XII- Cooking Mama

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Se Charlie fosse stata investita da un camion si sarebbe sentita meglio. Nella sua testa campeggiava l'immagine di Alastor, e non nel senso in cui sarebbe piaciuto ad Angel Dust. Voleva organizzare qualche attività privata con il demone per cercare di comprenderlo meglio ma non le veniva in mente nulla: qualche esercizio di fiducia? Si ma come avrebbe potuto farlo solo con lui? Forse avrebbe accettato solo se lei si fosse messa al centro di una ruota di legno e lui avesse dovuto lanciare dei coltelli, per poi farle salire i sensi di colpa ed evitare di farle fare il contrario. Sospirò rigirandosi per l'ennesima volta nelle coperte, allungando una mano sulla piazza vuota con la tristezza nel cuore. Ogni volta che si stendeva a letto il suo animo si scindeva in due: ritornava a tutte le notti passate con Vaggie affianco, e il desiderio di trovarci qualcuno di nuovo, e la recente passeggiata in camera di Alastor non aveva fatto altro che sostituire quel sentimento indefinito nel bisogno della sua presenza. In fondo Charlie sapeva che non sarebbe mai stato possibile: il demone repelleva il contatto fisico, e nonostante le concedesse briciole fatti di bracci porti, mani strette e poco altro, dubitava che potesse esserci di più. Afferrò il telefono e la sfondo di lei e Vaggie le ammiccò malignamente dalla schermata, non aveva avuto ancora il coraggio di toglierla e si chiese se mai ce l'avrebbe fatta, forse poteva sostituirla con una foto insieme ad Angel, che stava iniziando a considerare come il suo più caro amico.
Affondò la testa nel cuscino, stringendosi le mani al petto. Avvertì un fruscio vicino e sobbalzò voltandosi nuovamente. Che fosse KeeKee?
Arrossì fino alla punta del naso: No, non era la sua gattina demoniaca, perché lei non odorava di Whiskey e sangue vecchio. Alastor sorrideva a labbra chiuse, il volto semi-affondato nel morbido guanciale, vestito di pigiama e vestaglia da quello che Charlie poteva scorgere grazie ai raggi lunari e il riflesso del cielo rossastro. Lei lo guardò negli occhi, sembrava il demone più rilassato dell'inferno al contrario di lei e del suono rimbombante del sangue nelle tempie. «A-Alastor...» balbettò, tirandosi le coperte di più addosso per nascondere la lingerie azzurro pastello che indossava. «Le tue parole hanno una strana influenza che non mi garba per niente ma belle.» mormorò il demone della radio, sistemandosi meglio sotto le coperte. «Alastor siamo nel cuore della notte! Non dovresti, tipo, dormire?» lui inarcò un sopracciglio mentre il sorriso si apriva a mostrare il baluginio dei denti. «Potrei dire lo stesso di te chèrie Mh?» Charlie detestava quando aveva ragione. Si mise ritta con le coperte ben strette addosso, allungandosi per accendere la luce. Si fermò quando sentì il respiro -stranamente non puzzolente, che si fosse finalmente lavato i denti?- del demone sul collo, seguito subito da una mano che, passando da dietro le sue spalle, le si chiuse con sorprendentemente delicatezza attorno al polso. Il respiro dai polmoni di Charlie venne del tutto prosciugato: sembrava che il tempo si fosse fermato. La pelle d'oca le formicolò le braccia e le gambe. Aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma ne uscì solo un refolo d'aria. «Non ti disturbare dolcezza, per qualche motivo sto gradendo maggiormente quest'aria soffusa.» lei se possibile avvampò ancora di più. Ma si rendeva conto di ciò che usciva dalla sua bocca?! Il rosso mollò la presa, sfiorandole con le dita artigliate le spalle nude, creandole ulteriori brividi che si ramificarono in tutto il corpo. Ritornò ad una distanza che consentì a Charlie di voltarsi senza esplodere come un fuoco d'artificio. «Perché sei qui...?» esalò la principessa in un sussurro. Lui la studiò con attenzione, scandagliando il suo volto alla ricerca di solo lui sapeva cosa e per un secondo alla bionda sembrò che il suo sguardo scivolasse come burro fuso sul suo corpo appena coperto, ma fu solo un secondo fugace, ed era certamente dovuto alla sua immaginazione, che stava accavallando scenari l'uno sull'altro senza trovare uno sbocco sensato: in sintesi, la sua testa stava esplodendo. Il demone schioccò la lingua sul palato, arricciando il naso come se fosse infastidito da qualcosa. «Temo di avere un vago interessamento per quello che la tua bionda testolina sta rimuginando.» la figlia di Lucifero si sorprese così tanto che abbassò le