XXX- Sweet Blood (Alastor)

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Quando la sua ombra riapparve non l'aveva mai vista così sconvolta. I suoi occhi erano sgranati e cosa più allarmante di tutte, non stava sorridendo. Subito un pensiero si insinuò nella sua mente, un'immagine, quella che il Loa aveva visto: un pugnale benedetto. Prima di rendersene conto aveva fatto un passo ed era sprofondato nelle ombre. Quando riapparve nella stanza di Charlie, lei non c'era, ma il suo naso lo captò anche se non ce ne era traccia: sangue fresco. Il suo stomaco gorgogliò e si strinse in una morsa e lui arrivò a grandi falcate alla porta del bagno. Provò ad abbassare la maniglia trovando la porta bloccata. Sentì il suo sorriso tendersi fino a fargli socchiudere gli occhi, mentre con la magia faceva girare la chiave all'interno, che lui spalancò con un calcio. Quello che vide all'interno gli fece colare la bava dalla bocca.
Charlie se ne stava con un sorriso tiepido sulle labbra, il capo appoggiato morbidamente sul bordo della vasca, sembrava stesse dormendo, se non fosse per l'acqua rossa che riluceva sinistra sotto il bagliore infernale e il pugnale macchiato di sangue che giaceva a terra. Si mosse prima ancora di rendersene conto, immergendo le mani nella vasca per tirare fuori il corpo nudo della principessa. I suoi occhi ignorarono le sue grazie perdendosi nei profondi tagli sulle braccia che ciondolavano mollemente nel vuoto. Qualcosa gli fece chiudere la gola e lui ringhiò, ritornando a grossi passi nella stanza della ragazza. La adagiò sul letto, lasciando dietro di se una copiosa scia di acqua e sangue. E si accorse con suo sommo stupore, che qualcosa si stava agitando nel suo petto. Abbassò lo sguardo verso se stesso, e si accorse che era il suo cuore. Arricciò il naso, stizzito studiando le ferite profonde che la principessa si era evidentemente inflitta. Il suo petto vibrò una fitta e lui osservò incantato il sangue che iniziava ad impregnare le coperte, rosso brillante: sangue arterioso, lui lo sapeva bene, era il suo preferito. Si mosse, slacciandosi velocemente la cintura dei pantaloni e facendone comparire un altra con uno schiocco di dita. Chiuse la prima cinghia su uno dei bicipiti di Charlie e fece lo stesso con l'altro braccio. Il sangue adesso scorreva più lento, ma non si fermava. Un'imprecazione lasciò le sue labbra senza il suo permesso e lui si irrigidì, i denti così premuti insieme da dolergli quasi. Si concentrò sul liquido vermiglio e altra bava prese a colargli pigramente dalle labbra. Il ricordo del sangue che Charlie gli aveva ordinato di bere gli solleticò il fondo della gola e prima che potesse controllarsi si chinò, passando la lingua su uno dei tagli. Subito il sapore ferroso del sangue gli esplose in bocca facendolo emettere un gemito sommesso. Non aveva mai assaggiato un sangue più dolce di quello, come se fosse ripieno di glucosio. Si sollevò, la labbra sporche del liquido vermiglio e per la prima volta nella sua vita sentì una fitta di vergogna verso se stesso. Sgranò gli occhi, portandosi una mano al petto, artigliando il tessuto, tradito da se stesso. Cosa stava succedendo? Perché?
Ritornò nuovamente alla sua mente il ricordo di Charlie che gli ordinava di bere, i suoi occhi lucidi di alcool e indecenza e quanto il suo sangue gli fosse sembrato dolce in quel momento, vellutato: perfetto.
