caffè.
"Veramente...credo dormirò in auto" disse Marianne prendendo il borsellino.
"Oh no cara...tu stasera verrai da me"
"Ma non vorrei disturbare"
"Sono una mamma single con un figlio in giro per il mondo, non disturbi nessuno" disse Pattie.
"Senti io ho quasi finito, aspettami qui" disse Pattie per poi allontanarsi con la tazza.

Poco dopo tornò con in mano una borsa.
"Okkay adesso possiamo andare" disse.
"Pattie...non so davvero come ringraziarla" disse Marianne abbracciando la signora.
Quella cittadina le piaceva perché tutte le persone che c'erano erano buone, e Pattie ne era la prova vivente.
Nel frattempo all'Hotel, Justin aveva da poco salutato la sua ragazza.
E finalmente poteva dedicarsi a quell'altra ragazza, che secondo lui lo stava aspettando da tutto il pomeriggio.
Si sbagliò. Bussando alla porta non rispose nessuno.
Girò la maniglia e la porta era aperta. Al suo interno non c'era anima viva.
Era solo, con il profumo di lei che circondava la stanza.

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Se trovate degli errori mi dispiace, non ho riletto.

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