braccia, e con il lenzuolo le cadde una spallina. Lo sguardo del rosso si puntò proprio lì. Allungò una mano e gliela risistemò sulla spalla, attento a non toccare nemmeno un millimetro di epidermide. Gli organi di Charlie si rimescolarono tutti insieme, tanto che temette di star per vomitare. Boccheggiò a vuoto, intontita da tutte quelle sensazioni. «Cosa?» il demone si mise seduto contro la testata del letto, gli occhi abbassati a mezz'asta come un lupo pronto a saltare addosso alla preda, il che era ironico, contando che il demone in questione odiava i canidi ed era un fottuto cervo. «Non farmi ripetere, tutto ciò è alquanto spiacevole per la mia persona. E trovarmi qui vìola gli insegnamenti che la mia cara madre mi ha impartito.» affermò seccamente. La principessa si impose contegno, sistemandosi a gambe incrociate sul materasso, la sensazione di dejavu di quando avevano parlato in quella stessa stanza in maniera alquanto fisica la prima volta. «Cosa ti ha interessato?» lui mosse una mano in aria ridacchiando. «Sciocchina ma le tue lucubrazioni mentali ovviamente! Il tormento che da esse ne scaturisce mi affascina.» spiegò. Charlie si sgonfiò come un palloncino: era lì solo per nutrirsi in qualche modo della sua sofferenza quindi? Lo guardò e decise che non aveva importanza, se voleva che lei gli parlasse lo avrebbe accontento, perché ne aveva un assoluto bisogno. «Mi preoccupa la tua redenzione.» ammise «Sei...impossibile, non riesco a trovare un modo per aiutarti se tu non mi parli! Inoltre la maggior parte delle attività che potremmo fare con gli altri a te non piacerebbero e te ne asterresti...» mormorò. Alastor assunse un espressione pensosa, un semplice sorrisino ad incurvargli le labbra. «Ammetto che la mia persona può essere alquanto complessa sì.» dichiarò, e sorrise più ampiamente. «Ma anche tu ti stai rivelando un soggetto molto più interessante del previsto, senza quella ragazza attorno.» Charlie si accigliò appena. «In che senso?» il demone rise. «Il tuo comportarti! È così impulsivo ma allo stesso tempo ponderato, esilarante vedere come cerchi di conciliare le due cose!» la bionda incassò la testa nelle spalle. «Grazie tante eh.» bofonchiò mettendo su il broncio. «Su su mia cara non ti crucciare, trovo questo lato di te assolutamente delizioso.» e Charlie arrossì nuovamente. «Cosa frulla in quel confusionario cervellino sul nuovo arrivato invece?» la figlia di Lucifero si sorprese della domanda, soprattutto per il sorriso acuminato che il demone le stava porgendo. «Non so che pensare, quando mi si è presentato pensavo fosse diverso...più facile? Invece anche in questo caso non so che pesci pigliare. -sospirò- Non capisco perché Angel non sia ancora in paradiso, figurarsi riuscire a redimere due signori supremi.» Alastor roteò teatralmente gli occhi. «Tecnicamente il nostro caro ospite non è un Overlord.» fu il turno di Charlie di inarcare un sopracciglio. Alastor si stava vantando del suo rango? Non che fosse una cosa troppo inusuale, ma solitamente non così esplicita. «Perché Nazar non ti piace? Secondo me siete molto simili.» Alastor aprì la bocca, portandosi teatralmente una mano alla fronte e fingendo un mancamento. «Simili?! Così mi offendi profondamente!» lei ridacchiò per lo spettacolino, accorgendosi di averne bisogno, tanto che uno sbadiglio la colse di sorpresa. «Non hai risposto alla mia domanda.» tornò comunque all'attacco. Alastor si rimise composto, sulle labbra un ghigno. «Non amo chi tenta di mettere le proprie manacce sulle mie cose.» Charlie lo guardò attentamente, il cuore che tornava a scalpitare tra le sue costole come un uccellino agitato. «L'hotel?» O me? Non lo disse ma lo pensò e se ne vergognò profondemente, ribadendo per l'ennesima volta a se stessa che il demone della radio non era interessato a questo genere di cose, figurarsi se si sarebbe interessato per lei!
La curva del sorriso di Alastor si fece furba. «Certamente mia cara! È lampante che un individuo del genere abbia delle mire sul nostro progetto.» Charlie pensò che il primo losco individuo ad essersi interessato al suo di progetto fosse proprio lui: ma tenne quella considerazione per se. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ritornando al discorso iniziale. «Al sul serio, insegnami qualcosa su di te.» Il demone ridacchiò toccandole giocosamente la punta del naso. «Pensa a far riposare quella testolina Mh?» Stava già iniziando a scomparire nelle ombre. «Bonne nuit ma belle