Si voltò e vomitò bile insanguinata e osservò sgomento il rigurgito sul tappeto. Riportò lo sguardo stralunato verso Charlie e il gelo sembrò impossessarsi di lui, sentì il Loa ai suoi piedi urlare e scalpitare e si accorse che il petto della principessa non si muoveva più. «No...» esalò e sentì una sensazione antica come il mondo assordarlo, travolgerlo: il panico. I suoi amici d'ombra comparvero alle sue spalle, mentre lui tirava fuori dalla sua mente le manovre di primo soccorso che non pensava avrebbe mai usato in vita -o in morte- sua. Appoggiò le mani sullo sterno della bionda, troppo consapevole del freddo che la permeava e prese a fare pressione, mentre i suoi amici si affaccendavano con ago e filo chirurgico a ricucire i tagli. Le reclinò la testa e le tappò il naso mentre le apriva la bocca per poggiarci la sua e soffiare tutto il fiato che aveva in corpo. Riprese poi a cercare di far ripartire il suo cuore mentre i suoi denti scricchiolavano per mantenere il suo tanto amato quanto maledetto sorriso. Mentre si concentrava su quello che stava facendo la sua mente si distaccò, ricordando il Loa che tornava da lui dopo la serata di gala, in preda all'irritazione, riportandogli le immagini di una Charlie mentre veniva legata da una corda benedetta, recidendo così la sua vera ombra dal Loa, costringendolo così a tornare da lui senza nessuna informazione. Non aveva dormito, non aveva mangiato, non era andato in onda, scandagliando tutta pentagram city con l'aiuto dei suoi amici e sguinzagliato alcune delle anime che gli appartenevano per cercarla, con una smania che aveva solo quando in vita uccideva gli stupratori che si aggiravano fin troppo indisturbati per New Orleans. Quando aveva visto dalla torre radio Nazar camminare tranquillamente verso l'ingresso con Charlie nuda e ferita tra le sue braccia qualcosa era scattato in lui. Una sete di possesso che credeva sopita: Charlie era la sua pedina. E quella specie di cane osava intralciare la sua scalata verso il potere, verso la libertà?! Si era ritrovato a smantellare il suo ufficio nella sua forma demoniaca, facendo appassire le piante con la pesantezza del suo potere. Era poi andato alla ricerca delle anime che aveva messo alla ricerca di Charlie e le aveva sbranate per il loro fallimento. Per poi ritrovarsi portato dal suo istinto a Cannibal Town, mentre si rendeva conto di aver lasciato il suo Loa all'hotel, con Charlie, a sorvegliarla. Il suo demone ombra aveva captato la conversazione con quell'aracnoide che ronzava sempre intorno ad Oscar: il suo animaletto in combutta con la principessa per liberare l'anima del ragno offrendo in cambio la sua -pura e regale- a quella viscida falena.
Mise più forza in quello che stava facendo, avventandosi con forza sulle labbra nere della principessa per soffiarle il fiato.
I ricordi riaffiorarono con prepotenza pensando che il membro di un viscido imp era stato in quella stessa bocca. La stessa bocca che lui aveva toccato con la sua con una delicatezza tale da farlo cedere ad istinti che non credeva di provare per un solo secondo. Per un attimo rimirò di lasciarla morire, perché nessuno poteva manipolarlo -probabilmente con il potere che lei tanto diceva di odiare, quando lo aveva usato su di lui la seconda volta- per fargli percepire una tale perdita di controllo. Deglutì guardandole le labbra che aveva appena lasciato. Quella stessa bocca che si piegava benevola quando lo vedeva, dipingendosi di un sorriso che lui bramava come il dolore: un sorriso che gli stava negando, un sorriso che gli era stato portato via.
Ringhiò e le sue mani sfrigolarono di potere, poggiandole con forza sul petto di Charlie che sussultò. Alastor si fermò, ansante, mentre il petto della principessa veniva scosso da lievi sussulti, il respiro che le tornava in corpo. Alastor rise istericamente, passandosi una mano bagnata sulla fronte imperlata di sudore. Le sue braccia dolevano per lo sforzo ma si sentiva così soddisfatto, così appagato, così vivo.
Vivo per aver dato la vita, e non per averla tolta.
Crollò in ginocchio, scosso da risa incontrollabili.

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