Charlie si era addormentata dopo un po' nonostante la stanchezza e fu risvegliata dalla suoneria del suo telefono. Si allungò alla cieca rendendosi confusamente conto che non si trovava nella sua solita fetta del letto vicino al comodino, alla fine afferrò il dispositivo che a quanto pare aveva abbandonato sul materasso invece di mettere a caricare. Guardò con occhi appannati lo schermo del cellulare, riconoscendo la paperella che il padre aveva come icona. Risposte velocemente, incredibilmente sveglia di colpo, mettendosi a sedere. «Papà?» sentì rumori indistinti dall'altra parte ed era quasi convinta che la telefonata fosse partita per sbaglio. «Char Char! come ti va la vita dopo lo sventato sterminio?» Charlie sorrise, mettendosi più comoda. «Bene! -mentì- Abbiamo due nuovi ospiti!» Sentì il padre ridere entusiasta e il suo cuore si scaldò. «Bene! Vedo che il tuo progetto sta andando avanti.» Una strana sensazione si fece largo nel suo petto, suo padre raramente la chiamava senza motivazione. «Papà è tutto apposto? Come mai hai chiamato?» sentì altri rumori e poi suo padre sospirò. «Si tratta del paradiso -mormorò- vogliono vederti.»

Si mise velocemente il completo, si lavò altrettanto rapidamente e scattò giù per le scale con l'entusiasmo che le usciva da ogni poro della pelle, un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
«Ehi ehi ehi qualcuno qui si è svegliato di buon umore.» la accolse così Angel dal bancone del bar. Husk si voltò, salutandola con un cenno del capo. «Alla buon ora principessa, è passata l'ora di pranzo.» Charlie si fermò, confusa, guardando l'orologio sul suo palmare. Cavolo aveva davvero dormito così tanto? Ma sì non aveva importanza! Il giorno dopo il paradiso avrebbe voluto vederla! Era troppo emozionata. Si avvicinò pimpante al bar. «Husk champagne per tutti! Si deve festeggiare!» Angel si voltò confuso verso di lei. «La tua gloriosa dormita?» la principessa rise. «Il paradiso mi ha convocata!» Husk assunse una faccia corrucciata al contrario del ragnetto. «Ma è fantastico Charlie! Può essere che abbiano cambiato idea!» Husk emise un rantolo. «Ogni volta che avete contatti con il paradiso va sempre tutto a puttane!» L'entusiasmo di Charlie si spense come una candela per un secondo, ma la sua positività tornò alla carica, impedendo ad ulteriori pensieri negativi di travolgerla. «Questa volta, senza Adamo tra i piedi, potrebbe essere diverso!» spiegò. Husk fece una smorfia. «Seh, vedremo.» Niffty arrivò correndo, aggrappandosi alla gamba di Charlie. «Il capo ti vuole in cucina!»

Quando aveva chiesto ad Alastor di insegnargli qualcosa di se non pensava che questo comprendesse riso, crostacei e carne. Ne un Alastor con indosso un grembiulino con su scritto "Hell's greatest chef" senza giacca e quella invitante codina da cervide in bella mostra. Charlie più che cucinare aveva voglia di giocarci come un gattino con un topo. «Questa ricetta te l'ha insegnata tua madre?» si azzardò a chiedere la principessa togliendosi anch'ella la giacca. Lui la guardò appena e Charlie ripensò che in quella stessa cucina due notti prima gli aveva imposto di bere il suo sangue, un gesto osceno e tremendamente intimo che non sarebbe dovuto accadere: Charlie non pensava che avrebbe potuto desiderare una cosa del genere e invece...
Si riscosse dal fluire dei suoi pensieri quando Alastor le risposte. «Mia madre era una donna dai molteplici talenti, tra cui quello culinario.» disse e Charlie si sorprese della franchezza: c'era tranquillità nella sua voce mentre puliva il riso. Charlie intravide il sorrisino accennato del demone, la scioltezza delle spalle, la nuca rasata che la principessa si scoprì a voler toccare per saggiarne la consistenza pungente, per poi affondare le dita tra i suoi capelli e- No! Aveva detto basta pensieri. Si doveva concentrare su Alastor, si, ma non in quel senso, maledizione a lei e alla sua testolina fantasiosa! «Echm, come si chiamava tua madre?» il demone della radio schioccò le dita e la porta della cucina si chiuse. Accese la fiamma sotto la pentola nella quale stava ricavando il brodo di pollo e si voltò verso di lei. «Una squisitezza creola di nome Annette.» il suo sorriso si fece più ampio, ma simile ad una smorfia. «Annie per i più affezionati.» il tono di Alastor brillava di affetto e Charlie ne fu quasi commossa. «Doveva essere una grande donna.» lui annuì, fiero. «Lo era, e lo dimostra la sua locazione in paradiso.» la principessa si illuminò di consapevolezza. «È per questo che vuoi redimerti? Per rivederla?» Lui sorrise più ampiamente. «Segreto!» sghignazzò. «Orsù mia belle demoniaca avvicinati, non potrai mai imparare a cucinare se te ne stai ad una così considerevole distanza. -il suo sorriso si fece affabile- non mordo.» Charlie ripensò nuovamente al loro scambio e avvampò. Forzò una risata per non risultare sospetta. «A-arrivo.»

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